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La narrazione di sé ai tempi dei Social Network

“La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.”
Quando Gabriel Garcia Marquez concluse la scrittura delle sue memorie nell’opera Vivere per raccontarla non solo suggellava la propria esistenza di uomo e di scrittore ma, con queste parole dell’incipit, confermava il valore importantissimo, quasi ontologico, della narrazione attraverso cui l’uomo, ricomponendo i ricordi e le esperienze, attribuisce un senso alla propria vita e riconosce se stesso.
Proprio sulla narrazione, intesa come costante umana e pratica sociale che fonda il nostro vivere quotidiano, si concentra questo lavoro di tesi: in particolare, sulla sua declinazione autobiografica, la narrazione di sé, come possibilità di ripensare alla propria esperienza, ripercorrerla con il pensiero e con il linguaggio, coglierne i nessi e i contenuti più profondi che danno senso al nostro esistere nel mondo. Nell’epoca attuale, però, tali processi non possono non fare i conti con i nuovi strumenti tecnologici che inevitabilmente impongono alla comunicazione la loro cifra particolare e ne strutturano forme e ambienti, aprendo nuovi scenari di relazione e narrazione di sé.
Nel primo capitolo l’argomento viene inquadrato da un punto di vista sociologico, partendo da alcune premesse teoriche fondate sulla stretta correlazione tra linguaggio e pensiero, attraverso cui l’uomo organizza la sua esperienza – presente e passata - principalmente sotto forma di racconti. Il narrare si presenta come una facoltà peculiare dell’uomo e si rivela uno strumento potente per diversi motivi: organizzare il mondo dal punto di vista del soggetto che narra, ma allo stesso tempo riaffermare e costruire in forma narrativa la propria identità all’interno di una storia che la contestualizzi.Nello stesso capitolo si approfondisce successivamente quella particolare pratica narrativa che riguarda il racconto di se stessi e le motivazioni, soggettive ed emotive, che diventano spia di una necessità tutta umana, come quella di padroneggiare il tempo, elemento imprescindibile di ogni atto narrativo. La narrazione autobiografica innesca così meccanismi di ricerca e ricostruzione della propria identità, muovendosi, come afferma Jedlowski, fra due poli, la presentazione di sé e la ricerca del sé, che lungi dall’essere pratiche solitarie e autoreferenziali, presuppongono un destinatario, anche implicito, con cui si costruisce una dimensione relazionale. Tuttavia, l’evoluzione storica e le innovazioni tecnologiche del mondo contemporaneo offrono una pluralità di strumenti comunicativi che delineano nuove modalità narrative attraverso cui poter parlare di sé, raccontarsi e farsi riconoscere. Nel secondo capitolo si descrivono, quindi, i nuovi scenari della narrazione aperti dalla Rete, e in particolar modo gli ambienti di social networking, nei quali l’esperienza dell’individuo si dilata e si amplia, incoraggiando forme estese, a volte compulsive, di condivisione, che incidono sulla costruzione identitaria, in termini di presentazione e ricerca di sé. Il cambiamento consiste soprattutto nella moltiplicazione degli spazi e delle possibilità di interazione offerte dalla Rete, in un’ oscillazione costante tra presenza e assenza, tra virtuale e reale, tra online e offline. Quello che avviene è allora una sorta di integrazione o, come la definisce Di Fraia, una con-fusione, e la molteplicità delle appartenenze ha come effetto la grande moltiplicazione dei Sé possibili in cui si declina l’esperienza narrativa. In tal senso essa di fatto assume i tratti di un continuum narrativo che veste la struttura di un racconto denso e a rete, dove le storie degli uni sono incastrate nelle storie degli altri, incastrate ma sempre aperte. Guardando da questa prospettiva si comprende come i social network facilitino notevolmente, con l’articolazione di nuove connessioni viventi nell’intimità dell’esperienza, l’accesso alla dimensione narrativa dell’esistenza e i processi di selezione del proprio essere sociale e individuale. In essi si crea una forte dialettica tra identità individuale e identità sociale, ma allo stesso tempo si assottiglia il confine tra pubblico e privato, in cui la pubblicizzazione del proprio sé e la continua esibizione della propria dimensione privata, pur sottintendendo una forma di riconoscimento sociale, sembrano piuttosto delineare pratiche di consumo più individuali che collettive. Nell’ultimo capitolo, infine, alla luce dei quadri teorici e dei nuovi scenari precedentemente delineati, si descrivono alcuni ambienti mediali, più precisamente Facebook e i blog, e le pratiche narrative che in essi si svolgono, tenendo conto dei limiti e delle possibilità che comportano strutture e applicativi specifici.

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2 INTRODUZIONE “La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.” 1 Quando Gabriel Garcia Marquez concluse la scrittura delle sue memorie nell’opera Vivere per raccontarla non solo suggellava la propria esistenza di uomo e di scrittore ma, con queste parole dell’incipit, confermava il valore importantissimo, quasi ontologico, della narrazione attraverso cui l’uomo, ricomponendo i ricordi e le esperienze, attribuisce un senso alla propria vita e riconosce se stesso. Proprio sulla narrazione, intesa come costante umana e pratica sociale che fonda il nostro vivere quotidiano, si concentra questo lavoro di tesi: in particolare, sulla sua declinazione autobiografica, la narrazione di sé, come possibilità di ripensare alla propria esperienza, ripercorrerla con il pensiero e con il linguaggio, coglierne i nessi e i contenuti più profondi che danno senso al nostro esistere nel mondo. Nell’epoca attuale, però, tali processi non possono non fare i conti con i nuovi strumenti tecnologici che inevitabilmente impongono alla comunicazione la loro cifra particolare e ne strutturano forme e ambienti, aprendo nuovi scenari di relazione e narrazione di sé. 1 G. G. Marquez, Vivere per raccontarla, A. Mondadori, Milano 2002, p. 7.

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