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La dittatura del Pil

Ho introdotto l’argomento individuando le premesse storiche a partire dal secondo dopoguerra e dal conseguente “boom economico”, che ha portato alla formazione di un’economia dello sviluppo e all’adozione dell’imperativo di crescita, e al conseguente studio dogmatico della variazione del prodotto interno lordo. Se in quel “felice” periodo all’aumento del Pil corrispondeva un miglioramento del benessere, il “feticismo del PIL” viene messo in discussione già negli anni ’70, con la nascita dei movimenti ecologisti e soprattutto del rapporto del Club di Roma “I limiti dello sviluppo”, che prospettava un futuro in cui si sarebbero presto raggiunti i limiti geo-ecologici del pianeta. Dal punto di vista economico il discorso è stato affrontato principalmente dall’economista rumeno Georgescu-Roegen, che, applicando la legge dell’entropia, ha dimostrato come i miti economici su cui si fondava la società della crescita fossero illusori e impossibili da perseguire nel lungo periodo. Negli anni ’80 si sviluppa quindi un’ideologia fondata sui nuovi paradigmi dell’economia ecologica e dello sviluppo sostenibile, uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità di soddisfazione dei bisogni per le generazioni future, concetto criticato dai teorici della decrescita.
Ho in seguito analizzato più approfonditamente il Pil ed il suo calcolo, così come la criticabilità della scelta di elevarlo a criterio di benessere. Ho elencato gli indicatori alternativi, che si propongono di sostituirlo od affiancarlo, spiegandone i criteri di valutazione, selezionando gli esempi principali, ovvero i più noti a livello internazionale, i più autorevoli e di maggiore impatto mediatico, soffermandomi in particolare sull’Impronta Ecologica.
Ho infine approfondito il concetto di decrescita, partendo dalla sua nascita e aggiungendo via via un’analisi dei contributi offerti dai vari teorici della sua formulazione. Ho messo in rilievo come la proposta di una decrescita si contrapponga totalmente al concetto di crescita e di Pil (il nemico per antonomasia) ma anche al concetto di sviluppo sostenibile (il “falso amico”). Ho analizzato il principale contributo italiano alla mobilitazione per la decrescita, il “Movimento per la decrescita felice” di Maurizio Pallante, e i contributi francesi (“padri” e maggiori sostenitori del concetto), soffermandomi sulla figura di Serge Latouche.

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INTRODUZIONE Il mio interesse per il binomio PIL/decrescita Sono cresciuto in un ambiente in cui le critiche al consumismo imperante sono da sempre all’ordine del giorno di appassionate discussioni in famiglia. Ciononostante da bambino ero attratto in modo irresistibile da qualsiasi pubblicità di giocattoli mi capitasse a tiro, soprattutto in televisione. Crescendo, mi è sembrato che quella pubblicità che rapiva la mia attenzione da piccolo si fosse trasformata. O forse era cambiato il mio punto di vista. Adesso la pubblicità esortava a consumare, semplicemente a consumare, e qualsiasi cosa, oltretutto! Ho iniziato a sentirmi bersagliato da proposte di ogni tipo, in continuazione! Più che attrazione, ormai provavo fastidio. Poi ho notato che mi si voleva convincere che, tutto sommato, l’importante era che comprassi qualcosa, magari senza averne voglia né bisogno. Non solo con la pubblicità, ma con esplicite argomentazioni. L’importante è comprare perché così si rilancia l’economia, ad esempio. Rottamiamo, ricompriamo, così incrementiamo il mercato. Ma a casa mia un’auto si sceglie con criterio, se ne ha cura: deve durare. Non si tratta un’auto come un piatto di carta in un picnic. Anzi, persino al picnic si portano i piatti veri e le posate della cucina. A un certo punto, ho capito che qualcosa stava andando per il verso sbagliato, e siccome ritengo che i miei ed io siamo persone ragionevoli, con uno stile di vita misurato ma soddisfacente, ho cominciato a diffidare di quel tipo di messaggio pubblicitario. Quel messaggio è semplicemente il prodotto della società della crescita, inneggiante all’incremento del PIL; è la sostanza dopante somministrata al goleador dell’acquisto per “spremerlo” di più, per aumentare le sue prestazioni. Il calciatore potenziale sono io e con questa tesi di laurea spero di avere imparato ad evitare qualche autogol. Ho scelto questo argomento perché credo che l’umanità sia arrivata ad un punto di non ritorno. Peggio, ho l’impressione che a quel punto ci sia arrivata qualche decennio fa, e oggi lo abbia superato, come si afferma nel secondo aggiornamento della ricerca del 2

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