Il folklore e la Grande Guerra: canti, credenze e pratiche simboliche dei soldati italiani
Il folklore di guerra costituisce un terreno d’indagine estremamente vario e ricco di sfaccettature, soprattutto in relazione al periodo che prenderemo in considerazione. La Grande Guerra portò ingenti masse di soldati, provenienti da ogni parte d’Italia a convivere e sopravvivere in un nuovo scenario, quello della modernità. La Prima Guerra Mondiale infatti, come la definisce Eric Leed in Terra di nessuno, fu un gigantesco e sanguinoso rito di passaggio, attraverso cui il vecchio mondo, quello ottocentesco, veniva lasciato alle spalle per battezzare impetuosamente il nuovo. Fu una frattura, un trauma in ogni aspetto della vita associata, ed anche nella soggettività di coloro che vi parteciparono: la Grande Guerra, come prima di questa quella russo-giapponese, presentò una combinazione così tanto complessa di tecnologia e produzione di morte, di principio di efficienza ma anche distruzione, tale da essere vista come la guerra industrializzata per eccellenza. L’organizzazione delle energie umane e materiali, di ricambio e recupero delle risorse investite, di preparazione e massimo sfruttamento del materiale umano disponibile, di strategie di controllo sui corpi e sulle menti, evidenzia come il fattore biologico e quello meccanico-tecnologico siano stati uniti in una combinazione inedita. Per tutti divenne una violenta esperienza di modernità industriale; la guerra esaltava il ruolo dello Stato, delle classi egemoni, le quali diventarono una presenza costante nella vita privata e interiore di ciascun cittadino e allo stesso tempo utilizzava e potenziava le nuove tecnologie. La soppressione del confine fra vita e morte, tra umano e disumano si presenta come perdita di distinzione tra il corpo e la macchina: l’omologazione e la standardizzazione dei soldati, la loro riduzione a materiale di consumo e poi di scarto ne sono tratti significativi. Come sottolinea Antonio Gibelli, la discontinuità venuta a crearsi non si delinea come un dato psicologico provvisorio ma come l’inizio di nuove forme di esistenza sia esterne che interiori, sia individuali che collettive. Basti pensare al cambiamento subito dal paesaggio visivo e sonoro, sfondo della vita di ogni giorno dei soldati in trincea: un paesaggio per certi versi disegnato dal predominio impersonale delle artiglierie, dalla potenza devastante dell’elemento meccanico e tecnologico che esse incarnano, dall’altro dall’uso di mezzi di amplificazione della luce e del suono. È nel contesto di un paesaggio come questo, sia reale che mentale, nel reticolo labirintico di questa esperienza del tutto nuova che i soldati smarrirono la loro identità, vissero l’esperienza tipicamente moderna dello sdoppiamento di personalità, l’interruzione della continuità esistenziale, la percezione dell’essere dominati da un meccanismo totalizzante che non poteva essere eluso, senza possibili relazioni con la vita precedente. I soldati divennero attori, e a volte comparse, in un teatro senza scampo: da qui il tema dell’irriconoscibilità del combattente, della sua estraneazione, dell’indicibilità dell’esperienza di guerra. Questo grande evento portò il singolo ad esistere su due piani: quello privato, sempre più esiguo e assediato, e quello del mondo esterno, in cui non si è più se stessi, non si conta più nulla. La guerra fu esaltazione del potere delle macchine, essendo macchina essa stessa, che operò senza tenere conto della volontà dei singoli,anzi, la sovrastò e la inglobò in sé. Per ciò che concerne il folklore di guerra è bene notare sin da subito come ogni soldato che era chiamato alle armi portava con sé al fronte il proprio bagaglio culturale, appartenente alla sfera delle tradizioni, il quale poi andava ad intersecarsi e rimodellarsi in base al vissuto sul campo di battaglia e agli influssi esterni; difatti il folklore, per definizione, designa un complesso generico di materiali della tradizione, come miti, leggende popolari, racconti, proverbi, indovinelli, superstizioni, giochi, ecc. trasmessi oralmente. Possiamo parlare di "folklore di guerra" in quanto il conflitto creò nuove credenze, canti, come anche nuove superstizioni. La Prima Guerra Mondiale, in quanto grande manifestarsi della modernità, ha dunque portato i soldati a legare culti ancestrali (diverse dalla religiosità ufficiale o a loro intersecate) ad oggetti propri del nuovo scenario bellico, adattandoli a pratiche di carattere folklorico. Nel presente lavoro andremo ad analizzare in primis questo aspetto, assieme al rapporto della disciplina antropologica con il conflitto mondiale, concentrandoci sulle principali opere prodotte (gli studiosi che nel corso della Grande Guerra si interessarono a questo aspetto furono relativamente pochi e, almeno in Italia, questa tradizione di studi venne lasciata cadere e non fu ripresa per molto tempo) e i dibattiti che si aprirono intorno all’argomento; in seguito prenderemo in esame uno dei temi più studiati del folklore, i canti dei soldati.
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Informazioni tesi
Autore: | Virginia Gregori |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2019-20 |
Università: | Università degli Studi di Perugia |
Facoltà: | Scienze Umanistiche |
Corso: | Filologia moderna |
Relatore: | Luca La Rovere |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 133 |
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