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La Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC) e la NATO di fronte al processo d'integrazione europea - The Common Foreign and Security Policy (CFSP) and NATO facing the EU integration

E’ una decisione politica quella che aspetta al varco l’Europa in questo nuovo contesto fatto di instabilità, in parte già accertata, in parte ancora tutta potenziale. Non a caso uno dei punti che è emerso con maggior chiarezza lungo l’annoso dibattito politico e i lavori preparatori della Convenzione che hanno portato alla nascita del Trattato per una Costituzione Europea firmato a Roma il 29 ottobre 2004, è la necessità di avere sempre "più Europa" nelle relazioni internazionali. Fino ad oggi la Politica Estera dell'Unione Europea (PESC CFSP) è risultata piuttosto dal comune denominatore delle singole politiche estere nazionali, l'azione esterna dell'Unione Europea è stata frammentata, e soltanto in casi eccezionali, è riuscita ad essere coerente ed unitaria. L'ambizione e l'efficienza di una rinvigorita PESC CFSP (Politica Estera e di Sicurezza Comune), anche di quella prefigurata dal nuovo Trattato costituzionale, non possono essere determinabili esclusivamente con formule istituzionali, ma dipendono dalla volontà politica di darle piena attuazione. Uno sforzo e un impegno a tutto campo, perché è sì vero che la più efficace politica estera dell’Unione Europea UE è finora stata quella economica e commerciale che passa per le Relazioni Esterne gestite dalla Commissione (DG RELEX), ma è anche vero che la scelta di una Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC CFSP) più marcatamente politica non vuole essere a detrimento di tali impegni, quanto invece volta a potenziarne l’efficacia, come la preannunciata riunione in una unica personalità delle due figure di Commissario per le Relazioni Esterne e Ministro degli Affari Esteri lascerebbe presagire. D’altronde non è nemmeno ipotizzabile, allo stato, l’automatica scomparsa delle Politiche Estere e di Difesa nazionali, ma è indubbio che una rinnovata Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC CFSP) miri ad introdurre la possibilità per gli Stati di organizzare una più pronta concertazione su determinati problemi di natura internazionale esprimendosi con una sola voce e, qualora essi lo ritengano opportuno, agendo di concerto. La pressione della situazione internazionale che storicamente ha influenzato la propensione dei paesi europei a unirsi in forme più o meno strette di integrazione è la stessa che nell’attuale contesto di instabilità spinge a che l’Europa determini autonomamente, in base ai valori di cui è portatrice e che vuole promuovere e condividere, quale debba essere il suo ruolo in una vita internazionale futura che intende mantenere ordinata e pacifica. Le strade verso una maggiore cooperazione con il suo storico partner (gli Stati Uniti d’America USA) e al suo interno sono in parte già tracciate e in alcuni tratti sono state raggiunte mete ormai irreversibili, proprio in funzione del Trattato Costituzionale della Unione Europea (UE EU). Con novità di sostanza come la personalità giuridica unica dell’Unione Europea (UE EU) che le permetterà di parlare a nome di tutti negli organismi internazionali come l’Onu (UNO), qualora i membri abbiano una posizione comune; la creazione di un Ministro degli Affari esteri, eletto a maggioranza qualificata, con competenze maggiori negli ambiti Pesc e Pesd (CFSP and CSDP), essendo previsto che presieda agli Affari Esteri del Consiglio dei Ministri e partecipi alle riunioni del Consiglio Europeo e come Vicepresidente a quelle della Commissione Europea, e che sostituisca con un mandato più lungo l’attuale meccanismo di rappresentanza semestrale. Sono inoltre previsti meccanismi decisionali più spediti, e l’introduzione della Cooperazione Strutturata per le missioni più impegnative e più strette in materia di Politica Estera. In altri termini, si è tracciata una Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC CFSP) di più alto profilo e di maggiore efficacia operativa come si ravvisa nell’art. 41 del Nuovo Trattato di Roma (29 ottobre 2004) dove si specifica la possibilità di utilizzare risorse civili e militari in missioni al di fuori dell’Unione Europea UE EU e per mantenere la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale in conformità ai principi della Carta delle Nazioni Unite. Inoltre, nel delicato ambito della PESD CSDP il Trattato di Roma ha previsto la costituzione progressiva di una Politica di Difesa Comune a partire da un’Agenzia unica per gli armamenti che ha preso corpo lo scorso anno (2003) su spinta, tutta intergovernativa, di Francia e Gran Bretagna. A prescindere dall’esito delle ratifiche, va comunque considerato che parti sostanziali di questi provvedimenti sono già state introdotte indipendentemente dal Trattato, attraverso preventive decisioni del Consiglio Europeo (EC European Council).

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INTRODUZIONE La Politica Estera e di Sicurezza Comune dell’Unione europea si presenta oggi con una forza impattante non comparabile sugli assetti di ieri, e comunque è avvertita come un’esigenza ineludibile a fronte dell’instabilità che regna in varie aree del mondo. In relazione alle quali l’Unione europea sente - e in qualche misura è arrivata a pensare di avere - l’obbligo politico e morale di porsi come un artefice efficace di sicurezza. Anche di quella altrui quale misura diretta della propria. Gli iniziali strumenti in materia di Politica Estera e di Sicurezza Comune, e in subordine di Difesa e Sicurezza collettiva, predisposti dapprima dal Trattato di Maastricht, meglio definiti poi dal Trattato di Amsterdam, da quello di Nizza del 2000 ed infine ancor più decisamente profilati nel Trattato per una Costituzione europea di Roma dell’ottobre 2004 - la cui fase di ratifica da parte dei 25 paesi membri richiederà non meno di due anni di paziente attesa - sono stati concepiti allo scopo di consentire all’Unione di poter tutelare i suoi interessi fondamentali, la propria indipendenza, i valori comuni sui quali ha eretto la sua sfida politica e civile nei confronti della sua storia più recente. Non è solo per destino geografico, o per meglio dire geopolitico, la ragione per cui la sicurezza europea rimane una questione ancora oggi centrale nel contesto politico internazionale. Con una differenza fondamentale però: che ieri l’Europa lo era in quanto soggetto passivo, sede prima di quei fattori di instabilità di cui avrebbe potuto esserne anche la sola e unica vittima designata nel confronto bipolare. E può apparire persino paradossale, come lo possono essere soltanto gli scherzi della storia, che proprio oggi che l’Europa si propone al mondo come modello di stabilità e di una convivenza pacifica ormai raggiunta, la stessa Europa - o almeno quell’ampia parte che si riconosce nei principi fondanti dell’Unione europea - non tanto debba, voglia e abbia anche l’autorevolezza per pensare di assumere un proprio profilo in politica estera, ma che possa essere anche arrivata a contemplare l’impiego autonomo della forza militare, se e qualora la strada seguita dagli Stati Uniti, la superpotenza superstite e colonna militare all’interno della NATO, portasse a destinazioni non politicamente compatibili e condivisibili col multilateralismo perseguito su scala europea. 8

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