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Stati Uniti e Cina (2005-2008) - Il confronto su Taiwan e Corea del Nord

Gli Stati Uniti sono decisi a conservare, a qualunque costo, una supremazia economica e politico-strategica globale, che nella pratica risulta senza competitori reali e credibili almeno per il prossimo ventennio.
La Cina è, invece, determinata a continuare nella sua irresistibile corsa allo sviluppo economico, che già ora ne fa la seconda economia mondiale, con inevitabili conseguenze e potenzialità strategiche.
Tuttavia, mentre sul piano economico è facile intravedere un reciproco vantaggio dallo sviluppo e dall’approfondimento delle relazioni bilaterali, sul piano politico-strategico i motivi di rivalità appaiono prevalenti e destinati, con ogni probabilità, ad acuirsi. I rispettivi interessi regionali in Estremo Oriente e la conseguente rete di alleanze locali, nonché i prevedibili obiettivi di lungo periodo, sono tali da determinare molteplici e, in alcuni casi potenzialmente serie, occasioni di divergenze e di conflitto.
Finora entrambi i paesi sono stati molto attenti a formulare e seguire una sorta di codice di comportamento di fatto nella gestione delle fasi di tensione o degli incidenti fortuiti, evitando di inoltrarsi in rischiosi percorsi di escalation e ritorsioni, in grado non soltanto di generare crisi pericolose, ma anche di compromettere stabilmente il rapporto bilaterale.
L’inizio del XXI secolo rappresenta, con molta probabilità, una sorta di spartiacque, il momento in cui le ragioni di convergenza hanno toccato il punto più ravvicinato per poi, d’ ora innanzi, allontanarsi progressivamente. Un indizio significativo di questa svolta appare la diversa strategia adottata verso la Cina dalle Amministrazioni Clinton e Bush jr.
La prima ha scelto un approccio improntato al dialogo e alla cooperazione, pur non avendo disdegnato di utilizzare le maniere forti nella cosiddetta crisi dello Stretto di Formosa del 1996, quando il lancio di due missili cinesi nelle acque antistanti l’ isola provocò l’ intervento di una portaerei e di parte della flotta americana del Pacifico. Il dialogo con la Cina ha portato al coinvolgimento di quest’ultima come partner nei principali consessi internazionali, ottenendo risultati formali discreti, come la firma da parte del governo di Pechino delle Convenzioni sulle armi chimiche e biologiche e del Trattato sul bando degli esperimenti atomici.
L’ amministrazione di Bush jr, legata a un visione pessimista degli obiettivi cinesi di fondo, ha prodotto un sostanziale stallo delle relazioni bilaterali, senza progressi formali e, anzi, con un evidente tentativo di marginalizzare la Cina in tutti quei consessi in cui il suo contributo, con l’eccezione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, non è essenziale.
Se Stati Uniti e Cina saranno in futuro militarmente e politicamente alleati oppure nemici è ancora tutto da stabilire.
I vantaggi che una alleanza strategica potrebbe apportare nel campo della lotta al terrorismo, al narcotraffico, alla pirateria e nella gestione delle risorse naturali sposta l’ ago della bilancia favore di una sua stipulazione.
La minaccia nucleare della Corea del Nord, infine, rappresenta un altro grosso punto interrogativo nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina. Fino a questo momento i due paesi sono stati concordi nel ricorrere a mezzi diplomatici per indurre il governo di Pyongyang ad abbandonare il suo programma nucleare bellico. Le trattative svoltesi nell’ambito dei “Colloqui a Sei” hanno visto Stati Uniti e Cina perseguire un obiettivo comune ed anzi la mediazione della Cina col suo approccio più morbido, si è rivelata determinante nel raggiungimento dell’accordo. Quindi pur essendo d’accordo sulla necessità di indurre la Corea del Nord a rinunciare al suo programma nucleare, nella pratica Stati Uniti e Cina al tavolo delle trattative hanno tenuto un atteggiamento diverso, così come sono diverse le motivazioni che animano questi due paesi relativamente ai risvolti della questione.
Tuttavia la situazione attraversa una fase di stallo ed è ancora lontana dall’attuazione di una soluzione definitiva, dopo oltre due anni di trattative.
Dalle argomentazioni esposte si capisce come l’ andamento futuro delle relazioni tra Stati Uniti e Cina dipende da una serie di questioni, anche se è possibile intuire che nell’immediato entrambe le potenze perseguano una politica che miri al mantenimento dello status quo su tutti i fronti, cercando di evitare lo scontro diretto.
Va infine ricordato che dal 1 gennaio 2009 la Casa Bianca avrà un nuovo inquilino. È presumibile, infatti, che il nuovo Presidente, sia esso democratico o repubblicano, non apporterà sostanziali innovazioni riguardo alla politica estera da adottare nei confronti della Cina, anche alla luce del fatto che i temi che hanno impegnato i candidati alla presidenza nel corso della campagna elettorale hanno riguardato altre questioni di primo piano della politica estera come l’impegno militare in Iraq e in Afghanistan.

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INTRODUZIONE Stati Uniti e Cina rappresentano le due superpotenze destinate a dominare la scena economica e strategica internazionale nel corso dei prossimi decenni. I rapporti che legano e che legheranno in futuro questi due paesi oscillano tra l’alleanza ed il conflitto anche se entrambi hanno fino a questo momento evitato di arrivare ad uno scontro aperto. Le fasi iniziali delle relazioni tra questi due paesi sono state segnate da un’ostilità frontale, quando le due parti si scontrarono anche sul campo di battaglia durante la guerra di Corea (1950-53), o in seguito negli anni ’60, quando la dottrina di Mao Zedong prevedeva una decisa contrapposizione anti-americana, in nome dei principi della lotta di classe e dell’anti-imperialismo. In meno di mezzo secolo, poi, si è passati ad una collaborazione fruttuosa sul piano economico, benché segnata da accordi bilaterali molto limitati. Esiste un certo numero di intese sul piano culturale e scientifico, ma d’importanza limitata rispetto al peso dei due paesi e, soprattutto, al potenziale che sottintendono. La scarsità delle intese formali rappresenta un’evidente testimonianza dei limiti obiettivi al convergere d’interessi politici di fondo. Le fasi di cooperazione in questo campo non hanno portato ad intese pattizie di qualche rilievo e soprattutto non sono mai sfociate in un’alleanza formale. Anzi, restano tuttora vive e vitali le rispettive reti di accordi e di cooperazione protettiva con gran parte degli Stati asiatici, quasi sempre (con l’eccezione del Pakistan, in buone relazioni con entrambe le potenze e, al contrario, del Vietnam, in pessimi rapporti con tutte e due, anche se con gli Stati Uniti pare avviata una rapida distensione e cooperazione) all’insegna dell’incompatibilità reciproca. La svolta nei rapporti tra i due paesi, con l’interruzione dell’aperta ostilità, si ebbe sotto la presidenza Nixon, grazie alla cosiddetta “diplomazia del ping-pong” che inaugurò una convergenza prettamente strumentale, durata fino alla fine della guerra fredda, fondata sulla comune ostilità nei confronti dell’URSS, pur restando i due Paesi nominalmente divisi da concezioni antitetiche circa i rapporti internazionali e il tipo di società che intendevano realizzare, democratica e capitalista l’una, collettivista e dominata dalla dittatura del proletariato l’altra. 5

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