"Un giornalismo fatto di verità frena la criminalità": la battaglia di Giuseppe Fava contro Cosa Nostra
Ciò che mi ha mosso a frequentare il corso di laurea triennale in Media e Giornalismo era soprattutto capire quali principi debbano ispirare il giornalista nella sua professione. Ciò che mi ha spinto a redigere una tesi finale su Giuseppe Fava è la risposta cui sono arrivato grazie alla sua figura, risposta che affido alle parole dello stesso maestro di giornalismo: “Un giornalista incapace, per vigliaccheria o calcolo, della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze che non è stato capace di combattere. Il suo stesso fallimento! Dove c’è verità, si può realizzare giustizia e difendere la libertà! Ritengo infatti che in una società democratica e libera, quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società”. Giuseppe Fava, eclettico comunicatore, brillante nel giornalismo, nel teatro, nella letteratura, ha fornito alla mia ricerca vocazionale un esempio limpido, che definirei una delle espressioni più alte della dignità di un uomo libero con cui mi sia confrontato negli anni della mia formazione. Descrivendo la Sicilia, cui devo le mie origini, ha mostrato con libertà, onestà e competenza non solo alla classe giornalistica, ma anche a quella generale lavorativa siciliana, cosa significasse credere nella forza del proprio lavoro nel nome di principi talmente ovvi da infastidire ciò che di più ovvio esiste in Sicilia, ossia, per usare un’ espressione di Paolo Borsellino, il “puzzo del compromesso morale”. In primo luogo questa tesi si propone dunque di studiare la pagina di storia giornalistica che Fava ha scritto con la sua attività, mettendone in risalto il contributo combattivo fornito in prima linea alla Sicilia ai danni di Cosa Nostra, che affondava già da tempo immemorabile i suoi tentacoli sino al governo centrale e che il popolo siciliano doveva credere confinata al capoluogo siciliano nella romanzesca diatriba tra corleonesi e palermitani. Fava denunciò e dimostrò in realtà che la gestione di colossali appalti e traffici di droga anche sul territorio catanese era riconducibile alla presenza evidente di Cosa Nostra anche nella Sicilia Orientale. Non asservì mai la sua penna a chi avrebbe voluto usarla per scrivere “ciò che conveniva” e omettere ciò che non avrebbe mai dovuto venire alla luce, secondo la logica patronale mafiosa alternativa all’istituzione dello Stato. Per questo fu assassinato, nel 1984, da quella Cosa Nostra che la classe dirigente politica e giornalistica catanese continuò a dichiarare inesistente negando categoricamente la pista mafiosa in relazione al delitto.
Tributando dunque questa tesi ad un uomo che ha davvero amato la Sicilia e che ha illustrato la professione di giornalista, la speranza è che essa possa contribuire a fare conoscere la figura di Pippo Fava a chi ne ignora l’esistenza e che possa rammentarla a chi ne ha un ricordo sbiadito.
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Informazioni tesi
Autore: | Mario Agostino |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Cosimo Ceccuti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 105 |
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