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Disturbo dello spettro autistico, strategie di intervento inclusivo e progetto di vita

Il disturbo dello spettro autistico (ASD) si configura come una disabilità permanente con esordio nei primi tre anni di vita del bambino e presenta una eziologia ignota. In ambito scientifico esiste, tuttavia, un accordo sulla natura organica su base genetica dell’autismo che, unitamente ai fattori ambientali ed esperienziali, interagisce nello sviluppo neurobiologico del soggetto, realizzando una diversa espressività del disturbo che si modifica nel tempo. A fronte della cospicua proliferazione, negli anni, delle teorie interpretative del disturbo, si ravvisa la necessità di ricomporre i molteplici orientamenti in una spiegazione unitaria che individui l’essenza dell’autismo, al fine di agevolare una tempestiva diagnosi e indirizzare gli operatori verso forme di intervento efficaci e realmente inclusive. Dopo una breve rassegna delle principali interpretazioni dell’autismo che si sono succedute nel tempo, per le quali sussistono evidenze scientifiche in ordine alla correttezza del contributo dato al progresso delle conoscenze sull’argomento (si pensi alla Teoria della Mente, la Teoria del deficit delle Funzioni Esecutive, la Teoria del deficit della Coerenza Centrale, la Teoria del deficit della simulazione mentale e la Teoria della mente enattiva) vengono esaminate le più importanti strategie di intervento. Al riguardo sono stati elaborati numerosi programmi educativi che propongono strategie diverse a seconda dell’orientamento teorico di riferimento. Vengono analizzati, in particolare, il Programma ABA, il Programma TEACCH, il Modello Denver e l’ESDM. Successivamente, viene presentato il modello di ricerca evidence-based adottato dall’Istituto Superiore di Sanità nella formulazione della Linea Guida 21, con l’intento di unificare in un corpus organico gli interventi per l’indicazione al trattamento. Il modello evidence-based si colloca su un percorso metodologico di integrazione tra ricerca quantitativa e qualitativa (mixed methods); a titolo esemplificativo viene citato il modello COMPASS, in cui l’inclusione diventa l’obiettivo comune e reciproco della classe che collabora e sostiene la generazione dell’apprendimento. Infine – dopo aver ricordato un caso di autismo ante litteram risalente alla seconda metà del Diciottesimo secolo (Hugh Blair of Borgue), l’attenzione viene rivolta al “dopo di noi”, inteso come promozione di una vita indipendente. La costruzione di un progetto di vita nasce dalla necessità di pensare a un ruolo futuro di ogni individuo nella società e prevede una partecipazione attiva della persona con disabilità nell’ambiente in cui vive. In questa prospettiva può essere letta la recente introduzione nel nostro sistema giuridico della «Legge del dopo di noi», che individua quali destinatari delle tutele, le persone affette da disabilità grave non autosufficienti, a condizione che la disabilità non derivi dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità. La tutela è preordinata ad evitare l’istituzionalizzazione dei figli nel momento in cui vengano a mancare i genitori o gli stessi non siano più in grado di assolvere alla loro funzione genitoriale. La recente innovazione legislativa si adatta particolarmente a gestire il futuro delle persone con disturbo dello spettro dell’autismo. A questo proposito giova segnalare il DPCM del 12.01.2017 che annovera per la prima volta in Italia, tra i livelli essenziali di assistenza, la specifica tutela dedicata alle persone con disturbo dello spettro dell’autismo.

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5 CAPITOLO PRIMO Il disturbo dello spettro autistico e le teorie interpretative più diffuse 1.1. Premessa Il disturbo dello spettro autistico si configura come una disabilità permanente con esordio nei primi tre anni di vita del bambino e presenta una eziologia ignota. In ambito scientifico esiste, tuttavia, un accordo sulla natura organica su base genetica dell’autismo che, unitamente ai fattori ambientali ed esperienziali, interagisce nello sviluppo neurobiologico del soggetto, realizzando una diversa espressività del disturbo che si modifica nel tempo (Valeri, 2006). In generale, l’autismo può essere definito come un disturbo del neurosviluppo che si manifesta, con differenti gradi di gravità, attraverso la compromissione funzionale dell’interazione sociale reciproca, della comunicazione verbale e non verbale, nel repertorio ristretto di attività e interessi (APA, 2013; Nussbaum, 2014; Frith, 2005; SINPIA Linee Guida, 2005; Linee Guida 21, 2011). Le principali classificazioni nosografiche considerano i disturbi dello spettro autistico come sindromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico (OMS, ICD-10) o disturbi pervasivi dello sviluppo (APA, DSM-IV-TR, 2000), individuando tradizionalmente tre aree caratterizzanti: la socialità, il linguaggio e i comportamenti stereotipati. Attualmente il DSM-5 (APA, 2013) utilizza un’unica categoria diagnostica e ricomprende la precedente tripartizione in due domini: 1) deficit sociali e comunicativi; 2) interessi fissi e comportamenti ripetitivi. In questo modo si dà

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