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''L'Unità'' e gli allargamenti della Comunità Europea (1969-1986)

Questa tesi ripercorre la storia dell'evoluzione in senso europeista del PCI, partendo da una breve introduzione nella quale si spiega la ragione dell'iniziale avversione della nomenclatura comunista nei confronti del processo di integrazione dell'Europa Occidentale, per arrivare alla trattazione, nel dettaglio, dello sviluppo di una linea politica che, proprio attraverso l'analisi attenta delle prospettive donate all'Europa dall'ingresso di nuovi Membri, tende gradualmente ed inesorabilmente a riconoscere la centralità e la positività della CEE quale costruttrice di un progetto continentale di consolidamento della democrazia e di integrazione economica.
L'analisi dettagliata delle fasi di questo lungo e controverso cammino politico del PCI è stata resa possibile dalla consultazione integrale, da parte dell'Autore, di tutti i numeri de "L'Unità" a partire dal 1° Dicembre 1969 (data della Conferenza dell'Aja per il primo allargamento comunitario) sino al 1° Gennaio 1986 (data dell'ingresso di Spagna e Portogallo nella CEE).

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1. Il Partito comunista italiano e gli inizi della CEE Il PCI ebbe notoriamente un approccio nettamente contrario al processo che determinò la nascita della Comunità Europea: il dissenso dei comunisti a tal riguardo ebbe modo di manifestarsi in tutta la sua evidenza durante il dibattito parlamentare sui trattati di Roma, che ebbe luogo alla Camera il 30 luglio 1957 e al Senato il 9 ottobre 1957 e si concluse, in ambedue i casi, con il voto contrario della delegazione comunista. 1 Il motivo di tale atteggiamento va ricercato nella complessa situazione internazionale di quegli anni, in cui il mondo risultava diviso in due blocchi contrapposti e dipendenti dalle due superpotenze rivali, ovvero gli USA e l’URSS, e nel totale allineamento delle posizioni del PCI con quelle dei comunisti sovietici, i quali vedevano nella Comunità Europea < una alleanza antisovietica > e nell’europeismo < un semplice paravento >. 2 Palmiro Togliatti rifiutava a priori la costruzione europea così come veniva allora concepita nelle capitali dell’Europa occidentale, ritenendola non tanto un fattore di unità e di pace nel continente, quanto piuttosto un grave elemento di frattura storica e politica che avrebbe, se portata a termine, separato e diviso l’Europa stessa in due blocchi contrapposti, di cui uno comunista e l’altro capitalista e antisovietico. Togliatti aveva una ben diversa concezione di ciò che avrebbe dovuto essere l’Europa del futuro ed aspirava ad una unità europea che fosse in grado di coinvolgere non soltanto una parte, bensì la totalità dei popoli europei: una unità europea che ovviamente non poteva prescindere dal socialismo e che soltanto nel socialismo sarebbe stata possibile. Il leader comunista espresse tale concetto a chiare lettere già nel 1948, dunque molto prima che si arrivasse ai Trattati di Roma, in un articolo apparso su Rinascita, in cui fu precisato che la vera unità europea era < l’unità dei popoli in lotta contro l’imperialismo e contro i suoi piani criminali di scissione e di distensione dell’umanità, l’unità dei popoli in lotta per far trionfare in tutti i paesi europei nuovi regimi, nuove forme di democrazia, che seppelliscano per sempre il regime capitalistico e gettino le fondamenta di una nuova civiltà. > 3 L’opposizione alla costruzione comunitaria era dunque totale e sarebbe rimasta tale per lunghi anni: sebbene, infatti, la fase del “disgelo” tra i blocchi contrapposti avesse contribuito ad attenuare l’interpretazione dell’europeismo come < alleanza antisovietica > 4 , i comunisti non ne avrebbero comunque rivisto il giudizio negativo, sottolineando che lo stesso europeismo era in ogni caso il < punto di convergenza di monopoli e di interessi capitalistici. > 5 1 Mammarella, Cacace: Storia e politica dell’ U.E., Editori Laterza 1999, pg. 97 2 Mammarella: Il Partito comunista italiano 1945/1975, pg. 84 3 Ibidem, pg. 84 4 Ibidem, pg. 84 5 Ibidem, pg. 85 1

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