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Imprenditori e pizzo. L'associazione antiracket in Sicilia

Questa tesi si propone di analizzare l’incidenza, l’articolazione e il significato del “pizzo” per l’economia siciliana e approfondire l’esperienza dell’associazione antiracket, nata in Sicilia agli inizi degli anni ’90, ripercorrendone la sua storia dalla nascita fino ad oggi. Per far questo, ho ritenuto necessario, in primo luogo dedicare la prima parte del lavoro ad una analisi socio-economica della cosiddetta “mafia imprenditrice”, dagli anni Settanta ad oggi. Nell'organizzazione mafiosa, a partire dagli anni Settanta, alle attività tradizionali e “predatorie” si aggiungono le attività di reinvestimento dei capitali illeciti nei settori del commercio e del turismo, della ristorazione, dell’industria del divertimento e delle grandi catene commerciali, fino a giungere ai mercati immobiliari, alle finanziarie e persino alle aziende quotate in borsa. La mafia costruisce in tal modo i presupposti per un’organizzazione capillare criminale di tipo “imprenditoriale”, che fa del fenomeno mafioso una smisurata impresa economica di tipo transnazionale.Uno degli elementi che emerge con maggiore evidenza riguarda l’estendersi di quell’area, che potremmo definire della “collusione partecipata” e che investe buona parte della grande impresa.Le grandi imprese,soprattutto quelle impegnate nei lavori pubblici ma non solo,preferiscono venire a patti con la mafia piuttosto che denunciare i ricatti. Tutto ciò determina una simbiosi tra l’organizzazione mafiosa e il tessuto sano dell’economia,caratterizzata da interessi e scambi vantaggiosi,difficilmente attaccabili. La seconda parte del lavoro è dedicata alla descrizione del fenomeno del racket e delle conseguenze annesse. Il “pizzo” costituisce l’attività ordinaria e originaria della criminalità organizzata di stampo mafioso e permette di garantire la quotidianità all’organizzazione, accrescere il suo dominio,conferire un sempre più grande prestigio ai clan, misurare il tasso di omertà di una zona,di un quartiere o di una città intera.L’attività estorsiva mafiosa non rappresenta solo un “finanziamento” importante per la mafia,ma costituisce un gravissimo condizionamento di tipo economico e sociale, con pesanti conseguenze sulle relazioni sociali, gli assetti istituzionali e le possibilità di sviluppo economico.
Attraverso questo approccio dal generale allo specifico, si descrive l’incidenza della mafia sull’economia siciliana dagli anni Settanta 70 ad oggi e,successivamente, l’incidenza che il racket delle estorsioni ha avuto e tuttora detiene sul singolo operatore economico, sull’ economia in generale e sulla stessa mafia.La forza della mafia è dovuta anche e soprattutto al radicamento socio-culturale dell’organizzazione nel tessuto della società civile. La società civile, fino alla fine degli anni ottanta,appare chiusa nell’omertà e nella rassegnazione alle dinamiche di sopraffazione sociale messe in atto dalla mafia.Gli anni '90 rappresentano l’inizio di un’inversione di tendenza che, in alcuni contesti territoriali, coincide con la mobilitazione e organizzazione della società civile in modo da poter esercitare una concreta opposizione al sistema mafioso radicato sul territorio. La terza parte del lavoro descrive appunto il processo che,dalla nascita della prima associazione antiracket, ha condotto all’espansione del movimento su scala nazionale. Nel 1991, a Capo d’Orlando, sette commercianti danno vita alla prima associazione antiracket denominata “ACIO”.Il movimento sorge con la specifica finalità di combattere efficacemente il racket delle estorsioni, garantendo quelle condizioni di sicurezza, per l’attività economica e per l’individuo che la svolge,indispensabili per l’esercizio della libera impresa.Pochi mesi dopo, i commercianti di Capo d’Orlando, rappresentati dall’associazione antiracket,denunciano e portano alla condanna per associazione mafiosa e tentata estorsione tredici imputati. L’evento assume un valore simbolico di grande spessore e, seguendo l’esempio di Capo d’Orlando,il movimento inizia a diffondersi in diverse realtà locali siciliane e su scala nazionale. In questa parte vengono descritte le attività svolte dall’associazione e, soprattutto, le novità che il movimento ha apportato nel modo di fare antimafia, anche in campo legislativo, facendo riferimento soprattutto al passaggio dalla legge “Grassi” del 1992 alla legge 44/1999. Infine, si rivolge lo sguardo ai risultati raggiunti, dedicando attenzione alle nuove proposte avanzate. Il quarto capitolo è dedicato all’analisi dei risultati di un’indagine sul campo,svolta attraverso la somministrazione di interviste non strutturate ad imprenditori siciliani,appartenenti all’associazione antiracket,al Sindaco di Gela,Rosario Crocetta,e all’ex Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, Giambattista Scidà. ( la mancanza di alcuni "spazi" è data dal limite di caratteri)! n.b: la tesi ha avuto anche un riconoscimento locale ( "Papiro d'argento") e ha avuto la valutazione di 9 punti su 9)

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4 INTRUDUZIONE Questa tesi si propone di analizzare l’incidenza, l’articolazione e il significato del “pizzo” per l’economia siciliana e approfondire l’esperienza dell’associazione antiracket, nata in Sicilia agli inizi degli anni ’90, ripercorrendone la sua storia dalla nascita fino ad oggi. Per far questo, ho ritenuto necessario in primo luogo dedicare la prima parte del lavoro ad una analisi socio-economica della cosiddetta “mafia imprenditrice”, dagli anni Settanta ad oggi. L’azione della mafia non si può ridurre ad un “semplice”, seppur illecito arricchimento. L’organizzazione mafiosa è sempre riuscita a trovare le modalità più idonee per penetrare il sistema produttivo dei contesti territoriali in cui viene ad operare, mantenendo una costante capacità di adattamento alla sua evoluzione economica, facendone il perno per il controllo del territorio. A partire dagli anni Settanta, alle attività tradizionali e “predatorie” si sono aggiunte le attività di reinvestimento dei capitali illeciti nei settori del commercio e del turismo, della ristorazione, dell’industria del divertimento e delle grandi catene commerciali, fino a giungere ai mercati immobiliari, alle finanziarie e persino alle aziende quotate in borsa. La mafia costruisce in tal modo i presupposti per un’organizzazione capillare criminale di tipo “imprenditoriale”, che fa del fenomeno mafioso una smisurata impresa economica di tipo transnazionale. Uno degli elementi che emerge con maggiore evidenza riguarda l’estendersi di quell’area, che potremmo definire della “collusione partecipata” e che investe buona parte della grande impresa. Le grandi imprese, soprattutto quelle impegnate nei lavori pubblici ma non solo, preferiscono venire a patti con la mafia piuttosto che denunciare i ricatti. Tutto ciò determina una simbiosi tra l’organizzazione mafiosa e il tessuto sano dell’economia, caratterizzata da interessi e scambi vantaggiosi, difficilmente attaccabili. La seconda parte del lavoro è dedicata alla descrizione del fenomeno del racket e delle conseguenze annesse. Il “pizzo” costituisce l’attività ordinaria e originaria della criminalità organizzata di stampo mafioso e permette di garantire la quotidianità all’organizzazione, accrescere il suo dominio, conferire un sempre più grande prestigio ai clan, misurare il tasso di omertà di una zona, di un quartiere o di una città intera. Il condizionamento mafioso attraverso l’attività estorsiva non rappresenta solo un “finanziamento” importante per la mafia, ma costituisce una gravissima

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