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Prospettive e opportunità per le imprese italiane in Turchia

Come abbiamo cercato di dimostrare nel presente studio, la Turchia si rivela oggi uno dei migliori partner economici e commerciali dell'Europa.

In tale contesto, l'Italia si colloca al 5° posto fra i principali partner turchi per le importazioni e al 4° posto per le esportazioni (Turkstat, 2011).
Tuttavia, come è stato dimostrato nei capitoli I e II del presente elaborato, nonostante gli ottimi rapporti commerciali esistenti oggi fra Europa e Turchia, Bruxelles è ancora molto intimorita dall'impatto che l'ingresso della Repubblica Turca potrebbe avere nell'Unione, e al momento sembra non voler minimamente accennare né a una prospettiva di chiusura dei capitoli negoziali ancora in sospeso, né a una possibile data di adesione (Turkey 2011 progress report, Bruxelles, 12 ottobre 2011), per cui, da un punto di vista politico-istituzionale, il Paese risulta ancora oggi rilegato in un limbo non definito fra il Continente Europeo e quello Asiatico.

Come abbiamo cercato di dimostrare nel Capitolo II, la gestione della candidatura turca da parte dell'Unione Europea è stata sin da subito diversa rispetto a quella adottata per altri Paesi: le grandi dimensioni territoriali, l'elevata popolazione, il peso economico, la sua posizione geopolitica (ovvero nel mezzo di un'area caratterizzata da instabilità politica, tensioni internazionali, conflitti interni, minoranze etiche, interessi divergenti in merito a politiche economiche ed energetiche), unite a fattori quali religione e cultura, sono sicuramente motivazioni più che valide per giustificare la diffidenza e la politica di contenimento adottata sino ad oggi dall'Unione Europea (rif. Cap. II). Ma oggi la Turchia è un Paese strategicamente ed economicamente troppo importante per poter essere allontanato o trascurato, soprattutto se si pensa ai legami che ha e può avere con le regioni vicine quali l'Area Mediorientale, la Regione del Caucaso e l'Asia Centrale.

Lo scopo del presente studio non è mai stato quello di giudicare corretto o sbagliato l'atteggiamento adottato finora da Bruxelles nei confronti della Repubblica Turca: siamo convinti, infatti, che un ulteriore testo di analisi sull'argomento sarebbe al momento sicuramente ridondante e poco risolutivo, vista la già copiosa letteratura esistente in materia e considerato comunque il fatto che si tratta di una problematica identitaria su cui non si riesce a trovare un parere concorde da ormai 25 anni (1987-2012). Il nostro obiettivo è stato quello di dimostrare, invece, che nonostante l'Unione Europea ritenga che la Turchia non abbia ancora raggiunto tutti gli acquis cammunautaire necessari (Turkey 2011 progress report, Bruxelles, 12 ottobre 2011), il Paese potrebbe comunque rappresentare oggi per l'economia Italiana un'ottima prospettiva di crescita futura, soprattutto in questo momento particolare di crisi e di contrazione del mercato interno.

In quest'ottica, abbiamo affrontato nei capitoli III e IV lo studio della Turchia da un punto di vista puramente economico, tralasciando volutamente problematiche di tipo culturale e/o religioso. A nostro avviso, infatti, il popolo turco è per definizione un "altro", se lo si guarda dal punto di vista religioso e culturale. I dati sono indiscutibili: il 98% della popolazione turca oggi è musulmana (Pew Research Center's Forum on Religion & Public Life, 2011). E' un dato di fatto, e non si può cambiare. Ma, non si può dimenticare al contempo che si tratta comunque di un orientamento musulmano ormai molto occidentalizzato e inquadrato all'interno di un ordinamento politico democratico laico, ovvero un processo, quello dell'occidentalizzazione, della secolarizzazione e della democratizzazione, iniziato a partire proprio dall'anno di nascita della Repubblica stessa ad opera del suo fondatore, Atatürk.

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4 INTRODUZIONE Un approccio alternativo alla tradizionale prospettiva di analisi delle relazioni tra Turchia ed Europa Che cos'è la Turchia rispetto all'Europa? Sicuramente, non essendo un Paese membro dell'Unione Europea, i turchi sono degli altri rispetto a noi. Ma che cos'è in realtà l'altro? Quelli che definiamo altri, non sono forse: [...] dei soggetti come io lo sono - che unicamente il mio punto di vista - per il quale tutti sono laggiù mentre io sono qui - separa e distingue realmente da me? Possiamo concepire gli altri come un'astrazione [...], [ovvero] l'altro o l'altrui in rapporto a me, oppure come un gruppo sociale concreto al quale noi non apparteniamo. (Todorov, 1992, p. 5) Ma la risposta più corretta, forse, in questo caso, è che l'altro è semplicemente ciò che è diverso da noi, e proprio per questo può far paura. Ma non è forse proprio l' altro, il diverso da noi, che ci permette di costruire la nostra identità? L'altro può essere una minaccia, è vero. Ma potrebbe anche essere una risorsa. Questo è l'approccio alternativo che il presente elaborato intende proporre: un approccio apolitico, neutrale dal punto di vista sia culturale che religioso, meramente basato sull'analisi delle potenziali economiche che la Turchia può offrire all'Europa, e più in specifico all'Italia, in un periodo di grande crisi e transizione economica quale è quello che oggi stiamo attraversando. Un'analisi dell'altro dunque non come minaccia, ma come opportunità per una crescita europea in sostenibilità. Sin dall'inizio della creazione della Comunità Europea, la Turchia ha sempre mostrato un forte interesse al processo di integrazione, e senza dubbio ha considerato il divenire membro dell'Unione una conseguenza logica del suo programma di modernizzazione e occidentalizzazione. Non è stata dunque una sorpresa il fatto che la giovane Repubblica Turca, già nel 1959, abbia fatto richiesta di essere ammessa alla CEE, e che, nonostante il rifiuto, abbia poi continuato su questa linea e sia riuscita comunque ad ottenere nel 1963 la ratifica dell'Accordo di Ankara, ovvero un accordo che non solo riconosce l'eleggibilità della Turchia a partecipare al processo di adesione, ma dichiara espressamente che il Paese può aspirare allo status di membro.

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