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Esercizio non autorizzato della sovranità statale in territorio straniero. Il caso del sequestro internazionale.

E’ incontestato in dottrina che il mezzo coercitivo del sequestro internazionale costituisce violazione della sovranità territoriale quando lo svolgimento di questa attività non è autorizzata da parte dello Stato territoriale. Pertanto il compimento di un’attività di questo tipo rappresenta un caso di illecito internazionale da parte dello Stato al quale l’attività stessa sia imputabile nei confronti dello Stato territoriale. La violazione di una norma del diritto internazionale generale costituisce una condotta illecita che genera a carico dello Stato che l’ha posta in essere ulteriori obblighi internazionali cui si contrappongono corrispondenti diritti dello Stato leso, in relazione alla cessazione e alla riparazione degli effetti dannosi con essa prodotti.
Pur tuttavia per diversi motivi la pratica del sequestro internazionale è diventata sempre più diffusa, fino a raggiungere il culmine dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti.
Pertanto nelle tante questioni sorte si è fatto ricorso per dare giustificazione al sequestro a svariate motivazioni caso per caso. Si è addotto il diritto d’inseguimento terrestre; lo specifico ruolo delle persone che hanno effettuato la cattura, se agenti o meno; la collaborazione attiva o passiva dello Stato territoriale nella cattura.
Si sono sviluppate vere e proprie dottrine che pur riconoscendo la violazione della sovranità di un altro Stato in qualche modo hanno cercato di regolamentare la pratica del sequestro. Tra queste la dottrina Ker-Frisbie che, pur ammettendo la violazione della sovranità territoriale, afferma che la violazione di questo obbligo non costituisce un motivo tale da non consentire ai tribunali di esercitare la giurisdizione sugli accusati, a prescindere dalla maniera in cui l’accusato è stato portato davanti a loro. I giuristi americani, con questa dottrina, fanno propria la massima latina male captus, bene detentus. Questa dottrina, tranne poche eccezioni quali il caso Rauscher e il caso Toscanino, è tuttora vigente negli Stati Uniti dove è stata riaffermata di recente col processo Alvarez-Machain ed è anche sostenuta in altri Stati.
Gli Stati Uniti successivamente agli attentati dell’11 settembre hanno considerevolmente aumentato la pratica dei sequestri internazionali per rendere inoffensivi in maniera veloce e efficiente un gran numero di terroristi. I criminali, secondo una procedura che prende il nome di “extraordinary rendition”, vengono spediti in Stati diversi dagli Stati Uniti per evitare le leggi statunitensi che prescrivono un giusto processo e proibiscono le torture.
La illiceità del sequestro è stata del tutto posta fuori discussione dalle attuali dichiarazioni e comportamenti di politica estera dell’Amministrazione Bush, in quanto il sequestro internazionale viene oggi giustificato da motivi di auto-difesa.
Pertanto al di là dei concetti che condannano la liceità del sequestro internazionale, la storia e i comportamenti dimostrano che detta pratica, lungi dallo scomparire, è attualmente molto seguita e trova un suo punto di giustificazione nella sicurezza statunitense. Alcuni studiosi, inquadrando il sequestro col potere dell’esecutivo di modificare o addirittura trasgredire norme di diritto internazionale consuetudinario, arrivano a considerare perfettamente lecita questa pratica.

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1 Introduzione Secondo il diritto internazionale la sovranità statale consiste nel diritto dello Stato di esercitare esclusivamente il proprio potere d‟imperio nell‟ambito del proprio territorio e sui propri cittadini. La sovranità dello Stato si afferma soltanto in rapporto a determinate e limitate cerchie spaziali e nei confronti dei gruppi sociali in tali cerchie stanziati. Pertanto esiste da parte dello Stato il diritto di godere appieno del proprio territorio e di conseguenza un corrispettivo obbligo rivolto agli altri Stati di astenersi dall‟esercitare il proprio potere nel territorio di un altro Stato. Nella pratica internazionale non viene mai in evidenza il diritto soggettivo dello Stato di godere appieno del proprio territorio, ma emerge solamente il corrispettivo obbligo degli altri Stati di astenersi dall‟esercitare il proprio potere statale in territorio estero. La sovranità non appare mai evocata al fine di stabilire e di discutere il diritto soggettivo di uno Stato ad esercitarla nel suo insieme e nei confronti degli altri Stati, bensì soltanto al fine di discutere e di precisare la portata di limitazioni al suo esercizio, derivanti da regole internazionali generali o particolari. Lo svolgimento di attività non autorizzate da parte di uno Stato in territorio estero rappresenta l‟unica espressione suscettibile di

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Parole chiave

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