Nuovi modelli di sindacalismo nelle Ferrovie: il Coordinamento Macchinisti Uniti
Stimolato da 12 anni di diretto coinvolgimento in quell’ambito lavorativo- sindacale, con questa ricerca ho voluto approfondire la conoscenza del quinquennio d’intensa e costante conflittualità nel quale i macchinisti delle Ferrovie hanno espresso il dissenso verso un contratto di lavoro (mi riferisco a quello 1987/89) sottoscritto dalle Organizzazioni Confederali e dall’Ente, ma non condiviso dalla quasi totalità dei macchinisti.
Quel rinnovo contrattuale, contraddistinto da una spiccata conflittualità, prese il via nel 1987 e fu particolarmente impegnativo perché oltre la controparte naturale, l’amministrazione delle FF.SS., l’azione del nuovo soggetto sindacale andò a scontrarsi con i sindacati confederali. Il ciclo di lotte si caratterizza anche perché definisce sul “campo” il nuovo soggetto sindacale Comu (Coordinamento Macchinisti Uniti).
Ho ripercorso le fasi cruciali di quell’esperienza, che ha portato alla formazione di un sindacato “autonomo”, tale da non rientrare nella tradizionale definizione di sindacalismo autonomo, agnostico ed avulso dal sociale; una “auto-organizzazione” per molti aspetti comparabile, negli obiettivi e nei metodi di lotta, al sindacalismo ferroviario del primo Novecento.
L’ “autonomia” di questa organizzazione è infatti intesa come possibilità data ai diretti protagonisti di individuare e scegliere gli obiettivi, senza la supervisione dei sindacati tradizionali.
L’esigenza di una giusta remunerazione e del riconoscimento della loro specificità professionale giocarono sicuramente un ruolo trainante in quella mobilitazione, ma insieme non danno una precisa spiegazione della nascita e dello sviluppo di una nuova forma di sindacalismo, per la quale è essenziale l’istanza democratica partecipativa e la critica alle strutture “burocratiche” del sindacalismo tradizionale, confederale e non.
Ho cercato pertanto di approfondire in modo particolare il ruolo che il Comu ha svolto nel 1) migliorare lo status economico della categoria professionale, 2) contribuire, anche in termini problematici e conflittuali, a porre l’esigenza di una modifica delle procedure contrattuali attraverso una definizione effettiva e non presunta dei concetti di rappresentanza e rappresentatività sindacale, 3) determinare, pur non volendolo anzi opponendosi ad esso, un esito reattivo a quella stagione conflittuale: mi riferisco all’imposizione per via legislativa della regolamentazione al diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali.
Quei lavoratori, puntando al riconoscimento delle specificità del gruppo, hanno affermato anche il diritto ad essere responsabili protagonisti delle proprie scelte ed evidenziato una delle principali cause d’instabilità delle relazioni industriali: il difficile incontro tra volontà dei rappresentati e di chi li rappresenta, in mancanza di una chiara verifica dell’effettivo peso rappresentativo dei delegati.
Filo conduttore storico–temporale della trattazione è stato fornito dalla rivista auto-gestita dei macchinisti Ancora in marcia, la quale ha svolto un ruolo decisivo nell’indirizzo e nell’unificazione di quel movimento. Parallelamente sono state consultate le fonti sindacali relative a più ambiti lavorativi come Ferrovieri, periodico che ha dato voce alle istanze di base di tutte le categorie ferroviarie e la pubblicazione sindacale della Cgil, Nuova Rassegna Sindacale.
Ho utilizzato (e raccolto in appendice) la documentazione sindacale e contrattuale (statuti e documenti sindacali, accordi contrattuali ed altra produzione in sede di trattazione).
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Informazioni tesi
Autore: | Raffaele Mion |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2000-01 |
Università: | Università degli Studi di Pisa |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze sociologiche |
Relatore: | Mauro Stampacchia |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 141 |
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