Skip to content

Evoluzione del sistema pensionistico e previdenza complementare

“Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L’assistenza privata è libera”. Così recita l’art. 38 della Costituzione Italiana.
È in questo articolo che si inquadra la legislazione sociale e, in particolare, il sistema previdenziale del nostro paese. Un sistema più volte rivisitato nel tempo in funzione di fattori economici e di contesto.
Alla fine degli anni ’60 l’Italia conosceva un unico sistema previdenziale pubblico, c.d. a ripartizione, in cui i contributi versati dalla popolazione lavoratrice in un dato momento storico venivano immediatamente utilizzati per pagare le pensioni al contempo erogate ai lavoratori a riposo. Il sistema a ripartizione si basava, dunque, su una sorta di patto intergenerazionale, siglato dall’implicita garanzia, offerta dallo Stato, che le generazioni lavorativamente e contributivamente attive avrebbero goduto, in futuro, dei medesimi benefici. Quanto all’ammontare dei trattamenti pensionistici, risale al quel periodo anche l’adozione del criterio c.d. retributivo, in base al quale i trattamenti pensionistici venivano commisurati all’anzianità di lavoro e alle ultime retribuzioni percepite. Il sistema, così configurato, da un lato garantiva una prestazione pensionistica quasi allineata all’ultima retribuzione percepita dal lavoratore, consentendogli un tenore di vita non dissimile da quello goduto all’esito della carriera lavorativa, ma dall’altro imponeva altresì notevoli oneri a carico della previdenza pubblica a causa dell’evidente discrasia esistente tra metodo di calcolo retributivo e meccanismo di finanziamento a ripartizione: vi era, infatti, una netta disparità tra l’ammontare contributivo corrisposto dai giovani lavoratori, nei primi anni di attività, e il livello delle prestazioni contestualmente erogate ai pensionati; quest’ultimo risultava infatti significativamente più alto in quanto commisurato alle ultime retribuzioni, percepite peraltro, il più delle volte, all’apice della carriera e dell’avanzamento retributivo.
L’avvento della crisi economica conosciuta, negli anni a venire, dal nostro come da molti altri paesi industrializzati, insieme a diversi altri fattori, ha reso ben presto insostenibili gli oneri gravanti sul sistema previdenziale pubblico: l’aumento della disoccupazione, il calo demografico e il contestuale allungamento dell’aspettativa di vita hanno infatti ulteriormente acuito lo squilibrio tra risorse in entrata e prestazioni in uscita e richiesto un intervento del legislatore finalizzato al risanamento del sistema.
In seguito, il fallimento dei molteplici tentativi, messi a punto dal legislatore, per bonificare la cassa previdenziale pubblica ha messo definitivamente in crisi quel patto intergenerazionale, che per molti anni aveva accompagnato, con (apparente) equilibrio, il ricambio di forze all’interno del mercato del lavoro, suggerendo, con crescente urgenza, l’adozione di un sistema che inducesse ciascun lavoratore ad occuparsi in maniera diretta di almeno una parte delle proprie risorse pensionistiche.
Da un lato, la situazione che si era venuta a creare rendeva indispensabile una ristrutturazione del sistema previdenziale pubblico e dall’altro, imponeva altresì interventi volti a valorizzare la previdenza privata. La mappatura normativa della materia mostra, a posteriori, un preciso disegno finalizzato ad incentivare, in maniera graduale e crescente, il ricorso a forme pensionistiche (in seguito definite) complementari, a tutt’oggi suggerito come facoltativo e discrezionale, ma probabilmente destinato in prospettiva a divenire oggetto di un preciso obbligo assicurativo. La fortissima attenzione popolare alla gestione del welfare e la “(mala)educazione” assistenzialistica in materia, infatti, rendevano difficilmente attuabile, specie all’esito di continui quanto insufficienti ampliamenti dell’imponibile contributivo, una brusca riduzione delle garanzie previdenziali pubbliche; essa sarebbe stata senz’altro foriera di contestazioni e malcontento, scontrandosi peraltro anche con l’innegabile inclinazione governativa nostrana alla c.d. politica del consenso. Sicché, forte di tale consapevolezza, con i primi organici interventi normativi in materia, il legislatore offrì l’opportunità di aderire alla previdenza complementare con l’aspettativa che quest’ultima conoscesse una vasta diffusione sociale, funzionale al perseguimento dei fini dell’ordinamento.

