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Problemi e prospettive delle politiche regionali europee. Alcune implicazioni per il Mezzogiorno d'Italia

Questo lavoro nasce con l’ambizione di affrontare uno dei temi centrali degli interventi dell’Unione Europea : il ruolo delle politiche regionali nella riduzione degli squilibri economici fra Paesi e regioni in Europa. Giusto per dare una dimensione statistica a tali squilibri, confrontando i Paesi, e utilizzando come indicatore del benessere economico il reddito per abitante in termini reali, chi vive in Grecia risulta avere un livello di benessere pari a circa i due terzi di quello medio europeo, mentre un danese ha in media un reddito pro capite di 20 punti percentuali superiore a quello medio europeo. Oltre a ciò, bisogna altresì tenere in conto che le politiche regionali assorbono la gran parte del budget comunitario, seconde solo alla politica agricola comune. Pertanto, questa ricerca trova il suo momento fondante nel tentativo di contribuire ad una riflessione sugli effetti delle politiche strutturali europee all’interno delle economie degli Stati membri. L’Unione Europea è riuscita a raggiungere l’obiettivo di una convergenza economica fra le economie più prospere e quello meno sviluppate? Oppure si è ancora lontani dal raggiungere una tale situazione? E soprattutto, qual è stato il ruolo di queste politiche nello sviluppo del Mezzogiorno d’Italia?
Le considerazioni svolte nel corso del lavoro mostrano chiaramente che le politiche di coesione europee hanno avuto un impatto significativo per quanto riguarda il miglioramento dei livelli di benessere socio-economici nelle zone meno sviluppate. A sostegno di questa affermazione, si può considerare la diminuzione del valore della deviazione standard del reddito pro capite dei Paesi europei. Tuttavia, le differenze appaiono ben più forti fra le diverse regioni all’interno dei Paesi europei: in questo caso il valore della deviazione standard del reddito per abitante fra le diverse regioni all’interno dei Paesi è aumentato nell’ultimo decennio. Da questo punto di vista, nuovi interrogativi si aprono se si prende in considerazione il recente allargamento che ha palesemente “ingigantito” le differenze socio-economiche fra Stati e regioni.
L’allargamento, infatti, ha portato con sé un cospicuo numero di innovazioni nella definizione delle politiche e della struttura istituzionale dell’Unione Europea. Il recente allargamento ha contribuito non solo a ridefinire l’Europa come un’entità politica ed economica (che supera l’immagine di quella Europa post-bellica divisa al suo interno da una cortina di ferro invalicabile) ma anche a riformulare il suo ruolo nel mondo. L’espansione dell’Unione Europea a 27 Stati membri, inoltre, è da sostegno nel processo di unificazione europea, che fu lanciato dai padri fondatori (Monnet, Spinelli, Schuman, Adenhaur, Spaak, De Gasperi) all’inizio degli anni ’50. Tuttavia, la definizione della nuova programmazione 2007-2013 ha dovuto tener conto di questi nuovi dodici Stati membri, ed è importante valutare quali profonde ricadute ciò potrà avere sulle politiche regionali degli altri Stati membri.
All’interno di questo schema generale si sviluppano i vari capitoli. Il primo capitolo esamina da una prospettiva storica la formulazione delle politiche regionali europee sin dalla nascita dell’Unione Europea. . Il secondo capitolo, invece, prende in considerazione l’altro concetto rilevante di questo lavoro, ossia quello di convergenza economica. Il terzo capitolo esamina più in dettaglio la posizione del Mezzogiorno italiano. In ultimo, nel quarto capitolo ci si sofferma sulle implicazioni derivanti dall’allargamento ad Est e si individuano le possibili strade che si aprono per le politiche regionali alla luce della recente programmazione 2007-2013. La ricerca effettuata a proposito ha individuato come la nuova politica regionale dell’Unione tende ad essere rivolta principalmente alla convergenza fra i Paesi e non più alla riduzione delle disparità regionali, tuttora notevolmente presenti all’interno della “vecchia” Europa. Il problema principale dell’allargamento, quindi, non riguarda tanto i mercati, quanto più la percezione che si ha dei divari economici all’interno dell’UE stessa. Al momento, però, non sembra ancora chiaro quali strumenti saranno veramente efficaci nel risolvere i problemi della convergenza socio-economica degli Stati membri. Di conseguenza diventa importante il ruolo che la nuova politica regionale è chiamata a svolgere: non più “allettare” nuovi partner e sostenere il livello di “coesione politica” già conseguito dai vecchi, bensì contribuire a ridurre gli squilibri territoriali nei livelli di sviluppo e di benessere, che limitano la partecipazione delle aree più deboli ai benefici che il processo di integrazione economica può produrre complessivamente, ma che possono anche distribuirsi in modo squilibrato, accentuando così i divari territoriali.

