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La Romania di Ceausescu. Un esempio di regime sultanistico?

La Romania di Ceausescu: un esempio di regime sultanistico?
Il seguente studio vuole analizzare da un punto di vista politologico il regime romeno di Ceausescu con il fine di meglio definirlo, oltre le classiche definizioni di “comunista” e “totalitario”. Che tipo di stato è quello in cui un solo individuo ha il diritto – dovere di prendere tutte le decisioni, anche in campi in cui non ha la minima competenza? Che tipo di regime è quello in cui la famiglia del governante può trattare la proprietà pubblica come fosse propria?
Il primo capitolo è un’analisi e spiegazione del tipo di regime politico sultanistico. Il primo a parlare di sultanismo fu il grande sociologo tedesco Max Weber che nell’opera Economia e Società del 1922, analizza i “tipi di potere”, tra cui, appunto, il potere sultanistico, concetto ripreso da diversi studiosi contemporanei, tra cui, in maniera particolarmente valida, dai due politologi Linz e Stepan.
Il secondo capitolo traccia le fasi attraverso le quali il regime del cosiddetto Conducator è diventato sultanista, abbandonando la leadership collettiva: in particolare la rotazione dei quadri del Partito Comunista, sistema che stroncava sul nascere qualsiasi tentativo di opposizione interna allo strapotere della famiglia Ceausescu, la politica estera alternativa a quella del Patto di Varsavia, che garantiva al regime la protezione internazionale dell’Occidente, e il comunismo nazionale, che dava grande supporto popolare.
Il terzo capitolo spiega le caratteristiche del regime nella sua fase sultanistica. Lo stile personale e le politiche di Ceausescu resero evidente che egli era completamente libero da legami di natura legal – razionale, come la leadership collettiva o gli statuti del partito, esercitando il potere in modo altamente personalistico ed arbitrario. Egli era in grado di imporre il suo volere in ogni ambito della vita pubblica romena, dai criteri per misurare le performance economiche, ai meccanismi di reclutamento del personale, dal modo in cui i dirigenti comunisti dovevano essere spostati cambiando carica continuamente, al modo in cui il centro di Bucarest doveva essere organizzato architettonicamente. Il Segretario Generale decideva l’agenda politica e la cambiava a suo piacimento in qualunque momento. Questa posizione di potere assoluto non era paragonabile a quella di nessun leader comunista dalla morte di Stalin in poi. Il potere personale del sultano, però, aumentava di pari passo al malcontento popolare che porterà alla rivolta nel dicembre del 1989. 376
Nel quarto capitolo vengono analizzati gli eventi che porteranno alla caduta del regime comunista e alla morte del governante. Non si tratta però, in questo caso specifico, di un semplice racconto storico; l’evolversi degli eventi del dicembre 1989 in Romania evidenzia l’ambiguità di quella presunta “rivoluzione popolare” e mette in luce la più probabile teoria del golpe interno al regime.
Il quinto capitolo, infine, è un’analisi comparata tra la Romania di Ceausescu e gli altri principali regimi sultanistici contemporanei (Haiti dei Duvalier, la Repubblica Dominicana di Trujillo, la Repubblica Centrafricana di Bokassa, le Filippine di Marcos, l’Iran dello Scià e la Corea del Nord di Kim Il Sung) che ci aiuta a capire come e quanto il regime di Ceausescu si sia discostato da un tipo sultanistico “puro”.

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8 Capitolo 1: Il sultanismo. Lo Stato è solo il capriccio di un singolo individuo. Karl Marx Prima di entrare nel merito del regime romeno di Nicolae Ceausescu, cercheremo di definire per il meglio il concetto di sultanismo, analizzando gli studi di coloro che hanno preso in considerazione questo tipo di regime. Il sultanismo è un modello politico autoritario descritto per la prima volta dal sociologo tedesco Max Weber nel 1922 nell’opera Economia e Società. La definizione di sultanismo in Max Weber è contenuta nell’analisi dei tipi di potere, in quanto esso è un particolare tipo di potere “tradizionale” (Weber 1995a). Quest’ultimo è uno dei tre poteri legittimi, cioè quelli che si distinguono da atti puramente arbitrari volti ad ottenere obbedienza con il solo utilizzo della forza. Il potere illegittimo è un dominio basato, quindi, sulla sola forza fisica che non può, di conseguenza, che essere eccezionale e, se si protrae nel tempo, cercherà comunque di darsi una legittimazione; gli altri due tipi di potere legittimo sono il potere carismatico e quello razionale (Weber 1995a). Un potere deve essere definito tradizionale quando la sua legittimità si fonda, e viene accettata, sulla base di antichi (esistenti da sempre) ordinamenti e poteri di signoria. Il detentore del potere (o i vari detentori del potere) è determinato in base a regole tradizionali; ad esso si obbedisce in virtù della dignità personale attribuita dalla tradizione. Il gruppo di potere, nel caso più semplice, è in primo luogo un gruppo sociale poggiante sulla totale devozione dei dominati, e determinato dalla comunanza di educazione. Colui che detiene il potere non è un superiore, ma un signore personale; il suo apparato amministrativo, in un primo tempo, non è costituito da funzionari ma da servitori personali; i dominati non sono membri del gruppo, ma sono o consociati tradizionali oppure sudditi. Le relazioni tra

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