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Quando assistere è un sorriso donato

Scopo di questa tesi è stato quello di approfondire, anche attraverso ricerche scientifiche, l’importanza che la terapia del sorriso ha come elemento cardine della relazione d’aiuto nel bambino ospedalizzato, soprattutto in quello onco-ematologico.
Spesso durante l’assistenza ci si concentra più sulle attività di routine da dover svolgere tralasciando quella che è invece la relazione d’aiuto che può essere definita come quel rapporto interpersonale che intercorre tra terapeuta e assistito con il fine di favorire la crescita e la consapevolezza della persona. La relazione di aiuto non è un processo che si instaura spontaneamente ma si crea e si sostiene attraverso la fiducia che l’assistito acquisisce nei confronti del terapeuta. Ciò permette di capire che il fulcro di una relazione è la qualità con la quale essa si instaura.
Tutti noi, di fronte a qualsiasi situazione che si proietta nella nostra vita, esprimiamo i nostri bisogni, paure e difficoltà nei confronti di persone verso le quali nutriamo fiducia, ciò avviene ancor di più nei bambini.
È risultato evidente come l’ospedalizzazione in età pediatrica, può essere fonte di traumi, che spesso nei bambini più piccoli portano ad atteggiamenti regressivi mentre in quelli più grandi e negli adolescenti mettono a dura prova le capacità individuali di adattamento acquisite nel corso della loro vita.
Per il bambino il ricovero in ospedale è un episodio straordinario e inatteso che porta a tutta una serie di modifiche nelle sue abitudini di vita: le uscite con i compagni di scuola, la separazione dalla madre e dalla famiglia, il ripetuto ricorso a pratiche diagnostiche e terapeutiche che spesso nel setting onco-ematologico pediatrico risultano essere invasive; tutto ciò determina nel piccolo assistito sentimenti di solitudine, disperazione, confusione e rabbia.
Data la consapevolezza ormai acquisita dell’avvenire di queste situazioni e dei riscontri negativi che esse comportano, questa tesi nel suo piccolo, ha voluto trasmettere l’importanza che la terapia del sorriso ha nel suscitare allegria, felicità e sorrisi all’ interno dei reparti di onco-ematologia pediatrica così da cercare di donare al bambino ciò che ha perso con la malattia: il sorriso vero e spensierato caratterizzante l'infanzia, facilitando così l’instaurarsi della relazione d’aiuto. La repulsione che il bambino spesso ha nei confronti del clima ospedaliero che si presenta frequentemente come ambiente cupo, triste e anonimo rende all’infermiere difficile relazionarsi in maniera efficace. Ricerche scientifiche hanno dimostrato come un valido strumento da adottare per creare un clima relazionale efficace è quello di inserire all’interno del processo di nursing non solo interventi farmacologici che possano lenire il dolore ma anche interventi non farmacologici come la terapia del sorriso che si è dimostrata efficace nella riduzione dell’ansia, del dolore e dello stress. La grande scoperta di come questa semplice azione, che si spera tutti compiano almeno una volta al giorno, potesse diventare addirittura anche una terapia per l’accelerazione del processo di guarigione fu sperimentata per la prima volta da Norman Cousins. La storia di questo giornalista ha suscitato la curiosità di approfondire questo tema e di capire, come i meccanismi biologici del sorriso, potessero avere degli effetti così potenti su stress, dolore e risposta immunitaria. Altro aspetto che è stato ritenuto importante riportare in questo elaborato è stata l’integrazione della terapia del sorriso all’interno di due piani assistenziali riferiti al bambino onco-ematologico. Infatti, dall’analisi dei lavori scientifici presi in esame è emerso che, seppure gli effetti di questa tecnica siano convalidati, il personale sanitario presenta dei paradigmi nel suo utilizzo proprio perché si tende maggiormente a pianificare degli interventi assistenziali per garantire il ripristino della funzionalità del singolo organo deficitario perdendo di vista invece l’assistenza basata sul modello bio-psico-sociale in cui emergono anche gli aspetti relazionali composti da empatia, buona comunicazione, tecniche educative e strategie di empowerment.
Il codice deontologico all'articolo due definisce come interventi specifici della professione infermieristica anche interventi relazionali che però non possono essere mossi da pietas o intuizione e nemmeno improvvisati ma incorniciati in un quadro di scienza, metodo e scopo.
Questa tesi, quindi, è volta ad evidenziare come, nel processo di cura al bambino, e non solo, la "terapia del sorriso" può essere per l’infermiere uno strumento valido da adottare per creare un clima relazionale efficace.

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34 3.2 La percezione del dolore nel bambino La capacità di comunicare una situazione di dolore o sofferenza può favorire l’adozione di strumenti farmacologici e procedure analgesiche atte a combattere il dolore. L’incapacità dell’assistito a esplicitarlo o a esserne cosciente, lo espone a sofferenze che possono prolungarsi nel tempo. Il neonato e più in generale i bambini, sono da questo punto di vista una categoria particolarmente vulnerabile. Il problema nell’identificazione e nella misurazione del dolore nel bambino può e deve essere affrontato e superato soprattutto ora che evidenze sperimentali in modelli animali dimostrano che l’esperienza precoce di situazioni o procedure dolorose può provocare effetti a lungo termine quali un’iper o ipoalgesia, disturbi del sonno, difficoltà nell’apprendimento, problemi del comportamento alimentare e difficoltà a controllare il comportamento. Dal punto di vista del bambino, una ridotta sensibilità al dolore può favorire lesioni, mentre un’ipersensibilità potrebbe portarlo ad evitare situazioni quotidiane che possono provocargli dolore. Nel corso della malattia oncologica in età pediatrica vi è un’alta incidenza di dolore: in più del 50% dei casi è presente fra i sintomi d’esordio e la percentuale aumenta durante il decorso della malattia. Sono diverse le cause di dolore che spesso tendono ad essere coesistenti: nella maggior parte dei casi il dolore è dovuto alla neoplasia stessa, può essere un sintomo che accompagna le terapie antitumorali o può essere conseguente alle procedure diagnostiche e/o terapeutiche che costituiscono una parte importantissima nella “quota” di dolore provato nel corso della malattia oncologica: prelievi e biopsie sono procedure frequenti e dolorose che portano il bambino a caricarsi di ansia e paura. Le Linee guida dell’OMS per la gestione del dolore nell’assistito oncologico in età pediatrica suggeriscono che in tutti i casi è necessario utilizzare una combinazione di approcci psicologici e farmacologici. Tra gli interventi di tipo psicologico vanno incentivati tutti quelli in grado di distrarre il bambino come: la terapia del sorriso, l’uso del gioco, la pet-therapy e approcci psico-educativi. Questi metodi possono essere utilizzati sia per il trattamento del dolore acuto che per quello cronico. Questi approcci fanno acquisire al bambino una sensazione di controllo che facilita l’accettazione di una procedura dolorosa. Nel caso del dolore cronico, la terapia

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Informazioni tesi

  Autore: Chiara Giovagnotti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Scienze Infermieristiche
  Corso: Infermieristica
  Relatore: Chiara Giovagnotti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 78

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Parole chiave

umorismo
bambini
clownterapia
terapia del sorriso
patologia oncologica
clownterapia e bambini
clownterapia e infermieri
stress e tumore

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