Il ruolo del tutor aziendale - Riflessioni su un’esperienza nei Servizi Educativi del Comune di Granarolo dell’Emilia
La fase storica che stiamo vivendo è lo specchio di un modello assistenziale in crisi, di una realtà economica globalizzata e caratterizzata da un clima iperprestativo e competitivo; la società di oggi riflette una società di consumatori, i cui legami umani passano generalmente per il mercato dei beni di consumo; la cultura in cui siamo immersi è fatta di offerte e non di norme, di nuovi bisogni, desideri ed esigenze e non di regolamentazione e coercizione.
Ci si trova di fronte ad una tensione contrapposta: da una parte una cultura che incalza nella direzione dell’aumento di qualità a fronte di una riduzione dei costi, binomio quotidianamente vissuto nel mondo della produzione, e dall’altra un costante aumento di bisogni sociali sempre più orientati al singolo che però non possono che richiedere un continuo aumento dei costi.
Parlare d’inserimento lavorativo di una persona disabile può apparire in controtendenza e anacronistico.
Il rapporto tra lavoro e disabilità riflette due concetti che continuano a camminare su binari paralleli: produttività ed inclusione, il cui punto d’incontro risulta essere molto difficile nel momento in cui le logiche di un’impresa sono improntate all’efficienza ed al funzionamento, mentre l’inclusione sociale sottosta a logiche identitarie, sociali e d’appartenenza.
Il concetto di società inclusiva va oltre ogni iniziativa volta a contrastare ed eliminare barriere sociali e culturali, visibili e invisibili, legate a fenomeni di discriminazione e di disuguaglianza: non vi è giustizia e rispetto dei diritti di cittadinanza se non vi è partecipazione attiva e riconoscimento di ogni soggettività, in questo senso il soggetto debole oltre ad essere destinatario di politiche che lo riguardano deve poter essere un soggetto protagonista.
Il soggetto e i suoi bisogni devono essere al centro della progettazione, dev’esserci una responsabilità sociale: l’inclusione quindi non è né assimilazione né chiusura contro il diverso, ma il rispetto della diversità e di coloro che vogliono rimanere estranei a certi confini, in un’ottica di apertura all’altro.
Se non viene dato alcun spazio all’intervento del soggetto debole, nelle scelte di cui è destinatario, si rischia di passivizzarlo rendendolo oggetto e non soggetto di un intervento assistenzialistico.
La partecipazione del soggetto disabile al proprio percorso significa anche la possibilità per lui di fare funzionare le proprie capacità e di sviluppare tutte le potenzialità della propria umanità.
La promozione delle competenze passa attraverso la possibilità di sperimentare se stesso e di conquistare un minimo di autocontrollo sull’orientamento della propria vita, la possibilità di avere un margine discrezionale sui cambiamenti della propria vita.
È indiscutibile che per le fasce deboli ed in particolare per i portatori di handicap, l’inserimento lavorativo rappresenti non solo la possibilità economica di autosufficienza, ma soprattutto un momento essenziale di integrazione con una realtà esclusiva e di socializzazione, di crescita personale e di realizzazione di sé che avviene attraverso l’identificazione e il confronto con il ruolo socialmente riconosciuto.
In una società civile ed inclusiva l’inserimento lavorativo è la soluzione più naturale del processo di integrazione dei cittadini, ancora di più di quelli socialmente deboli.
Il setting lavorativo, oltre ad essere luogo produttivo
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Informazioni tesi
Autore: | Francesca Biagini |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze dell'Educazione |
Relatore: | Angelo Errani |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 76 |
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