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Verso un'Italia federale. Dalla Riforma del Titolo V al disegno di legge sulla devoluzione.

La presente tesi si propone di esaminare, da una prospettiva di diritto costituzionale, scienza politica istituzionale e analisi delle politiche pubbliche, il processo di deliberazione del nuovo Titolo V della Costituzione durante la XIII Legislatura, e il successivo dibattito sulla proposta di riforma costituzionale denominata Devoluzione nonchè sull’attuazione del testo costituzionale deliberato nella legislatura precedente.
Nel corso del primo capitolo saranno evidenziati i principali problemi di interpretazione del nuovo testo costituzionale evidenziati dai maggiori giuristi, e le loro conseguenze sulle possibilità attuative che si offrono al Parlamento, ovvero che sono da ritenersi precluse in mancanza di ulteriori interventi sulla Costituzione.
Nel corso del secondo capitolo sarà ripercorso l’iter parlamentare dell’approvazione del Titolo V, evidenziando il contributo al dibattito da parte di attori istituzionali (Governo, Parlamento, regioni, enti locali), politici (i partiti), sociali (associazioni di categoria, sindacati, stampa) ciascuno portatore di proprie percezioni, interessi, aspettative e strategie tese a contrarre alleanze per meglio raggiungere obiettivi propri e condivisi con gli alleati.
Sarà altresì messo in evidenza come le condizioni politiche nelle quali si è svolto l’iter di deliberazione sono state decisive per candidare la legge costituzionale al fallimento di implementazione. Occorre infatti tenere conto che molte delle disposizioni costituzionali del Titolo V non sono immediatamente applicabili ma necessitano di ulteriori interventi del Parlamento, che deve provvedere con leggi ordinarie attuative, e del Governo.
Gran parte dell’iter parlamentare si è compiuto infatti dopo le elezioni regionali dell’aprile 2000, vinte dalla Casa delle Libertà, e quindi con l’aspettativa che questa avrebbe probabilmente vinto anche le successive elezioni politiche del maggio 2001. Ciò ha influenzato profondamente il dibattito, portando a un duro scontro tra le coalizioni in luogo dell’ampio consenso solitamente auspicato per la deliberazione di leggi di riforma della Costituzione. La chiarezza dei rapporti di forza attuali e futuri consigliava al Centrosinistra di approvare la riforma finché era in tempo, prima di finire in minoranza nella legislatura a venire, mentre il Centrodestra aveva interesse a investire della questione il Parlamento della legislatura successiva, nel quale sapeva che avrebbe contato di più. Il risultato è stato l’approvazione della riforma a stretta maggioranza e la subordinazione della sua attuazione alla riconferma della maggioranza politica che l’aveva approvata, dato che la Casa delle Libertà non avrebbe avuto alcun interesse ad attuare un testo che non condivideva e alla cui deliberazione si era decisamente opposta.
Nel corso del terzo capitolo sarà descritto il dibattito successivo all’approvazione del nuovo Titolo V, riguardante sia la sua attuazione che la sua modifica secondo le proposte della Casa delle Libertà e soprattutto della Lega Nord, incentrate sulla cosiddetta Devoluzione, consistente nella possibilità per le regioni di assumere competenze esclusive in materia di assistenza sanitaria, istruzione e polizia locale. Anche in questo caso si cercherà di descrivere il comportamento dei vari attori istituzionali e sociali e inferire quanto questo sia tendente e funzionale al perseguimento dei propri interessi e delle proprie aspirazioni, sia in materia costituzionale che riguardo le politiche pubbliche generalmente intese che le rinnovate istituzioni dovrebbero decidere in futuro. Ogni partito infatti ritiene che determinati assetti costituzionali rendano più facile l’approvazione delle politiche pubbliche cui aspira, e che le norme costituzionali non siano affatto neutrali in proposito come vorrebbe invece l’ideale costituzional-democratico.
Sarà quindi evidenziato il fallimento d’implementazione del nuovo Titolo V e la connessione tra questo e il tentativo della Casa delle Libertà di approvare un progetto alternativo: l’attuazione del Titolo V deciso dal Centrosinistra non era prioritaria per la nuova maggioranza ed è stata disincentivata dal fatto stesso che l’assetto costituzionale seguito alla riforma del 2001 è stato concepito dalla Casa delle Libertà (e di riflesso anche dalle autonomie) come provvisorio in vista del nuovo intervento riformatore.
Infine sarà descritta la proposta di riforma globale della Parte II della Costituzione presentata dal Governo Berlusconi nell’ottobre 2003, che ambisce a recepire il progetto di devoluzione e al tempo stesso a mutare la forma di governo in premierato, con netta supremazia del Primo Ministro sui ministri e conferimento al primo del potere di indire le elezioni anticipate.
Si cercherà infine di formulare scenari futuri riguardo il processo di riforme costituzionali in Italia.

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4 Introduzione 1. Il processo delle riforme istituzionali in Italia Nel corso di questa tesi di laurea prenderemo in esame i cambiamenti introdotti nel nostro sistema costituzionale dalla riforma del Titolo V che, a tutt’oggi, rappresenta la più significativa riforma istituzionale realizzata in Italia dall’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana, e in special modo la più importante in direzione di una ridefinizione in chiave federalista delle autonomie regionali e locali. Analizzeremo inoltre il processo di formulazione, durante la XIII Legislatura, della relativa legge costituzionale. Infine esamineremo il periodo successivo alla sua approvazione referendaria, soffermandoci sul processo e sullo stato della sua attuazione, nonché della formulazione di un progetto alternativo di riforma costituzionale: la cosiddetta devoluzione, proposta dalla Lega Nord. Il dibattito sulle riforme costituzionali è divenuto, nell'ultimo quarto di secolo - ma in particolare nell'ultimo decennio - uno dei motivi principali del confronto politico. Grazie all'interesse dei mezzi di comunicazione di massa, gli italiani hanno potuto seguire le alterne vicende di quella che certa pubblicistica ha definito, talora, "la Grande Riforma". Dopo la "riparazione delle manchevolezze" che caratterizzò le modifiche intervenute negli anni Sessanta, la situazione sociale e politica non consentì lo sviluppo di una riflessione sulla revisione di certi istituti anche perché prevaleva la necessità di attuare la Carta del 1948. Nel 1970, con le prime elezioni per i consigli delle regioni a statuto ordinario (l'attuazione regionale sarà completata nel 1977) e con la legge sul referendum abrogativo, si concluse una prima fase della vita repubblicana. Gli anni Settanta, nella temperie sociale, economica e politica che li caratterizzò, rappresentano l'ideale "ponte" fra il tempo della Costituzione nascente e quello di una Grande Riforma vagheggiata per anni e in seguito mai compiutamente attuata. Dall’inizio degli anni Ottanta nel dibattito iniziò decisamente a prevalere la questione della revisione della Costituzione del 1948 rispetto a quella della sua attuazione. Si fece strada la consapevolezza del fatto che il sistema politico italiano fosse affetto da una serie di disfunzioni gravi, come instabilità di governo,

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