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Il potere di normalizzazione in Michel Foucault

Nell’incessante evoluzione dell’itinerario teorico di Michel Foucault, la curvatura metodologica ed epistemologica inaugurata dalle lezioni al Collège de France dei primi anni Settanta trova nei concetti di norma, normatività e normalizzazione un riferimento costante, trasversale ai temi trattati, tanto da ergersi a potenziale chiave di lettura dei meccanismi di funzionamento del potere a cui il filosofo francese ha dedicato gran parte dei suoi scritti più celebri.
In questa sede si intende approfondire l’utilizzo foucaultiano del concetto di normalizzazione e definirne il ruolo di strumento/effetto del potere (così come formulato in Sorvegliare e punire) nel processo di assoggettamento dell’intero corpo sociale a una norma prescrittivo-descrittiva, base necessaria per il funzionamento di ogni istituzione disciplinare. Ad essere indagata sarà la
capacità del potere disciplinare di produrre soggettività normali e anormali, attraverso le tecniche di oggettivazione dei corpi e assoggettamento alla norma, rintracciabili in istituzioni quali l’esercito, la scuola, l’istituto psichiatrico e
quello penitenziario. Al fine di restituire un quadro esaustivo di una nozione tutto sommato poco
tematizzata da parte della critica si prenderà in esame la normalizzazione a partire dalla formulazione originale di Georges Canguilhem5 nell’opera Il normale e il patologico (1943), dalla quale Foucault ha ripreso i tratti principali. Si tenterà poi di far emergere la concezione di potere di normalizzazione in Sorvegliare e punire (1975), oltre che da alcuni corsi tenuti da Foucault al Collège de France: Il potere psichiatrico (1973-1974), Gli anormali (1974-1975)
e “Bisogna difendere la società” (1976).
L’approdo di Foucault al concetto di normalizzazione verrà ampiamente introdotto nel corso del primo capitolo, nel quale verrà presentato l’autore con particolare riferimento alla concezione storica, al metodo genealogico6 e all’idea di potere come prodotto e condizione delle relazioni intersoggettive, un potere che si lascia intravedere nei «meccanismi infinitesimali» delle tecniche di disciplinamento dei corpi, e che è in grado altresì di creare regimi di verità.
Avvicinare il potere di normalizzazione in Foucault dal punto di vista genealogico permetterà di delineare gli elementi di critica del presente, nella prospettiva di una filosofia che trova nel «sospetto dell’ovvio»8 criterio e direzione.

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1 Introduzione Nell’incessante evoluzione dell’itinerario teorico di Michel Foucault 1 , la curvatura metodologica ed epistemologica inaugurata dalle lezioni al Collège de France dei primi anni Settanta 2 trova nei concetti di norma, normatività e normalizzazione un riferimento costante, trasversale ai temi trattati, tanto da ergersi a potenziale chiave di lettura dei meccanismi di funzionamento del potere a cui il filosofo francese ha dedicato gran parte dei suoi scritti più celebri. In questa sede si intende approfondire l’utilizzo foucaultiano del concetto di normalizzazione e definirne il ruolo di strumento/effetto del potere (così come formulato in Sorvegliare e punire 3 ) nel processo di assoggettamento dell’intero 1 Nato a Poitiers nel 1926, figlio della media borghesia francese, Michel Foucault riceve nei primi anni un’educazione cattolica. Dopo il diploma conseguito al Lycée Henri-IV di Parigi viene ammesso all’École Normale Supérieure dove si laurea in filosofia nel ’48 e in psicologia nel ’50. Solitario e anticonformista, Foucault vive con difficoltà la propria omosessualità, tenta tre volte il suicidio e per un breve periodo si sottopone all’analisi freudiana. All’inizio degli anni ‘50 aderisce al Partito Comunista Francese e ottiene i primi incarichi universitari che lo condurranno a lunghi soggiorni all’estero. Influenzato dalle letture di Heidegger, Freud e soprattutto Nietzsche, pubblica nel 1961 Storia della follia in età classica sotto la direzione di Canguilhem e nel 1963 Nascita della clinica. Negli anni successivi si trasferisce a Tunisi con il compagno di vita Daniel Defert e nel 1966 cura con Deleuze l’edizione francese dell’opera omnia di Nietzsche e dà alle stampe Le parole e le cose (che diventa un best-seller). Nel ’68 torna in Francia e appoggia il movimento studentesco, preparando L’archeologia del sapere che vedrà la luce nel 1969. Nell’aprile 1970 viene chiamato al Collège de France per succedere a Jean Hyppolite e ricoprire la cattedra di Storia dei sistemi di pensiero: qui condurrà le sue ricerche fino all’anno della sua morte, pubblicando Sorvegliare e punire (1975), La volontà di sapere (1976) e L’uso dei piaceri (1984). Nel 1984 la salute di Foucault inizia a deteriorarsi: dirada così gli impegni per concentrarsi sul secondo e terzo volume della Storia della sessualità (La cura di sé), che porta a pubblicazione il 20 giugno. Cinque giorni dopo muore in ospedale a Parigi: l’équipe medica dirama un comunicato che descrive, senza nominarlo, il quadro clinico dell’Aids. Per approfondire la biografia di Foucault cfr. P. Veyne, Foucault. Il pensiero e l’uomo, Garzanti, Milano, 2010. 2 La ricerca di Foucault vede a quest’epoca l’emergere di uno sguardo più direttamente rivolto alle pratiche extra-discorsive e la loro rilevanza sul piano storico-sociale. Cfr. § I.2. 3 Si tratta di una precisazione indispensabile: in Sorvegliare e punire trova infatti definitiva formulazione la funzione “positiva” di un potere che produce, lontano da una concezione verticista che ne spiega il funzionamento in termini di repressione e interdizione. Lo stesso Foucault in un’intervista del ’76 ammette di avere in passato utilizzato questi schemi di funzionamento per parlare di potere: «la nozione di repressione […] è più infida o in ogni caso ho avuto molta maggiore difficoltà a sbarazzarmene nella misura in cui, in effetti, sembra quadrare così bene con tutta una serie di fenomeni che dipendono dagli effetti di potere. Quando ho scritto la Storia della follia mi servivo almeno implicitamente di questa nozione […]. Mi sembra oggi ch’essa sia del tutto inadeguata a render conto di quel che c’è appunto di produttivo nel potere […]. In Sorvegliare e punire, quel che ho voluto mostrare è come, a partire dal

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