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INTRODUZIONE Questo lavoro nasce con l’ambizione di affrontare uno dei temi centrali degli interventi dell’Unione Europea 1 : il ruolo delle politiche regionali nella riduzione degli squilibri economici fra Paesi e regioni in Europa. Giusto per dare una dimensione statistica a tali squilibri, confrontando i Paesi, e utilizzando come indicatore del benessere economico il reddito per abitante in termini reali, chi vive in Grecia risulta avere un livello di benessere pari a circa i due terzi di quello medio europeo, mentre un danese ha in media un reddito pro capite di 20 punti percentuali superiore a quello medio europeo. Oltre a ciò, bisogna altresì tenere in conto che le politiche regionali assorbono la gran parte del budget comunitario, seconde solo alla politica agricola comune. Pertanto, questa ricerca trova il suo momento fondante nel tentativo di contribuire ad una riflessione sugli effetti delle politiche strutturali europee all’interno delle economie degli Stati membri. L’Unione Europea è riuscita a raggiungere l’obiettivo di una convergenza economica fra le economie più prospere e quello meno sviluppate? Oppure si è ancora lontani dal raggiungere una tale situazione? E soprattutto, qual è stato il ruolo di queste politiche nello sviluppo del Mezzogiorno d’Italia? Le considerazioni svolte nel corso del lavoro mostrano chiaramente che le politiche di coesione europee hanno avuto un impatto significativo per quanto riguarda il miglioramento dei livelli di benessere socio-economici nelle zone meno sviluppate. A sostegno di questa affermazione, si può considerare la diminuzione del valore della deviazione standard del reddito pro capite dei Paesi europei. Tuttavia, le differenze appaiono ben più forti fra le diverse regioni all’interno dei Paesi europei: in questo caso il valore della deviazione standard del reddito per abitante fra le diverse regioni all’interno dei Paesi è aumentato nell’ultimo 1 Inoltre, la scelta di affrontare questa particolare tematica è maturata durante il mio stage vinto presso la Rappresentanza diplomatica italiana all’Unione Europea da gennaio ad aprile 2006. In particolare, occupandomi di allargamento e di riforma della politica strutturale in seguito all’entrata di Romania e Bulgaria, ho avuto la possibilità di affiancare diplomatici italiani e funzionari europei nel loro lavoro quotidiano e di venire a contatto con la loro esperienza che, peraltro, può essere rintracciata in alcune valutazioni. Né è derivata, pertanto, una conoscenza maggiore di quelli che sono i reali problemi europei e uno sprono maggiore nell’approfondirli e nel tentare di tracciare eventuali soluzioni. In questo compito sono stato anche sostenuto dall’efficienza della struttura bibliotecaria della Commissione europea. I

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Parole chiave

allargamento
crescita economica
economia regionale
europa
finanza regionale
fondi strutturali
fondo di coesione
mezzogiorno
polticia economica
sviluppo economico
teoria della crescita
unione europea

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