Chi elegge il Presidente degli Stati Uniti? Regole del gioco, malapportionment e potere effettivo degli Stati nel Collegio Elettorale
L’elezione del Presidente degli Stati Uniti è regolata da un complesso patchwork di norme (disposizioni costituzionali, statuti federali, leggi statali), le cui parti sostanziali tuttavia risalgono all’epoca dei Padri Fondatori. La scelta di investire un corpo elettorale “intermedio” dell’importante compito di selezionare il rappresentante dell’esecutivo federale rispondeva a una serie di esigenze contrapposte (“compromesso a tre”), ma tuttavia alla prova dei fatti il Collegio Elettorale non si configurò mai come rispondente a quelle che erano le intenzioni originarie. In quest’ottica vengono analizzate, nella prima parte della presente opera, le dinamiche storiche che portarono alla nascita e poi all’evoluzione sostanziale del sistema elettorale presidenziale; successivamente, ci si concentra sugli intrinseci difetti di cui soffre il sistema dei grandi Elettori. All’indiscussa unicità di questo sistema elettorale, infatti, si associa anche tutta una serie di aspetti patologici – per alcuni indice di non democraticità, per altri inevitabili imperfezioni di un impianto strutturale che nel suo complesso ha una storia plurisecolare di relativo buon funzionamento – di cui esso, senza dubbio, soffre. Primo fra tutti, l’intrinseco ed ineliminabile malapprtionment di cui è affetto il Collegio Elettorale, la cui gravità appare amplificata dalla disciplina assai rigorosa che, negli Stati Uniti, viene riservata ad un fenomeno analogo, l’intrastate malapportionment. Ma che non lascia quasi spazio, al di là della proposta del National Popular Vote Plan, a un possibile rimedio che prescinda dalla sua abolizione previa emendamento costituzionale, la cui percorribilità tuttavia appare assai improbabile. Successivamente, vengono presi in considerazione i risultati elettorali aggregati delle sedici tornate elettorali più recenti (1948-2008), dai quali si cerca di trarre delle inferenze sul modo in cui il sistema elettorale presidenziale si comporta, in relazione ai due partiti maggiori: da questo punto di vista, si giunge alla conclusione che i principali effetti sistemici del Collegio Elettorale sono favorevoli al partito Repubblicano. Infine, ci soffermiamo sul concetto di potere effettivo degli stati nella lotta per la Casa Bianca: in prima istanza, vengono passati in rassegna i principali elementi che, nella letteratura a riguardo, vengono generalmente presi in considerazione come indicatori di questo potere. Posto che essi, singolarmente, non sono soddisfacenti in una definizione di potere che non presenti caratteri di parzialità e incompletezza, viene presentato un indice, cosiddetto “di potere effettivo” (IPE) che, aggregando gli elementi sopracitati e facendone una sintesi, calcola in concreto il potere che gli stati hanno avuto nella selezione presidenziale, nel periodo storico preso in considerazione. Questo indice consta di quattro sottoindici (di Malapportionment, di Banzhaf, di competitività statale, di closeness nazionale), la cui composizione a livello metodologico è arbitraria e nella sua globalità non presenta caratteristiche di tipo predittivo, va detto; tuttavia, coadiuvandosi anche a livello qualitativo con il confronto fra il risultato restituito dall’IPE e un’analisi in profondità di alcune tornate elettorali, si può sostenere che esso sia ragionevolmente attendibile nell’individuazione, in prospettiva diacronica, dell’”America che conta”.
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Informazioni tesi
Autore: | Lorenzo Cicchi |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze della politica |
Relatore: | Alessandro Chiaramonte |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 308 |
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