La Pompei del '900: analisi antropologica del processo di patrimonializzazione di un centro storico del beneventano
Oggi più che mai, l’espressione “identità locale”, entrata a far parte del linguaggio comune, usata ed abusata dai mass media, assume un’inedita familiarità. Il suo crescente e diffuso utilizzo, la vede spesso e volentieri connessa alla creazione, alla costruzione, alla definizione di oggetti che, persa la funzione per cui sono concepiti o continuando a mantenerla, diventano beni culturali e cosi facendo si arricchiscono di un attributo inedito, quello di patrimonio, che sembra schiudere specifici e nuovi orizzonti d’appartenenza. Un’identità locale si definisce attraverso l’individuazione di un determinato spazio in senso fisico e di una determinata storia, di cui i beni culturali sono già o diventano l’incontestabile testimonianza. Uno spazio, interagendo con gli individui che vi risiedono, diventa parte di loro, elemento essenziale di riconoscimento e di distinzione rispetto agli altri spazi e agli altri individui, spazio in cui storia dei luoghi e dei soggetti che li popolano, creano una miscela unica, che solo quei luoghi e quei soggetti possono vantare di possedere.
Ed ecco come un qualsiasi spazio diventa un determinato “luogo antropologico”, luogo in cui e attraverso cui è lentamente plasmata l’identità locale, sia come spazio del vissuto quotidiano, identitario, relazionale e storico, sia come patrimonio che fissa mutevoli forme d’appartenenza e di relazione, sublimando il rapporto che i soggetti mantengono con essi.
I luoghi antropologici nascono, muoiono, mutano, sono dotati di un’intrinseca dinamicità, che diventa comprensibile allorché si prende in considerazione la comune storia che lega protagonisti e spazi dell’esistenza. La loro vita è in stretta dipendenza dal rapporto che mantengono con la capacità di definire l’identità del gruppo, che vi appartiene e a cui appartengono. Il processo attraverso il quale un semplice spazio si trasforma in un definito luogo antropologico, trova il suo senso nella storia dei luoghi e di chi inevitabilmente investe quello spazio di peculiari significati culturali, obbedendo ad un imperativo che sembra essere ascritto nella natura umana.
La definizione dei luoghi antropologici si adatta perfettamente a quelli che sono i cosiddetti “beni culturali”, anch’essi intesi come oggetti dotati degli stessi caratteri comuni, produttori e scenari di identità, relazioni e storia.
Un’attenta lettura dello spazio e della storia che gli conferisce senso, diventa la chiave per comprendere l’insieme delle pratiche collettive ed individuali e dei significati culturali che essi assumono in rapporto alla costruzione dell’identità locale e delle sue innumerevoli forme di definizione. L’organizzazione ed il modellamento di uno spazio da parte di un gruppo di individui, hanno inizio con l’occupazione fisica dello stesso e con una serie di graduali interventi, che lo rendono storicamente conforme all’identità del gruppo di cui esso diviene parte integrante. L’incontro fra sociale e spaziale non è semplicemente l’occupazione fisica o l’appropriazione giuridica di esso, ma un processo che ha a che fare con la partecipazione del gruppo ai processi di produzione, materiale e simbolica, con il suo orizzonte culturale, con la sua stratificazione sociale, con la sua storia, con la sua identità nel senso più ampio del termine. L’identità locale non può far a meno di un luogo antropologico, un luogo antropologico non può far a meno di un’identità locale. Questo connubio sui generis non è tanto solido quanto sembra. La sua fragilità viene fuori nel momento in cui un gruppo abbandona, coattamente o volontariamente, la sua dimora e da inizio all’appaesamento di un diverso spazio. Il processo di abbandono di un luogo è sempre seguito da un processo di rifondazione dello stesso. La rottura fra identità locale e luogo antropologico, pur generando notevoli trasformazioni e riadattamenti, non avviene mai in modo completo, la storia rimane il filo conduttore che li lega indissolubilmente, e su simile continuità gioca l’individuazione di riferimenti stabili, che nelle vesti di patrimonio si apprestano a divenire nuovamente luoghi antropologici e come tali non estranei alle stesse dinamiche e meccanismi che ne connotano il divenire e l’appropriazione.
Considerare il patrimonio un luogo antropologico, costituisce una strategia per introdurre le questioni relative ai processi di patrimonializzazione, anche essi in stretto rapporto con la produzione materiale e simbolica, con specifici orizzonti culturali, con stratificazioni sociali e rapporti di potere in cui, tuttavia, il locale si confronta, divergendo o convergendo, con il globale, dimensioni apparentemente cosi lontane ma in realtà molto vicine, o addirittura confuse, in simili processi.
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Informazioni tesi
Autore: | Ennio Montenigro |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Sociologia |
Corso: | Sociologia |
Relatore: | Alessandra Broccolini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 184 |
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