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Una possibilità per tutti. Proposte per un nuovo welfare.

Nel 2001, Esping-Andersen scriveva ne I fondamenti sociali delle economie postindustriali che il regime di welfare italiano era conservatore, corporativo e meritocratico (temo non intendesse, in senso letterale).
Tale sistema sovra-proteggeva taluni rischi (in primis la vecchiaia), mentre ne sotto-proteggeva altri (povertà e disoccupazione giovanile). Dopo otto anni, rincresce (almeno per chi scrive) che la situazione non sia minimamente cambiata. Infatti, basta considerare l’attuale offerta di protezione sociale, per individuare un filo diretto di continuità con il modello presentato da Esping-Andersen nel 2001.
La recente crisi economica evidenzia come i soggetti sotto-protetti necessitano di nuovi strumenti di tutela sociale. L’introduzione di un sussidio residuale e selettivo alle fasce economicamente più deboli, che definisco Reddito minimo garantito (RMG), rappresenta la risposta più importante sia alla crisi economica, sia allo squilibrio del nostro modello di welfare.
Tuttavia, se l’obiettivo di questa tesi è tutelare gli esclusi delle politiche sociale, è necessario affiancare al Reddito minimo garantito, altre due forme di prestazione sociale. La prima vuole fornire a tutti i giovani una dotazione economica di base al raggiungimento di una determinata età (che chiameremo “Capitale di base”), mentre la seconda consiste nel garantire ai non-autosufficienti l’assistenza pubblica necessaria alle loro esigenze.
L’implementazione di queste tre tutele sociali nel contesto italiano comporterà difficili “scelte”: i problemi di bilancio richiederanno ai policy maker di attuare un intervento economico che risulterà impopolare sul piano politico.
Infatti, non si possono introdurre forme di Reddito minimo, senza aumentare le tasse, tagliare alcuni pezzi di spesa pubblica ed eliminare alcune forme di tutela ad hoc. Nello stesso modo, se vogliamo fornire ai non autosufficienti, in particolare agli anziani, strutture e assistenza domiciliare migliori ed economicamente accessibili, dobbiamo accettare di modificare o ridurre alcune tutele acquisite in passato, come ad esempio parte dell’indennità di malattia. In altre parole, è necessario rinunciare ad alcune garanzie per averne in cambio altre.

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5 Introduzione Nel 2001, Esping-Andersen scriveva ne I fondamenti sociali delle economie postindustriali che il regime di welfare italiano era conservatore, corporativo e meritocratico (temo non intendesse, in senso letterale). Tale sistema sovra-proteggeva taluni rischi (in primis la vecchiaia), mentre ne sotto- proteggeva altri (povertà e disoccupazione giovanile). Dopo otto anni, rincresce (almeno per chi scrive) che la situazione non sia minimamente cambiata. Infatti, basta considerare l’attuale offerta di protezione sociale, per individuare un filo diretto di continuità con il modello presentato da Esping-Andersen nel 2001. La recente crisi economica evidenzia come i soggetti sotto-protetti necessitano di nuovi strumenti di tutela sociale. L’introduzione di un sussidio residuale e selettivo alle fasce economicamente più deboli, che definisco Reddito minimo garantito (RMG), rappresenta la risposta più importante sia alla crisi economica, sia allo squilibrio del nostro modello di welfare. Tuttavia, se l’obiettivo di questa tesi è tutelare gli esclusi delle politiche sociale, è necessario affiancare al Reddito minimo garantito, altre due forme di prestazione sociale. La prima vuole fornire a tutti i giovani una dotazione economica di base al raggiungimento di una determinata età (che chiameremo “Capitale di base”), mentre la seconda consiste nel garantire ai non-autosufficienti l’assistenza pubblica necessaria alle loro esigenze. L’implementazione di queste tre tutele sociali nel contesto italiano comporterà difficili “scelte”: i problemi di bilancio richiederanno ai policy maker di attuare un intervento economico che risulterà impopolare sul piano politico. Infatti, non si possono introdurre forme di Reddito minimo, senza aumentare le tasse, tagliare alcuni pezzi di spesa pubblica ed eliminare alcune forme di tutela ad hoc. Nello stesso modo, se vogliamo fornire ai non autosufficienti, in particolare agli anziani, strutture e assistenza domiciliare migliori ed economicamente accessibili, dobbiamo accettare di modificare o ridurre alcune tutele acquisite in passato, come ad esempio parte dell’indennità di malattia. In altre parole, è necessario rinunciare ad alcune garanzie per averne in cambio altre.

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