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La democrazia ateniese tra realtà ed ideale

La parola democrazia deriva dal greco demokratia, demos (che vuol dire popolo) e kratos (che vuol dire forza, potere, dominio): questo termine allora significa governo del popolo, o meglio governo dell’Assemblea del popolo, per cui il potere era lasciato solo a quella parte della popolazione che aveva il diritto di riunirsi in Assemblea. Anche se poi, a dire il vero, nell’antica Grecia tale parola aveva una connotazione negativa; era un termine polemico e di lotta che rivelava il carattere aggressivo di questa forma di governo che veniva concepita come kratos, cioè come dominio esclusivo ed anche violento di una parte (il popolo) su quella avversaria. La democrazia di oggi è un sistema politico in cui, in primo luogo, per popolo si intende la totalità di tutti gli individui e per potere l’unificazione di tutte le forze, ossia la sovranità. In secondo luogo questo sistema è caratterizzato dalla tolleranza, cioè da una lotta politica in cui posizioni differenti si scontrano, ma senza violenza e prevaricazione e con reciproca accettazione. È quindi sbagliato indicare la nozione greca di democrazia facendo allusione al significato attualmente attribuito a tale espressione.Dal momento in cui Solone e Clistene attuarono le riforme della struttura civica e politica di Atene, la storia politica trovò una svolta straordinaria di cui forse oggi siamo ancora eredi: benché la loro democrazia possa essere definita ristretta (erano, infatti, esclusi dai diritti politici le donne, gli schiavi e gli stranieri residenti), questa nuova forma di governo si inserì stabilmente nell’alveo dei sistemi costituzionali fino ad allora esistenti.
Con questo lavoro si è cercato di rivivere la democrazia ateniese dalla genesi fino al suo declino con l’annessione all’impero macedone.
Solone nel VI secolo a.C. ebbe il merito di indirizzare lo Stato ateniese in una direzione che si potrebbe definire democratica e le riforme dei legislatori a lui successivi (Clistene ed Efialte) non ottennero altro che far germogliare il seme democratico fino al suo completo sbocciare con Pericle. Però il modello ateniese, tanto decantato dai suoi fautori, in realtà si trattava di una democrazia molto ristretta. Su una popolazione di circa 500 mila individui che vivevano stabilmente in Attica, solo una piccola parte godeva dei diritti civili (circa 40.000). Ma in realtà il numero di coloro che tenevano in mano le redini della polis era estremamente ristretto. Pochi oratori, che avevano la capacità di arringare la folla nel corso delle Assemblee e di far convergere i voti dei cittadini sulle loro proposte. Questi rhetores dovevano però avere molto tempo libero da dedicare alla politica e per farlo dovevano avere una attività lavorativa redditizia che non li impegnasse tanto. Per questo motivo, durante il V secolo, tra le fila degli oratori troviamo ricchi proprietari terrieri oppure mercanti, mentre nel IV secolo emergono artigiani arricchitisi con la loro attività. Tutti uomini che appartenevano alla classe dei ricchi. Si può quindi affermare che a livello teorico il modello ateniese fosse, sì una democrazia, perché permetteva a tutti i cittadini di partecipare alle decisioni politiche, ma di fatto vigeva un regime oligarchico in quanto furono pochi coloro che amministravano la politica della polis.
Però solo ricchezza e capacità non bastavano, per poter sopravvivere nel mare della politica era necessario acquisire il maggior prestigio e potere possibili. Questo si divideva in prestigio militare (che si acquistava con le vittorie durante le guerre) e in prestigio civile (quello che si riceveva svolgendo le liturgie); quest’ultimo era una conseguenza della ricchezza però, in quanto le liturgie erano svolte solo dagli appartenenti alle classi economicamente più forti. Quanto al potere, questo era indispensabile ed occorreva averne sempre più degli avversari politici, per non incorrere nei rischi dell’ostracismo e della graphè paranomon (ad es. Pericle non fu mai toccato in maniera diretta da questi provvedimenti, li subirono però personaggi a lui molto vicini).
Il modello democratico ateniese era giudicato dai filosofi del tempo come modello negativo, ed occorre chiedersi perché, considerando che ai nostri giorni la democrazia ha connotati positivi. Filosofi come Platone ed Aristotele elaborarono le loro teorie nel IV secolo a.C., quando ormai la polis aveva perso lo splendore degli anni periclei. Secondo loro le cause della decadenza di Atene erano da attribuire all’economicizzazione di Atene, al distacco del popolo dall’attività politica e al professionismo politico. Si sforzarono, quindi, di trovare delle alternative a questa situazione. Avrebbero voluto che la politica fosse amministrata solo da uomini capaci, il resto della cittadinanza avrebbe dovuto occuparsene solo in occasione delle elezioni periodiche per eleggere i “migliori” (un sistema molto vicino a quello moderno, dove la politica è svolta da rappresentanti professionisti).

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- 4 - PREFAZIONE «L’Italia è una repubblica democratica…» questo è l’incipit del primo articolo della nostra Costituzione. La democrazia quindi è la forma di governo che caratterizza lo Stato italiano, ed è anche il suo ideale politico. Un ideale che ha origini lontane, vecchie di 2500 anni. La democrazia, come sistema ed ideale politico, è nata infatti in Grecia nel VI secolo a.C. Proprio la parola democrazia deriva dal greco demokratia, che è l’unione di altre due parole, demos (che vuol dire popolo) e kratos (che vuol dire forza, potere, dominio): questo termine allora significa governo del popolo, o meglio governo dell’Assemblea del popolo, per cui il potere era lasciato solo a quella parte del popolo che aveva il diritto di riunirsi in Assemblea. Anche se poi, a dire il vero, nell’antica Grecia tale parola aveva una connotazione negativa; era un termine polemico e di lotta che rivelava il carattere aggressivo di questa forma di governo che veniva concepita come kratos, cioè come dominio esclusivo ed anche violento di una parte (il popolo) su quella avversaria. Il significato attuale, che ha origine nel costituzionalismo moderno di Rousseau, ha smarrito completamente ogni connotazione di questo tipo e palesa virtù affatto assenti nella nozione greca ed, anzi, opposte ad essa: la democrazia di oggi è un sistema politico in cui, in primo luogo, per popolo si intende la totalità di tutti gli individui e per potere l’unificazione di tutte le forze, ossia la sovranità. In secondo luogo questo sistema è caratterizzato dalla tolleranza, cioè da una lotta politica in cui posizioni differenti si scontrano, ma senza violenza e prevaricazione e con reciproca accettazione. È quindi sbagliato indicare la nozione greca di democrazia facendo allusione al significato attualmente attribuito a tale espressione. Cos’ha di così particolare la democrazia ateniese? Furono i Greci ad inventare il concetto (e la parola) “democrazia”, quale governo del popolo, e persino la politica, quale arte di conseguire decisioni mediante la discussione pubblica e di obbedire a quelle decisioni in quanto condizione necessaria per una convivenza civile. Forse esisterono altri modelli di democrazia anteriori a quello greco ma, per usare una celebre frase di Finley, «i Greci scoprirono la democrazia esattamente come Colombo, e non un navigatore vichingo, scoprì l’America». Dal momento in cui Solone e Clistene attuarono le riforme della struttura civica e politica di Atene, la storia politica trovò una svolta straordinaria di cui forse oggi siamo ancora eredi: benché la loro democrazia possa essere definita ristretta (erano, infatti, esclusi dai diritti politici le donne, gli schiavi e gli stranieri residenti), questa nuova forma di governo si inserì stabilmente nell’alveo dei sistemi costituzionali fino ad allora esistenti.

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