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La riforma del trasporto pubblico locale in Italia: liberalizzazione del mercato e nuovi meccanismi di regolazione

Il lavoro di tesi si è posto come obiettivo primario quello di approfondire in modo analitico le trasformazioni e le dinamiche indotte dal processo di riforma legislativa del settore a livello dei sistemi locali. Le questioni che sono state privilegiate nell’analisi sono quelle inerenti i processi di ristrutturazione societaria, le procedure concorsuali per gli affidamenti, il contratto di servizio, le strategie di partnership tra operatori.
Il processo di riforma del trasporto pubblico locale, avviato in Italia con il d. lgs. n. 422/97, ha seguito un tortuoso iter legislativo fatto di numerose revisioni, modifiche e continue proroghe della scadenza per il ricorso alle gare, tanto che ancora oggi non è possibile contare su di un quadro normativo di riferimento stabile e certo. Un elemento, tuttavia, di continuità esiste, ed è la volontà del legislatore nazionale di mantenere intatti i principi della “concorrenza regolata”, che hanno ispirato la riforma Burlando. Allo stesso tempo, però, una parte consistente delle parti interessate sostiene che l’introduzione di elementi di concorrenzialità nel settore non abbia dimostrato di poter innescare processi virtuosi a vantaggio degli utenti, considerando quindi la riforma del TPL sostanzialmente fallita.
Il lavoro di tesi ha dimostrato che il processo di riforma, con dinamiche lente ed incerte e con differenze marcate da regione a regione, ha prodotto e può produrre ancora una serie di importanti cambiamenti strutturali nel settore. L’affidamento diretto, che rimane ancora oggi la forma di gestione più diffusa a livello nazionale, cela in più casi processi positivi di risanamento e riefficientamento dell’azienda locale, così come le gare bandite “per l’incumbent” in assenza di confronto competitivo hanno dimostrato di essere potenzialmente migliorative in termini di qualità del servizio e di gestione delle risorse pubbliche.
Il caso Brescia Trasporti, analizzato in modo approfondito nel corso del lavoro, è risultato emblematico di una generalità di casi in Italia, mettendo in evidenza come il processo di societarizzazione non sia riuscito a creare le condizioni per una netta separazione tra il livello politico dell’ente locale e il livello tecnico dell’impresa di trasporto. La prima ragione è che la privatizzazione è stata solo della forma giuridica, non del capitale dell’impresa, rimasto saldamente nelle mani del Comune, il quale ha continuato ad esercitare un ruolo di forte indirizzo strategico nei confronti dell’impresa controllata. Oltre a questo, il Comune non ha voluto delegare tutte le attività di gestione della mobilità alle sue società, ma ne ha mantenute alcune (pianificazione della viabilità, mobility management, segnaletica stradale), particolarmente strategiche, in gestione diretta, rendendo pertanto necessario un coordinamento operativo di tipo informale con il gestore che non favorisce la corretta separazione dei ruoli regolatore/regolato secondo quanto previsto anche dalla teoria economica.
L’analisi di sei casi di studio oltre a quello bresciano, ha permesso di individuare due schemi tipologici ricorrenti di sistema di governance, che fanno riferimento a due modelli differenti di regolazione del settore. Il primo, ispirato alle esperienze svedese e anglosassone, e che risulta applicato a Roma, Forlì-Cesena e Rimini, è basato sul modello della mobilità accentrata, e realizza, attraverso la costituzione di una forte agenzia della mobilità gestionale, il principio della separazione societaria tra proprietà degli asset e gestione del servizio, tra responsabilità di pianificazione-regolazione-gestione dei ricavi e responsabilità di erogazione industriale del servizio in condizioni di efficienza di costo. Il secondo schema, ispirato all’esperienza francese, applicato a Genova, Torino, Bergamo, Brescia e senza dubbio il modello più diffuso a livello nazionale, è basato sul modello verticalmente integrato / holding, e vede la presenza di un forte gestore integrato, proprietario degli asset, che ha sviluppato competenze a 360 gradi nel settore del TPL e spesso negli altri comparti della mobilità cittadina, regolato contrattualmente dall’ente locale, il quale non ha istituito alcuna agenzia della mobilità o, al massimo, un’agenzia di tipo consulenziale. La comparazione tra i diversi casi studio ha condotto ad un risultato abbastanza sorprendente e in contraddizione con le indicazioni della teoria economica: la scelta, cioè, di quale modello di governance adottare sembra non avere un’influenza determinante sulla decisione di aprire o meno il mercato bandendo una gara per l’affidamento dei servizi. Questo porta a ritenere che, in un contesto come quello delle città italiane, la scelta di adottare il modello della mobilità accentrata vada presa in considerazione solo nei casi in cui vi sono esigenze specifiche che solo con quel modello è possibile soddisfare.

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INTRODUZIONE 6 1 INTRODUZIONE 1.1 Il contesto di riferimento In Italia il settore dei trasporti pubblici urbani è stato storicamente regolato mediante affidamento diretto dei servizi da parte degli enti pubblici ad imprese da loro controllate, tipicamente aziende speciali o società municipalizzate. Tale contesto, fatto di operatori inefficienti i cui pesanti disavanzi venivano indiscriminatamente colmati da trasferimenti di denaro pubblico, si rifletteva in una bassa qualità del servizio erogato e conseguentemente in una quota di domanda servita dal trasporto pubblico decrescente. A fronte di queste criticità, è stata avviata in Italia una riforma del settore, che si è sostanziata con il decreto Burlando (d.lgs. n. 422/97), tuttora in vigore, attraverso il quale: • si è definita la responsabilità delle regioni in materia di trasporto pubblico locale (d’ora in avanti TPL), secondo il principio della sussidiarietà; • si è introdotto il concetto di obbligo di servizio pubblico; • si è imposta la trasformazione delle imprese di TPL in società di capitali; • si è imposta l’adozione di procedure concorsuali per l’affidamento dei servizi di trasporto entro la fine del 2003; • si è introdotto il contratto di servizio tra regolatore e regolato; • si sono definiti vincoli di copertura dei costi con ricavi da traffico; Il processo di riforma legislativo, recepito successivamente in ambito regionale, ha innescato subito una serie di importanti cambiamenti a livello locale, visto che quasi tutte le aziende di trasporto pubblico urbano hanno concluso il processo di

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