Antonio Marras: frammenti di un'isola sulla passerella
La prima considerazione che feci nel vedere una collezione di Antonio Marras, in un numero di Vogue Sfilate del 2000, fu quella del ritrovarvi qualcosa di passato, qualcosa della Sardegna e qualcosa di, assolutamente, nuovo.
Così l’argomento che ho scelto di trattare, nasce dall’aver individuato nel lavoro di Antonio Marras, alcune delle contraddizioni di cui è intriso il nostro presente: locale e globale, tradizione e innovazione, memoria e futuro, mettendoli alla prova e riuscendo ad amalgamarli perfettamente, grazie ad un forte senso della materia e della forma.
Il primo capitolo è una presentazione dello stilista: dalla sua formazione, che colpisce proprio perché non è una vera formazione conseguita in una scuola di moda ma è data da una grande passione per le stoffe e da una creatività incalzante; alla sua affermazione sui mercati internazionali senza grossi investimenti in campo pubblicitario, ma, bensì investendo su una comunicazione “istituzionale”, fatta di sfilate, collaborazioni artistiche ed eventi espositivi.
Dal secondo paragrafo: “Il racconto: forma e pensiero di una comunicazione sinergica” sino al paragrafo “Lavori mnemonico-temporali”, si analizzano i vari codici su cui si costruisce la “poetica” dello stilista.
• La propensione a strutturare il lavoro, intorno ad una storia da raccontare attraverso gli abiti, ma anche i titoli delle collezioni, l’allestimento delle sfilate e gli inviti; il racconto è un fil rouge che rende sinergica la comunicazione.
• L’uso dell’ornamento non come semplice surplus di posticci ma come elemento comunicativo, come dettaglio del racconto che porta avanti; la forma prediletta è quella della stratificazione di abiti su abiti, e di tessuti, pizzi, ricami, cuciture, incrostazione di materiali su tessuti.
• La stratificazione è connessa ai procedimenti di decostruzione e ri-assemblaggio di abiti vintage, e alla sua anima di raccattatore e rottamatore, la prima visibile nell’estrapolazione di frammenti e dettagli stilistici, soprattutto del costume popolare sardo; la seconda nell’accumulo di oggetti, tessuti, frammenti di abiti usati che raccoglie per poi manipolare e ri-contestualizzare in nuovi abiti.
• Altra sfaccettatura di questi metodi di lavoro è la riflessione che porta avanti sulla memoria e sul tempo; memoria intesa come memoria individuale, collettiva e storica della sua terra che fa da filtro alla sua creatività; anche il tempo è tempo passato, quello depositatosi su oggetti e abiti, che è segno d’identità passate.
L’ultimo paragrafo “Femminile Antoniano” illustra la figura femminile cui Marras fa riferimento per le sue collezioni, di solito figure di donne forti, artiste sarde e no che hanno in comune delle vite vissute intensamente e un’identità ben definita; la riflessione sulla donna prosegue nel ciclo espositivo Trama Doppia, che si svolge ogni anno ad Alghero; è un dialogo continuo, tra Marras e le artiste che sceglie, sul rapporto tra arte e moda.
Il secondo capitolo si addentra nel nucleo da cui parte l’iter creativo dello stilista: la Sardegna da cui trae storie, colori, procedimenti artigianali ed elementi stilistici.
Qui si evidenzia come sia stato e sia fondamentale nel dare una precisa impronta stilistica al suo lavoro, il connubio fra tradizione e innovazione, che gli ha consentito di farsi conoscere e gli consente di esser riconosciuto.
La tradizione cui si fa riferimento è quell’artigianale della Sardegna, con la plissettatura, il ricamo e i suoi monili in filigrana; e quella dei suoi costumi popolari.
Dei costumi non si ha la mera citazione stilistica che lo farebbe cadere nel folcklorico, ma si ha una riproposizione di alcuni dei moduli vestimentiari che lo compongono - la camicia bianca, la gonna plissettata, i grembiuli, i corsetti - e una loro rielaborazione in chiave contemporanea.
Emblema di questo rapporto con la tradizione e l’artigianalità è la Linea Laboratorio, una linea di capi in edizione limitata realizzata completamente a mano e interamente in Sardegna, tra Alghero e Ittiri, dalle donne del luogo.
Questa linea racchiude inoltre tutta la poetica di Marras: il lavoro sul vintage, la destrutturazione e il ri-assemblaggio, la sperimentazione sui tessuti.
Il terzo capitolo è dedicato ad alcune delle sfilate dello stilista: tre collezioni di Alta Moda - “Fili Lai Lai”, “Ligazzos Rubios” (Laccetti Rossi), “Adelasia di Torres” (Il Sale) – con cui Marras si è fatto conoscere e in cui si troviamo alcune delle costanti stilistiche che costituiscono lo “stile Marras” e due collezioni di prêt-à-porter – “Il sogno di andare restando” e “ Eleonora D’Arborea”.
Le mie conclusioni su questo lavoro vogliono sottolineare un aspetto che forse appare sommerso: quello dell’aver puntato sul glocale spingendosi quasi al localismo, per affrontare la sfida del mercato globale, vincendola.
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Informazioni tesi
Autore: | Barbara Concu |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Urbino |
Facoltà: | Sociologia |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Bernardo Valli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 44 |
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