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Identità e cittadinanza: il diritto di ospitalità in una prospettiva storico-politica

La tesi si propone di suggerire un originale percorso di lettura sul tema dell’ospitalità, in considerazione del fatto che ancora oggi, in un momento in cui le scienze umane tentano con fatica di ridisegnare le proprie griglie concettuali e di predisporre nuovi strumenti d’indagine per far fronte ai cambiamenti politici e sociali indotti dal processo di globalizzazione, questo concetto – l’ospitalità appunto – sembra contenere in sé tutti gli elementi necessari per un ripensamento su alcuni aspetti del dibattito socio-politico contemporaneo.
Il lavoro parte dal tentativo di definizione del concetto in esame, cercando di mettere in evidenza la stretta connessione tra l’ambito antropologico e il problema “politico” dell’ospitalità: in questo senso si nota come il tema in questione possa essere considerato come la conditio sine qua non della comunicazione , il fondamentale punto di partenza per un incontro tra “diversi”.
Nel secondo capitolo si fa un esplicito richiamo ad alcuni ambiti teorici che sembrano necessariamente intersecarsi con il problema più squisitamente politico dell’ospitalità: l’analisi si sofferma brevemente sul tema dell’identità politica e sui meccanismi che l’idem sentire di una collettività mette in atto ogni volta che si trova a “fare esperienza dell’altro” e quindi sul ruolo insostituibile che lo straniero (non solo come individuo ma anche in quanto “categoria concettuale”) svolge nei panni di vero “capro espiatorio”, permettendo di tracciare i confini che separano il dentro dal fuori, l’appartenenza dall’esclusione.
Il terzo capitolo tenta di mostrare come il concetto di ospitalità sia confluito nella riflessione storico-politica a partire dalla scoperta dell’America: l’ospitalità come “diritto degli stranieri” e punto di congiunzione tra ambito giuridico e filosofico.
Attraverso la selezione di alcuni autori quali Vitoria, Grozio, Pufendorf e Smith, il diritto di ospitalità trova spazio all’interno di un campo discorsivo piuttosto articolato che comprende il commercio, il diritto naturale, il diritto internazionale e il problema delle colonie e “dell’incontro con l’altro”: in questo senso si ha modo di notare la continua tensione intercorrente tra un diritto di ospitalità di volta in volta inteso come “diritto dei conquistatori” o “diritto dei conquistati”.
Il quarto capitolo è dedicato all’analisi della questione in Immanuel Kant, tappa obbligata e ideale anello di congiunzione tra le linee del dibattito precedente e quelle del dibattito successivo. Dopo una breve parentesi sulle premesse teoriche e filosofiche della complessa struttura argomentativa kantiana, il discorso si sofferma sui fondamenti politici del suo progetto cosmopolitico: da questo punto di vista si osserva come l’originalità di Kant non consista tanto nei contenuti a dire il vero piuttosto scarni del terzo articolo definitivo per la pace perpetua, quanto piuttosto nel cambiamento di prospettiva operato dal filosofo di Königsberg, e in particolare nel passaggio da una dimensione eurocentrica ad una dimensione universale che passa attraverso il riconoscimento dell’individuo come titolare di un diritto cosmopolitico a prescindere dall’autorità giuridica statale.
Infine, il quinto ed ultimo capitolo si sviluppa lungo tre direttive fondamentali, proprio a partire dalle implicazioni filosofico-politiche del discorso kantiano. In primo luogo ci si sofferma sul “discorso della cittadinanza” oggi come elemento di partecipazione politica indispensabile, cercando di cogliere le possibili relazioni con gli aspetti dell’ospitalità considerati precedentemente.
In secondo luogo vengono presentati gli elementi ricorrenti del dibattito attuale sul problema della ridefinizione degli spazi politici in un’epoca in cui le scienze sociali tentano di confrontarsi con le sfide della post-modernità (e nel far questo però, si sottolineano i possibili rischi metodologici e di contenuto insiti in un simile tentativo).
Infine, il tentativo di fornire una possibile risposta al “dilemma dell’ospitalità universale”, prende le mosse dal contributo di Jacques Derrida ed in particolare dalla proposta filosofica di un possibile ripensamento della tradizionale opposizione insita nella coppia concettuale identità-alterità. In questo modo si cerca di dimostrare come l’ospitalità, come categoria concettuale, si ponga come uno “spazio interrogativo” irrinunciabile se si vuole uscire dai rigidi schemi in cui troppo spesso sembra essere inserita la riflessione filosofico-politica contemporanea.

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V INTRODUZIONE Alla vigilia della partenza, ogni viaggiatore che si rispetti sa che inevitabilmente andrà incontro ad alcuni rischi. D’altronde, non partire significherebbe in qualche modo rinunciare al piacere della conoscenza. Senza voler per questo avere la presunzione di indossare l’abito di un novello Ulisse, confesso che la motivazione forte che mi ha indotto ad intraprendere questo viaggio è stata innanzitutto la curiosità. Quella stessa curiosità che, grazie ai ripetuti scambi di opinione con il professor Luca Scuccimarra, ha segnato via via le tappe del percorso che mi accingo a compiere. Non nascondo poi che, nel caso di specie, trovandomi ad affrontare un percorso di ricerca che si pone l’obiettivo di far luce sul diritto di ospitalità, le tentazioni siano forti e molteplici. Di fatto, per ogni singolo aspetto del problema, si celano dietro l’angolo infinite sirene pronte a richiamare l’attenzione e ad aprire le porte a mondi vastissimi, in cui sarebbe fin troppo facile smarrirsi. L’ospitalità è questione antichissima e probabilmente non c’è scienza umana che non ve ne sia occupata. A maggior ragione, allora, potrebbe ritenersi vano qualsiasi tentativo di raccogliere elementi che depongano a favore di una ricostruzione coerente del problema.

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