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Redistribuzione e riconoscimento in Nancy Fraser

Negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso le rivendicazioni per il “riconoscimento della differenza” sono apparse sulla scena politica con nuove promesse di liberazione. I “nuovi” movimenti sociali, il movimento femminista, il movimento gay, le organizzazioni delle minoranze etniche, religiose, linguistiche e i movimenti nazionalisti irredentisti, hanno avanzato l’obiettivo di affermare le identità negate e insieme di ampliare lo spettro delle strategie percorribili per la redistribuzione della ricchezza e del potere. Oltre alle richieste di giustizia sociale, del superamento dei conflitti e delle disuguaglianze economiche, sono state formulate inedite rivendicazioni fondate sulle diverse forme identitarie: dall’identità di genere all’identità “queer”, dall’identità etnica e culturale a quella derivante dall’essere diversamente abili. La Politics of Identity chiede, infatti, prima di tutto un'eguaglianza di stima. Tale orientamento è divenuto dominante anche in movimenti che, come quello femminista, fino agli anni Settanta avevano portato avanti battaglie emancipazioniste, centrate sul principio dell’eguaglianza e finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo della parità, a cominciare dalla parità nel mondo del lavoro.
In una valutazione complessiva dei risvolti che le rivendicazioni identitarie hanno avuto nella politica contemporanea non si può non ricordare che esse hanno ispirato conflitti etnici e religiosi, campagne per la purezza etnica e genocidi, rinfocolando il nazionalismo e il razzismo in molte parti del mondo.
Perché, dopo la caduta del comunismo e con l’avanzare del fenomeno della globalizzazione, tanti movimenti sociali hanno assunto questa forma? Perché le richieste per il riconoscimento hanno sostituito la domanda di un'equa distribuzione delle risorse? Le pretese di giustizia sociale sembrano dividersi in due tipi: il primo, quello delle richieste redistributive, al centro della teoria sociale da almeno 150 anni, cerca una distribuzione più giusta delle risorse e dei beni; il secondo, che prende invece forma nella politica del riconoscimento, è più sensibile alle differenze e chiede un'uguaglianza di rispetto che non può passare più per la soluzione dell'assimilazione alla maggioranza o alla cultura dominante, ma deve avvenire attraverso la valorizzazione della diversità.
Questa divisione in due tipi di pretesa di giustizia spesso è divenuta un punto significativo di contrapposizione tra multiculturalisti e socialdemocratici. Mentre, i teorici del paradigma redistributivo respingono completamente il paradigma del riconoscimento, interpretandolo come un ostacolo o un fattore secondario nella ricerca della giustizia sociale; all'opposto i sostenitori della politica del riconoscimento considerano le politiche redistributive come superate e totalmente inadatte a rispondere alle richieste dei nuovi movimenti sociali.
Dopo aver ricostruito nel primo capitolo le ragioni della contrapposizione tra la sinistra socialdemocratica e la c.d. politics of identity, attraverso l’analisi delle posizioni di due autori rappresentativi di questo dibattito quali Rorty e Taylor, la tesi si sofferma sulla proposta teorica di Nancy Fraser . La Fraser è una delle più autorevoli filosofe politiche contemporanee e il suo pensiero unisce la prospettiva della teoria critica con quella della teoria femminista. In particolare, l’autrice ha proposto una critica femminista dell’approccio habermasiano e della sua teoria dello spazio pubblico, mediante l’introduzione del concetto di “subaltern counterpublics” . A cominciare dal suo saggio From Redistribution to Recognition? del 1995 l’autrice ha tentato non soltanto una diagnosi delle ragioni che stavano dietro al passaggio dalle politiche redistributive alle politiche del riconoscimento, ma anche una riformulazione e riconsiderazione del rapporto tra politiche redistributive e politiche del riconoscimento.
Quella tra redistribution e recognition è a tutti gli effetti per la Fraser una “falsa antitesi” e come tale deve essere superata, assumendo come principio normativo la parità partecipativa, secondo la quale la giustizia richiede assetti sociali in grado di far interagire alla pari tutti i membri della società. Risolvendo l’apparente contrapposizione tra i due paradigmi, la Fraser arriva a scoprire la possibilità di una visione d'insieme, di un dualismo di prospettiva, con il quale si apre l'opportunità di valutare la giustizia di qualsiasi pratica sociale attraverso due distinte lenti analitiche.
Dopo aver illustrato la posizione della Fraser, si prende in esame il confronto teorico serrato che l’autrice ha ingaggiato con Axel Honneth, testimoniato dai saggi raccolti in From Redistribution to Recognition? A Political-Philosophical Exchange. Un’opera nella quale gli autori condividono l’ambizione che filosofia morale, filosofia politica e teoria sociale debbano collaborare insieme alla formulazione di una teoria critica della società capitalista .

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6 Capitolo I Dal paradigma redistributivo alla politics of identity I.1. Premessa Nel pensiero socialdemocratico e Liberal degli anni successivi alla seconda guerra mondiale fino grosso modo all‟inizio degli anni Settanta il paradigma redistributivo è stato dominante. In quegli anni, esso sembrava offrire gli strumenti teorici e le ragioni ideali a sostegno delle rivendicazioni provenienti dalle classi più povere. I conflitti ruotavano allora prevalentemente intorno ad una più equa distribuzione delle risorse ed erano interpretati in chiave economica. I sistemi di Welfare avevano come riferimento uno stato-nazione ancora non indebolito dai processi di globalizzazione e cercavano di risolvere i problemi redistributivi attraverso norme universalistiche. Le lotte politiche venivano condotte in quegli anni in nome di un ideale di eguaglianza economico-sociale. La tradizione liberaldemocratica ha perseguito e persegue tuttora gli ideali di libertà, uguaglianza e piena realizzazione universale, ma si trova oggi a dover fare i conti con il pluralismo della società moderna, di una società formata da culture, religioni forme di governo che appaiono sempre più disomogenee e allo stesso tempo sempre più interdipendenti. I conflitti etnici, religiosi, culturali e di genere che hanno caratterizzato l‟ultimo trentennio del XX secolo e che ancora oggi attraversano le società contemporanee, hanno costretto la tradizione liberaldemocratica e socialdemocratica a interrogarsi sulla reale capacità dell‟ideale di uguaglianza di rispondere ad un contesto così profondamente mutato. Negli Stati Uniti, in particolare, i problemi di integrazione degli afro-americani, Capitalist Global Society. An Interview with Nancy Fraser, cit., p. 381.

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