Cosa Nostra struttura di peccato
Come mai Filippo Marchese, prima di torturare, strangolare e sciogliere nell’acido una vittima, come gli era stato ordinato dalla cosca mafiosa dominante, invocava la benedizione di Dio? Come è possibile che in Sicilia, una terra devota, strettamente legata al cristianesimo per fede e tradizione, sia nato e continui a vivere il fenomeno mafioso? «Tutti noi uomini d’onore pensiamo di essere cattolici. Cosa Nostra vuol farla risalire all’apostolo Pietro», spiega il pentito Leonardo Messina. I pericolosi incroci tra crimine organizzato e cristianesimo sono deformazioni singole di squilibrati o vi è un più complesso equivoco culturale e simbolico da smascherare? La Chiesa, nel Magistero e nella teologia che esprime, possiede un linguaggio e un’analisi capaci di rendere evidenti le contraddizioni insite nel fenomeno «mafia»? Può una testimonianza di vita Cristiana autentica colpirne al cuore le ambiguità?
Le riflessioni che seguono presentano, in prima istanza, una definizione di Cosa Nostra e una descrizione della sua struttura organizzativa e del complessivo sistema che le consente di essere presente sul territorio come realtà riconoscibile, unita, con propri riferimenti culturali e simbolici, capace di suscitare adepti e porsi come sistema “messianico” realmente in grado di cambiare in meglio la vita dei singoli. La seconda parte del lavoro si sofferma sulla categoria che dal Magistero è stata utilizzata per definire la Mafia: struttura di peccato. Si accenna brevemente alle corrispondenze del linguaggio teologico che permettono di entrare con una maggior precisione nel sistema mafioso e di smascherarne le logiche e le peccaminose diffusioni di male. In particolare ci si sofferma sullo stretto rapporto tra la cultura mafiosa e una forma di religiosità in qualche modo collegata ai contenuti e alle tradizioni popolari nate dal Cristianesimo. Si vuol dimostrare che esiste, all’interno della cultura mafiosa, una struttura di peccato che deforma i contenuti originariamente cristiani e li utilizza per ammantare di religiosità una violenza che le appartiene e che necessita di approvazione e sostegno per garantirsi nel tempo una continuità di potere violento.
La terza e ultima parte presenta la vita e la testimonianza di padre Pino Puglisi che, strettamente collegata al Vangelo, diventa capace di accelerare, nelle persone appartenenti alla comunità siciliana, la consapevolezza diffusa del fatto che l’organizzazione mafiosa sia nettamente contro i principi dettati dal cattolicesimo.
La testimonianza di don Puglisi ha a tal punto preoccupato i boss delle cosche, che questi hanno deciso di eliminarlo. La sua pastorale studiata e compresa fino in fondo può esprimere un efficace accompagnamento a favore di chi è schiacciato da questa potente organizzazione criminale. Dopo il martirio di padre Puglisi nascono i primi passi di una teologia decisa a studiare i rapporti culturali tra mafia e Cristianesimo.
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Informazioni tesi
Autore: | Valerio Curzio Fasani |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2014-15 |
Università: | Facoltà teologica di Milano, distaccamento di Crema |
Facoltà: | Teologia |
Corso: | Teologia |
Relatore: | Bruno Bignami |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 58 |
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