Il primo allargamento della NATO del dopo-Guerra Fredda
Nel 1990, con la fine della Guerra Fredda ed il successivo crollo dell’URSS, la NATO, contrariamente a tutte le altre alleanze che si scioglievano non appena era portato a termine il compito per cui erano state stipulate, riuscì ad andare oltre l’imput iniziale (la minaccia sovietica), e ad estendere – e non contrarre – obiettivi e membership. A partire dall’elaborazione del Nuovo Concetto Strategico, nel novembre 1991, in un processo “step-by-step” deciso dall’amministrazione Clinton, la NATO realizzò una radicale “riorientazione” del suo approccio a questioni di tipo militare, dottrinale e strutturale, procedendo verso un graduale miglioramento dei rapporti con i Paesi dell’ex Patto di Varsavia, passando attraverso il lancio del North Atlantic Cooperation Council (NACC), come forum di discussione tra Est ed Ovest, il Democratic Enlargement e il progetto di Partnership for Peace, del gennaio 1994. Con lo “Studio Sull’allargamento”, pubblicato nel settembre 1995, si decisero, infine, le linee-guida di questo progetto, che s’inseriva perfettamente all’interno della lunga saga della Guerra Fredda, dove il primo capitolo vedeva la spartizione del mondo in due distinte sfere d’influenza; il secondo, la sconfitta di una delle due superpotenze del globo, in seguito ad una guerra di logoramento; ed il capitolo finale era rappresentato dall’assorbimento dei Paesi dell’Europa centro-orientale da parte delle strutture occidentali. Nel frattempo, i tre nuovi, futuri membri dell’Alleanza Atlantica – Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca –, a partire dalla caduta dell’impero sovietico e il ritiro dell’Armata Rossa dai loro territori, nel 1991, sino all’ingresso nella NATO, appena otto anni dopo, procedettero ad un lento, ma inesorabile, processo di democratizzazione e transito ad un’economia di mercato. Tutti e tre cercarono di adempiere gli obblighi imposti dal progetto di Partnership for Peace ed armonizzare i loro eserciti con le forze NATO, ammodernandoli ed attrezzandoli con una tecnologia al passo con i tempi, operando spesso in difficili situazioni di arretratezza e con budget della difesa minimi, che resero l’intero processo alquanto superficiale e limitato. L’ingresso nella NATO fu, ad ogni modo, considerato da tutti i governi post-comunisti di questi tre Paesi, una priorità da perseguire, anche a costo di enormi sacrifici, e un’opportunità da cogliere al volo per entrare a far parte delle strutture di sicurezza occidentali. La reazione della Russia al progetto di allargamento dell’Alleanza Atlantica fu di netta opposizione, malgrado le ripercussioni geostrategiche effettive di un simile progetto sulla realtà russa fossero minime; quella dell’Europa (eccezion fatta per la Germania) fu di quasi totale indifferenza, benché i guadagni in termini di stabilità nella regione finissero col beneficiarli.
L'importanza apparentemente secondaria rispetto agli interessi vitali degli Stati Uniti di paesi come l’Ungheria, la Repubblica Ceca e la Polonia, può essere meglio compresa all'interno di un processo finalizzato al completo reinserimento della Germania unificata nelle strutture occidentali. L’allargamento non fu realizzato per scopi militari: l’ingresso dei tre paesi dell’Europa centro-orientale non avrebbe apportato all’Alleanza grandi benefici in quest’ambito, ma solo modesti contributi. Il vero guadagno, per la NATO e per gli Stati Uniti, risiedeva nell’arena politica: il loro ingresso avrebbe permesso di cancellare il pesante lascito della passata dominazione sovietica e, al tempo stesso, di creare un ambiente più omogeneo, più unito ed integrato, permettendo all’Europa di rafforzarsi e diventare un valido partner per gli Stati Uniti, in un futuro non troppo remoto.
L’ampliamento della NATO non era un evento destinato a completarsi con Washington, ma piuttosto un processo aperto e continuo. Gli Alleati vollero sempre sottolineare la possibilità per altri nuovi membri di entrare a farne parte, purché essi fossero realmente in grado di sostenere i principi del Trattato e di contribuire alla sicurezza nell’area euro-atlantica. Benché l’Alleanza non sia ancora la “soluzione globale” a tutte le sfide di questo mondo, essa è quanto di meglio abbiamo a disposizione per gestire alcuni rischi e molte delle crisi nello spazio euro-atlantico, deve dunque funzionare come uno strumento dall’identità multipla, buono per tutte le stagioni.
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Informazioni tesi
Autore: | Alessandro Martina |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze Internazionali e Diplomatiche |
Relatore: | Marco Cesa |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 210 |
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