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Il suicidio in carcere: analisi di alcuni istituti penitenziari sardi

Con il presente elaborato si è voluto indagare sul fenomeno suicidario all'interno degli istituti penitenziari italiani ed in particolare quelli sardi. Sono state analizzate le principali patologie legate alla morte volontaria, il contesto ambientale di tre specifici istituti penitenziari della Sardegna: la C.C. di Sassari San Sebastiano, la Casa penale di Alghero e la C.C. di Iglesias ed è stata effettuata un’indagine empirica all’interno degli istituti stessi. Si è cercato di mettere in luce eventuali comunanze o differenze sui fattori rischiogeni dei diversi ambienti esaminati, in modo da comprendere se e quali elementi strutturali e contestuali della detenzione contribuiscano o meno alla genesi o al rafforzarsi del sentimento di malessere nei detenuti, degli intenti suicidari o di quelli autolesionisti.
Le ragioni dell'atto suicida non sono semplici da trovare. Esse, infatti, da una parte affondano le proprie radici nei più disparati contesti in cui si muove un individuo come quello familiare, sociale e culturale; dall'altra invece, nelle patologie psico-fisiche legate alla tossico-dipendenza e all'HIV, nonché in malattie psichiatriche quali: i disturbi dell'umore (depressione, mania, bipolarismo) la schizofrenia, l’abuso o dipendenza da sostanze (alcol, droghe e/o farmaci), i disturbi di personalità borderline e antisociale. Ecco come l'intreccio di questi diversi e molteplici fattori può dare origine all'intento suicidario, compromettendo le difese della mente e indebolendone la capacità di adattamento, di per se problematico soprattutto in condizioni come quelle detentive.
Tali situazioni sono confermate dalla elevata presenza di suicidi, tentati suicidi, atti di autolesionismo e proteste, che all'interno delle carceri si realizzano in misura maggiore rispetto alla comunità di riferimento, così come ribadito dalla stessa World Health Organization nella prevenzione sul suicidio in carcere.

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5 Introduzione L‟Organizzazione Mondiale della Sanità considera il suicidio un problema di sanità pubblica. Se tale fenomeno, come vedremo, si amplifica notevolmente all‟interno delle istituzioni totali ed in particolar modo nelle carceri, bisogna necessariamente considerarlo come campanello d‟allarme di più profonde problematiche a livello sociale, ambientale, sanitario e psicologico. Oggigiorno le istituzioni carcerarie di tutto il mondo ed in particolare degli Stati Uniti d‟America e dell‟Europa, accolgono spesso e per la maggior parte persone provenienti da contesti sociali di marginalità (povertà e tossicodipendenze) ove si riproducono quelle problematiche di vita che possono portare a reiterare nel tempo piccole devianze ed illeciti che vengono puniti sempre più severamente. Come vedremo, proprio le politiche penali odierne incardinate sul concetto di “repressione” travestita da “prevenzione”, puntano a colpire (direttamente o indirettamente) maggiormente tali fasce più deboli della popolazione. Provenendo già da contesti abbastanza difficili dal punto di vista socio-economico, nel momento in cui entrano in un luogo come il carcere (di per sé problematico) sono necessariamente esposti a maggiore vulnerabilità e rischiosità rispetto al nuovo ambiente in cui sono coattamente reclusi. E' in questo momento che l'istituzione e gli operatori che vi lavorano (dagli educatori ai volontari, dalle associazioni no profit agli insegnanti, dagli psicologi agli agenti di custodia) che si fanno carico della vita di un individuo dovranno prestare particolare attenzione e considerarlo in toto con tutte le sue caratteristiche personali e le sue eventuali difficoltà adattative, in modo da cercare di garantire un buon percorso carcerario dall'inizio alla fine ed ottemperare in tal modo alla richiesta Costituzionale di rieducazione del condannato (Art.27 Cost.) e soprattutto all‟art. 1 delle European Prison Rules che recita: “La privazione della libertà deve eseguirsi in condizioni materiali e morali che assicurino il rispetto della dignità umana[…]”. Chiaramente oggi come oggi, considerata la poca disponibilità di risorse sia in termini finanziari che di organico, il sovraffollamento, nonché la fatiscenza delle strutture che arrivano spesso ai limiti dell'igiene e della vivibilità umana, rende difficile il compito rieducativo e risocializzante cui è preposta la struttura stessa. Per questo motivo, nucleo del presente elaborato, sarà in particolar modo la condizione di detenzione vista dalla prospettiva di alcune delle persone detenute, compiendo un indagine empirica presso tre istituti della Sardegna cercando di capire se effettivamente le condizioni ambientali di

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