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I rischi operativi nelle banche

INTRODUZIONE

L'esistenza di rischi derivanti da errori manuali, dal cattivo funzionamento dei sistemi informativi o dell'esecuzione delle operazioni connesse allo svolgimento dell'attività bancaria è nota da tempo. L'attenzione è tuttavia accresciuta nel periodo più recente, sia perché tale categoria di rischio ha acquisito un contenuto più ampio, sia perché il contesto esterno e le caratteristiche stesse dell'attività bancaria si sono modificati nel tempo.
In altri termini, fenomeni come la crescente globalizzazione dei mercati, la più elevata competitività, lo sviluppo delle tecnologie, l'estrema varietà dell'offerta e l'inevitabile maggiore articolazione degli assetti organizzativi hanno straordinariamente aggravato l'esposizione delle banche verso perdite originate da malfunzionamenti o carenze di uno o più aspetti delle procedure aziendali.
Non si tratta tanto di nuove tipologie di rischio quanto di una diversa modalità di manifestazione di rischi già tradizionalmente noti agli intermediari. Dal 1998 il Comitato di Basilea ha iniziato a sollevare il tema dei rischi operativi e nel gennaio del 2001 ha reso pubblico un documento riguardante la proposta di modifica per la regolamentazione del capitale minimo che le banche devono detenere a fronte del rischio di mercato, di credito, operativo e degli altri rischi ai quali sono sottoposte. Quindi una delle novità di tale documento è proprio l'introduzione del requisito patrimoniale a fronte dei rischi operativi.
A proposito di tali rischi si è dibattuto molto su una loro precisa definizione, il che ha accentuato le problematiche connesse con una corretta misurazione e un attento controllo degli stessi.
Per quanto riguarda le metodologie di misurazione, diversamente da quanto avvenuto in passato per i rischi di mercato e di credito, i rischi operativi risultano difficilmente riportabili a uno schema teorico-statistico prontamente utilizzabile al punto tale da definire tali rischi «non quantificabili».
Nel corso degli anni si sono venute affermando varie famiglie di approcci metodologici tra loro differenti. Lo stesso Comitato di Basilea ha proposto una gamma di opzioni per il trattamento prudenziale per il rischio operativo e più precisamente si prevede un trattamento articolato in tre metodologie con livelli crescenti di complessità: indicatore semplice, metodo standard e misurazione interna.
Più in generale si sono sviluppati due approcci per la misurazione dei rischi operativi. Un primo approccio è quello qualitativo nella quale si sconta la soggettività della stima e l'altro è l'approccio quantitativo che fonda la misurazione dei rischi operativi su elementi oggettivi, ma è fortemente condizionato dalla mancanza di raccolte strutturate di dati sulle perdite subite (ovvero serie storiche di eventi).
A livello internazionale è partita da alcuni anni un'attività di implementazione di data base delle perdite operative, sia aziendali (che si basano sui dati della singola banca), sia consortili (che si fondano sulla condivisione tra più operatori dei dati di perdita). Anche a livello nazionale il gruppo di lavoro interbancario ABI ha sviluppato una metodologia di valutazione dei rischi operativi che viene indicata con l'acronimo A.P.R.O. (Approccio Rischio Operativo) ed ha avviato nel 2001 un progetto aziendale per la raccolta strutturata di dati sulle perdite operative che va sotto il nome di progetto DIPO (Data base Italiano delle Perdite Operative).
Inoltre le banche maggiormente attive si sono occupate non solo della componente di studio e ricerca, ma anche di quella organizzativa, spinte dalla consapevolezza che per portare a termine l'opera di implementazione di un modello di misurazione e gestione occorresse il coinvolgimento degli organi amministrativi e dei massimi vertici aziendali. Le modalità di coinvolgimento riguardano tutti i livelli della struttura, dai vertici alla base - Consiglio d'Amministrazione, Comitati di gestione, funzione di Risk Management, Internal Auditing, funzione di line.
Infine l'evoluzione degli scenari di mercato ha sottolineato l'importanza dei principi di funzionamento dei sistemi di controllo interni definiti in una accezione molto ampia come l'insieme delle regole, delle procedure e delle strutture organizzative che mirano ad assicurare il rispetto delle strategie aziendali e il perseguimento degli obiettivi d'impresa. Le trasformazioni intervenute negli scenari di mercato (quali innovazione tecnologica, innovazione di prodotto, trasformazione del rapporto con il cliente) sottopongono a stress la macchina operativa dell'industria finanziaria, costringendola ad uno sforzo progettuale/organizzativo di eccezionale portata e a concentrare l'attenzione sulla qualità dei sistemi organizzativi.

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INTRODUZIONE L'esistenza di rischi derivanti da errori manuali, dal cattivo funzionamento dei sistemi informativi o dell'esecuzione delle operazioni connesse allo svolgimento dell'attività bancaria è nota da tempo. L'attenzione è tuttavia accresciuta nel periodo più recente, sia perché tale categoria di rischio ha acquisito un contenuto più ampio, sia perché il contesto esterno e le caratteristiche stesse dell'attività bancaria si sono modificati nel tempo. In altri termini, fenomeni come la crescente globalizzazione dei mercati, la più elevata competitività, lo sviluppo delle tecnologie, l'estrema varietà dell'offerta e l'inevitabile maggiore articolazione degli assetti organizzativi hanno straordinariamente aggravato l'esposizione delle banche verso perdite originate da malfunzionamenti o carenze di uno o più aspetti delle procedure aziendali. Non si tratta tanto di nuove tipologie di rischio quanto di una diversa modalità di manifestazione di rischi già tradizionalmente noti agli intermediari. In particolare, è aumentata la complessità dell'intero profilo di rischio della banca, che vede la coesistenza di diversi componenti di rischiosità tra loro interrelate nonché la variabilità dell'esposizione che può profondamente modificarsi anche in tempi molto brevi.

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