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Principi e pratiche delle nuove strategie di riduzione della povertà nei paesi in via di sviluppo. Il caso della Tanzania

Nel 1999 vengono abbandonate le fallimentari politiche dell'aggiustamento strutturale e i fondi per la riduzione del debito delle due IFI: Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, vengono concessi solo se i governi dei PVS scrivono e applicano i Poverty Reduction Strategy Paper: documenti preparati in seguito a consultazioni con la società civile ed altri stakeholders. Lo scopo è quello di aumentare l'ownership nazionale e di adattare le politiche al contesto paese. Dopo 8 anni i risultati attesi non sono stati raggiunti. La Tanzania, tra i primi ad aderire a tale iniziativa, è un caso emblematico del funzionamento di questo nuovo meccanismo di allocazione dei fondi che è ormai il perno dei rapporti tra IFI, comunità dei paesi donor e PVS.

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3 INTRODUZIONE Il divario economico tra i paesi industrializzati e quelli definiti “sottosviluppati” e l'aiuto dei primi alla crescita dei secondi si sono imposti come problemi per la comunità internazionale alla fine della seconda guerra mondiale a seguito di diversi fattori: il processo di decolonizzazione, gli sviluppi della statistica economica e soprattutto la “guerra fredda”. Dopo più di mezzo secolo, il divario che divide l'insieme dei paesi in via di sviluppo (PVS) da quelli ad alto reddito è aumentato rispetto a quello della metà del XX secolo nonostante l'adozione, in questo lasso di tempo, di politiche differenti per lo sviluppo. Durante gli anni '60, l'idea prevalente (e le conseguenti politiche) era che lo sviluppo dipendesse dalla crescita del reddito nazionale. Si pose l'accento sull'accumulazione di capitale e del risparmio e sull'industrializzazione attraverso la sostituzione delle importazioni. Da qui il ruolo fondamentale dello stato e la dipendenza dagli investimenti esteri, il relativo abbandono dell'agricoltura con conseguente concentrazione della popolazione nei poli urbani e la scarsa attenzione rivolta ai fattori che influenzano il capitale umano, come l'istruzione. A livello aggregato le economie africane registrarono comunque risultati abbastanza positivi con crescita del PIL e delle esportazioni fino agli anni '70, periodo di stagnazione economica, dovuta agli shock petroliferi. All'inizio degli anni '70, comunque, la disuguaglianza distributiva e la povertà non si erano ridotte. Anzi, a causa delle due crisi economiche mondiali, dovute agli shock petroliferi di inizio e fine decennio, e all'aggravarsi della situazione debitoria (che diventa preminente e

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