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Marchio e Corporate Identity - Strategie e potere del progetto grafico

Parlare di immagini è spesso difficoltoso, per una ragione abbastanza ovvia, e cioè la sostanziale inadeguatezza del linguaggio verbale a descrivere ciò che l’occhio vede e, di conseguenza, le sensazioni che ne derivano. Così, non sempre disponiamo di risorse semantiche capaci di definire appieno il senso di turbamento che avvertiamo di fronte ad un’opera d’arte o la gioia che proviamo guardando la foto di un neonato sorridente.
Anche parlare per immagini non è impresa facile. Quando si ha a disposizione un ventaglio pressoché illimitato di forme e colori, come quello che l’occhio umano riesce a percepire, combinare assieme tali elementi per suggerire indicazioni, esprimere sensazioni, precisare significati, è un’attività che richiede un considerevole impegno a cui, solo in taluni casi, succede il raggiungimento dell’effetto sperato. Al graphic designer, colui che per professione progetta la comunicazione visiva, spetta tale compito.
Progettare (dal latino proicio, gettare innanzi) significa fondamentalmente ‘risolvere problemi’, in altri termini, individuare il modo in cui affrontare una questione, per superarla brillantemente. Il progettista grafico, dunque, colloca innanzi a sé i problemi posti dalla committenza, a cui dà una risoluzione attraverso elementi visivi combinati tra loro o, per meglio dire, attraverso ‘segni’. Chi richiede il progetto è una persona, un ente, un’azienda che ha bisogno di un’immagine da mostrare all’esterno, chi lo esegue è un operatore della comunicazione; il risultato del lavoro di quest’ultimo è la creazione di un Marchio e di una Corporate identity.
Abbiamo detto che il Marchio è un segno: il nostro intento è capire principalmente come agisce tale segno in tale funzione specifica, in che modo cioè si fa latore di significati e valori, come di comunicazione, all’interno dell’ambito di finalità in cui è creato e inserito. Lo facciamo individuando innanzitutto le radici storiche ed etimologiche del Marchio, facendo contemporaneamente risaltare, attraverso un breve percorso diacronico, alle manifestazioni artistiche e di costume che, nei secoli, hanno assolto funzioni analoghe a quelle svolte da questo segno, fino alla nostra epoca.

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Introduzione Parlare di immagini è spesso difficoltoso, per una ragione abbastanza ovvia, e cioè la sostanziale inadeguatezza del linguaggio verbale a descrivere ciò che l’occhio vede e, di conseguenza, le sensazioni che ne derivano. Così, non sempre disponiamo di risorse semantiche capaci di definire appieno il senso di turbamento che avvertiamo di fronte ad un’opera d’arte o la gioia che proviamo guardando la foto di un neonato sorridente. Anche parlare per immagini non è impresa facile. Quando si ha a disposizione un ventaglio pressoché illimitato di forme e colori, come quello che l’occhio umano riesce a percepire, combinare assieme tali elementi per suggerire indicazioni, esprimere sensazioni, precisare significati, è un’attività che richiede un considerevole impegno a cui, solo in taluni casi, succede il raggiungimento dell’effetto sperato. Al graphic designer, colui che per professione progetta la comunicazione visiva, spetta tale compito. Progettare (dal latino proicio, gettare innanzi) significa fondamentalmente ‘risolvere problemi’, in altri termini, individuare il modo in cui affrontare una questione, per superarla brillantemente. Il progettista grafico, dunque, colloca innanzi a sé i problemi posti dalla committenza, a cui dà una risoluzione attraverso elementi visivi combinati tra loro o, per meglio dire, attraverso ‘segni’. Chi richiede il progetto è una persona, un ente, un’azienda che ha bisogno di un’immagine da mostrare all’esterno, chi lo esegue è un operatore della comunicazione; il risultato del lavoro di quest’ultimo è la creazione di un Marchio e di una Corporate identity. Abbiamo detto che il Marchio è un segno: il nostro intento è capire principalmente come agisce tale segno in tale funzione specifica, in che modo cioè si fa latore di significati e valori, come di comunicazione, all’interno dell’ambito di finalità in cui è creato e inserito. Lo facciamo individuando innanzitutto le radici storiche ed etimologiche del Marchio, facendo contemporaneamente risaltare, attraverso un breve percorso diacronico, alle manifestazioni artistiche e di costume che, nei secoli, hanno assolto funzioni analoghe a quelle svolte da questo segno, fino alla nostra epoca. Un secondo strumento di analisi sarà un’indagine di tipo semiotico: grazie alle tracce lasciate da Roberto Monachesi, applicando inoltre al campo della grafica alcune

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