Un campus tra accademia e politica: Berkeley, 1964
Già alcuni anni prima dei movimenti di massa che caratterizzarono la fine degli anni ’60 in Europa, negli USA si respirava un clima di intenso impegno politico e sociale per la conquista dei diritti civili, contro la segregazione razziale e contro l’intervento del Paese nel conflitto in Vietnam. Furono i giovani, gli studenti universitari in particolar modo, i primi a rendersi conto che la partecipazione reale alla vita politica era diventa impossibile, che era stata soppiantata dalle "regie sapientissime di pochi signori del potere".
Il loro entusiasmo, tipico delle menti giovani non ancora corrotte dalle aspirazioni di potere, seppe manifestarsi negli anni ’60 in America in reazione ad una situazione politico-sociale che presentava non poche problematiche. Gli Stati Uniti uscivano in quegli anni dall’epoca maccartista, caratterizza dalla “paura rossa” e, soprattutto, dalle forti restrizioni in materia di libertà. Nonostante i tempi fossero cambiati alcune di queste restrizioni ancora permanevano; in ambito universitario, tali limitazioni provenivano dai vertici delle amministrazioni universitarie, impegnate a far funzionare nel migliore dei modi quella che era definita “industria del sapere”. In questa organizzazione, precisa e burocratizzata, dove importantissimo era il controllo della vita degli studenti, nessuna variabile era tollerata. L’Università doveva assicurare allo stato e ai finanziatori privati la formazione di soggetti preparati, “utili” agli scopi della società stessa, capaci di svolgere attività al servizio delle amministrazioni governative, dell’esercito, dell’economia. La cultura e l’apertura degli orizzonti da questa derivanti passavano quindi in secondo piano rispetto a tali primari obiettivi.
Si era andato così a creare, nella società americana degli anni ’60, già duramente provata dalle restrizioni culturali dell’epoca maccartista, un senso di alienazione diffuso, percepito da tutti,intellettuali in primis.
Gli studenti, erano quelli che sentivano e vivevano in maniera più forte questo sentimento di spersonalizzazione, che in ambito universitario si era generato nel momento in cui le amministrazioni iniziarono a concepire l’educazione al servizio del potere costituito e a vantaggio di interessi consolidati di tipo economico-militare.
La manifestazione del loro dissenso avvenne con l’irruenza che sempre li contraddistingue e la rivolta di Berkeley del 1964 rappresenta tutt’oggi uno dei maggiori esempi di come la gioventù colta americana seppe movimentarsi in reazione ad uno stato di cose poco accettabile. L’attenzione degli studenti si focalizzò in principio su problematiche esterne come l’apartheid, la segregazione razziale, ancora molto, troppo diffusa negli stati del Sud, e la guerra in Vietnam; solo successivamente la loro attenzione si spostò “in casa”, nel campus, il luogo dove si svolgeva per circa 8 mesi all’anno la loro vita. L’evoluzione della protesta e i suoi risultati sono oggetto dello studio condotto con questo lavoro.
Nel primo capitolo sono esaminate le basi sulle quali poggiò la protesta studentesca, i protagonisti, il perché della nascita di tali manifestazioni, la politica adottata dai vertici dell’amministrazione del Campus, il clima di lotte sociali all’interno della comunità nera, la visione dell’Università e il valore riconosciuto all’istruzione dalla società americana, dallo Stato della California e dal Preside dell’Università della California, Clark Kerr.
Nel secondo capitolo vi è l’analisi di come si svolsero i fatti, l’inizio delle proteste, i “sit-in”, la nascita del Free Speech Movement, l’intervento delle forze dell’ordine e i cambiamenti.
È opportuno sottolineare alcune peculiarità della rivolta studentesca di Berkeley. Il Free Speech Movement, seppe farsi portavoce delle istanze della popolazione studentesca del campus e soprattutto della loro esigenza di partecipazione attiva alla vita politica americana tramite un impegno concreto, che si potesse manifestare anche tramite l’adesione alle iniziative portate avanti dai club studenteschi politicamente schierati. Le richieste degli universitari furono tutt’altro che utopiche. L’unica utopia, intesa come mancanza di concretezza ed organizzazione, riscontrabile nella rivolta degli studenti di Berkeley ed in particolar modo nella struttura del Free Speech Movement fu la mancanza di un modello teorico, di punti fermi, che comportò discussioni ad infinitum tra gli stessi membri del Comitato direttivo, i quali non sempre nei momenti più critici riuscirono a prendere in maniera rapida le decisioni necessarie. Altro limite fu di sicuro la poca costanza che si manifestò nella primavera del 1964, quando si aprì la “seconda ripresa” della lotta studenti-amministrazione e fu necessaria la riorganizzazione del Free Speech Movement in quanto pochi erano i membri del Comitato esecutivo ristretto che partecipavano ancora al movimento...
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Informazioni tesi
Autore: | Anna Sara Graziano |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Salerno |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Luigino Rossi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 69 |
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