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Lo scudo fiscale del 2009-2010 visto dalla Svizzera

La pessima situazione finanziaria ed economica mondiale, nata nel 2007 con la crisi statunitense dei subprime, ha spinto tantissimi paesi a dare la caccia agli evasori del fisco nella speranza di aggiungere qualcosa ai loro magri budget. Per fare riemergere questi ingenti capitali le soluzioni sono due: rafforzare i controlli da parte delle autorità fiscali e prendere dei provvedimenti per incitare gli evasori a rimpatriare i loro soldi. L’obbiettivo di rimpatriare dei capitali sottintende quindi che siano stati nascosti all’estero, ovviamente in quel che si chiama comunemente un “paradiso fiscale”. Non a caso durante il summit del G20 di Washington, a novembre 2008, al centro delle discussioni ci sono state proprio le questioni di una maggior trasparenza finanziaria internazionale, di un miglioramento nell’assistenza amministrativa fra i paesi e di un rafforzamento della pressione sui cosiddetti paradisi fiscali. Per il ministro delle finanze e dell’economia italiano Giulio Tremonti, come per tanti altri suoi omologhi europei, quel paradiso fiscale che si trova alle nostre porte e in mezzo all’Europa è la Svizzera, a parer suo “caverna di Ali Babà”. In questo contesto, la Confederazione ed il suo segreto bancario hanno conosciuto dal 2008 continui attacchi da parte di numerosi paesi: Stati Uniti, Germania, Francia, Regno Unito e persino India fanno la voce grossa.

Questa tesi, dopo aver brevemente ricordato in che consiste il segreto bancario elvetico, spiega come, sotto pressione da ogni lato e inserita in una lista nera dall’OCSE, la Svizzera ha finalmente deciso a marzo 2009 di recepirne gli standard in materia di assistenza amministrativa. Tale decisione ha dato il via ad una revisione delle sue convenzioni di doppia imposizione con tanti paesi in conformità alle esigenze internazionali in materia di collaborazione fiscale e si è subito pensato da ambo le parti che quella con l’Italia sarebbe stata una delle prime ad essere rinegoziata, permettendo così al fisco italiano una miglior lotta all’evasione. Ma le casse vuote hanno spinto il governo italiano a scegliere la via dello scudo fiscale, considerato dall’opposizione una vera e propria amnistia. Questa tesi si propone di dimostrare come tale provvedimento di politica interna abbia suscitato molte reazioni oltre confine e come le successive dichiarazioni di Tremonti, accompagnate da spettacolari mosse della Guardia di Finanza, abbiano dato vita a sempre più aspre tensioni fra i due paesi, portando ad un gelo dei negoziati per una nuova CDI. Ma soprattutto tale situazione ha fatto crescere tanti malumori nel Canton Ticino, territorio da sempre legato al nord Italia e che ospita 48'000 lavoratori frontalieri che ogni giorno arrivano dalla confinante Lombardia. Come si propone di dimostrarlo questa tesi, l’attacco alla sua piazza finanziaria, i toni usati nei suoi confronti dall’Italia e la poca assistenza ricevuta da Berna hanno rafforzato il peso politico della Lega dei Ticinesi, partito populista e anti-frontalieri, alle ultime elezioni cantonali del 10 aprile 2011.

In questa tesi infine si presentano i risultati dello scudo fiscale nella versione di Bankitalia e nella versione del ministero dell’economia e delle finanze: l’incasso per l’Erario è stato di 5.6 miliardi di euro ma alla fine ci si può chiedere se tutta questa agitazione abbia molto cambiato la situazione. La piazza finanziaria ticinese non è crollata e continua a gestire ingenti capitali italiani, tal volte dichiarati, tal volte no. Ma soprattutto l’evasione fiscale continua ad essere importante in Italia e nel corso del 2010 sono stati portati allo scoperto dalla Guardia di Finanza redditi occultati per circa 50 miliardi di euro. Polemicamente, come lo faceva una giornalista elvetica, ci si potrebbe chiedere se il vero “paradiso fiscale” non sia l’Italia dove a volte sembra così facile evadere il fisco nell’attesa che si pronunci un nuovo scudo fiscale.

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4 Premessa "Se fosse per me manderei l'esercito. La Svizzera e in modo particolare i ticinesi, sono tutti quanti mafiosi. Se fosse per me, vi manderei l'esercito." 1 Queste parole rivolte dal ministro italiano dell’economia e delle finanze Giulio Tremonti al suo omologo elvetico Hans-Rudolf Merz a inizio ottobre 2009 potrebbero apparire come una dichiarazione di guerra. In effetti, nel versante svizzero, lo scudo fiscale italiano del 2009-2010 è stato percepito di fatto come un pesante atto di ostilità quando, pochi giorni dopo, il 27 ottobre 2009 le Fiamme Gialle entrarono in settantasei filiali italiane di istituti di credito e banche svizzere mettendo in atto inattese perquisizioni in un contesto dove di solito regna la “discrezione”. Alla luce di questa reazione pare opportuno esaminare come questo provvedimento del governo italiano è stato seguito per molto tempo da parte dei media elvetici e ticinesi, suscitando non poche reazioni dalle istituzioni politiche, dai partiti e dai gruppi d’interesse e mettendo in evidenza le relazioni mai facili fra i due paesi in materia di fiscalità.                                                                                                                           1 Tremonti: Svizzeri tutti mafiosi, specialmente i ticinesi, “Ticinonline.ch”, 26.11.2009. http://www.tio.ch/aa_pagine_comuni/articolo_interna.asp?idarticolo=508443&ids ezione=1&idsito=1&idtipo=3

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