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L'analisi del portiere di calcio moderno

Il gioco del calcio è in continua evoluzione, e con esso anche l'interpretazione del ruolo del portiere. Le modifiche dei regolamenti, degli stadi e delle attrezzature sono state attuate al fine di migliorare lo spettacolarità di questo sport. E' aumentata la velocità di gioco e si sono ridotte le pause, facendo si che un giocatore seppur tecnico non possa prescindere da un ottima forma fisica.
Per meglio capire l’evoluzione di questo ruolo dobbiamo conoscerne il passato: nel lontano 1871 la figura del portiere era più simile a quella di un rugbista, poiché era concesso a un solo giocatore di poter portare la palla con le mani fino al centrocampo.
Quattro anni dopo, nel 1875, questa particolare concessione venne limitata fino all'area di rigore, inoltre alle porte venne aggiunta la traversa a 2,44 m di altezza per 7,32 m di larghezza, in pratica le misure della porta di oggi. Fu così che questo nuovo giocatore iniziò a specializzarsi nell'allenamento di quelle abilità che impedissero al pallone di finire in porta, creando la prima vera e propria figura del portiere.
Figura che venne ulteriormente modificata nel tempo fino alla più recente regola del 1 luglio 1992, che vieta al portiere di prendere la palla con le mani in seguito a un retropassaggio volontario effettuato con i piedi, pena un calcio di punizione indiretto nel punto in cui è avvenuta l'infrazione. Se in passato il portiere era estraniato dal gioco di squadra, ovvero era colui che per concetto distruggeva l’armonia di gioco soprattutto nei minuti finali, quando interveniva con le mani sui continui retropassaggi atti proprio a far perdere tempo; ora, in seguito alla modifica del 1992, dovrà possedere una discreta tecnica podalica che gli consenta di effettuare un passaggio preciso al compagno nella posizione migliore, conoscendo inoltre le tattiche di squadra per poterlo effettuare nel minor tempo possibile, evitando spiacevoli conseguenze dovute al pressing avversario.
E' quindi di fondamentale importanza che in allenamento, già partendo dal settore giovanile, si insegnino al estremo difensore tutti i gesti che potranno verificarsi in partita, permettendogli un intervento sempre più tempestivo. Lo studio e l’approfondimento di questo tema mi sta particolarmente a cuore poiché in passato avendo rivestito personalmente tale ruolo, ho compreso sulla mia stessa pelle, quanto fosse limitante per la formazione calcistica di un portiere concentrarsi solo sui fondamentali di porta.
Inoltre, per le squadre professioniste è possibile integrare all’ allenamento anche gli strumenti di "match analysis", per analizzare le varie situazioni tattiche, che poi ripetute più volte sul campo, portano tutti gli interpreti della squadra a muoversi sinergicamente con i propri compagni. Tutti questi movimenti quotidianamente ripetuti creeranno degli automatismi nel portiere che saprà poi adattarsi perfettamente alla tattica di squadra.
Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare, tramite la match analysis, le prestazioni di 6 attuali portieri professionisti, che verranno poi confrontate con lo stereotipo del portiere del passato; per dimostrare come negli anni il ruolo del portiere si sia evoluto, passando da semplice guardiano della porta a vero e proprio elemento della squadra, rientrando anche negli schemi offensivi del team e non solo in quelli di difesa.
Si valuteranno quindi le componenti tecniche podaliche e le componenti tattiche che trasformano l'estremo difensore in un giocatore offensivo aggiunto.

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1 INTRODUZIONE Il gioco del calcio è in continua evoluzione, e con esso anche l'interpretazione del ruolo del portiere. Le modifiche dei regolamenti, degli stadi e delle attrezzature sono state attuate al fine di migliorare lo spettacolarità di questo sport. E' aumentata la velocità di gioco e si sono ridotte le pause, facendo si che un giocatore seppur tecnico non possa prescindere da un ottima forma fisica. Per meglio capire l’evoluzione di questo ruolo dobbiamo conoscerne il passato: nel lontano 1871 la figura del portiere era più simile a quella di un rugbista, poiché era concesso a un solo giocatore di poter portare la palla con le mani fino al centrocampo. Quattro anni dopo, nel 1875, questa particolare concessione venne limitata fino all'area di rigore, inoltre alle porte venne aggiunta la traversa a 2,44 m di altezza per 7,32 m di larghezza, in pratica le misure della porta di oggi. Fu così che questo nuovo giocatore iniziò a specializzarsi nell'allenamento di quelle abilità che impedissero al pallone di finire in porta, creando la prima vera e propria figura del portiere. Figura che venne ulteriormente modificata nel tempo fino alla più recente regola del 1 luglio 1992, che vieta al portiere di prendere la palla con le mani in seguito a un retropassaggio volontario effettuato con i piedi, pena un calcio di punizione indiretto nel punto in cui è avvenuta l'infrazione. Se in passato il portiere era estraniato dal gioco di squadra, ovvero era colui che per concetto distruggeva l’armonia di gioco soprattutto nei minuti finali, quando interveniva con le mani sui continui retropassaggi atti proprio a far perdere tempo; ora, in seguito alla modifica del 1992, dovrà possedere una discreta tecnica podalica che gli consenta di effettuare un passaggio preciso al compagno nella posizione migliore, conoscendo inoltre le tattiche di squadra per poterlo effettuare nel minor tempo possibile, evitando spiacevoli conseguenze dovute al pressing avversario. E' quindi di fondamentale importanza che in allenamento, già partendo dal settore giovanile, si insegnino all' estremo difensore tutti i gesti che potranno verificarsi in partita, permettendogli un intervento sempre più tempestivo. Lo studio e l’approfondimento di questo tema mi stà particolarmente a cuore poiché in

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