CONSULTA INTEGRALMENTE QUESTA TESI

La consultazione è esclusivamente in formato digitale .PDF

Acquista
Mostra/Nascondi contenuto.
Evoluzione del sistema pensionistico e previdenza complementare 4 Introduzione “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L’assistenza privata è libera”. Così recita l’art. 38 della Costituzione Italiana. È in questo articolo che si inquadra la legislazione sociale e, in particolare, il sistema previdenziale del nostro paese. Un sistema più volte rivisitato nel tempo in funzione di fattori economici e di contesto. Alla fine degli anni ’60 l’Italia conosceva un unico sistema previdenziale pubblico, c.d. a ripartizione, in cui i contributi versati dalla popolazione lavoratrice in un dato momento storico venivano immediatamente utilizzati per pagare le pensioni al contempo erogate ai lavoratori a riposo. Il sistema a ripartizione si basava, dunque, su una sorta di patto intergenerazionale, siglato dall’implicita garanzia, offerta dallo Stato, che le generazioni lavorativamente e contributivamente attive avrebbero goduto, in futuro, dei medesimi benefici. Quanto all’ammontare dei trattamenti pensionistici, risale al quel periodo anche l’adozione del criterio c.d. retributivo, in base al quale i trattamenti pensionistici venivano commisurati all’anzianità di lavoro e alle ultime retribuzioni percepite. Il sistema, così configurato, da un lato garantiva una prestazione pensionistica quasi allineata all’ultima retribuzione percepita dal lavoratore, consentendogli un tenore di vita non dissimile da quello goduto all’esito della carriera lavorativa, ma dall’altro imponeva altresì notevoli oneri a carico della previdenza pubblica a causa dell’evidente discrasia esistente tra metodo di calcolo retributivo e meccanismo di finanziamento a ripartizione: vi era, infatti, una netta disparità tra l’ammontare contributivo corrisposto dai giovani lavoratori, nei primi anni di attività, e il livello delle prestazioni contestualmente erogate ai pensionati; quest’ultimo risultava infatti significativamente più alto in quanto commisurato alle ultime retribuzioni, percepite peraltro, il più delle volte, all’apice della carriera e dell’avanzamento retributivo. L’avvento della crisi economica conosciuta, negli anni a venire, dal nostro come da molti altri paesi industrializzati, insieme a diversi altri fattori, ha reso ben presto insostenibili gli oneri

CONSULTA INTEGRALMENTE QUESTA TESI

La consultazione è esclusivamente in formato digitale .PDF

Acquista

FAQ

Per consultare la tesi è necessario essere registrati e acquistare la consultazione integrale del file, al costo di 29,89€.
Il pagamento può essere effettuato tramite carta di credito/carta prepagata, PayPal, bonifico bancario.
Confermato il pagamento si potrà consultare i file esclusivamente in formato .PDF accedendo alla propria Home Personale. Si potrà quindi procedere a salvare o stampare il file.
Maggiori informazioni
Ingiustamente snobbata durante le ricerche bibliografiche, una tesi di laurea si rivela decisamente utile:
  • perché affronta un singolo argomento in modo sintetico e specifico come altri testi non fanno;
  • perché è un lavoro originale che si basa su una ricerca bibliografica accurata;
  • perché, a differenza di altri materiali che puoi reperire online, una tesi di laurea è stata verificata da un docente universitario e dalla commissione in sede d'esame. La nostra redazione inoltre controlla prima della pubblicazione la completezza dei materiali e, dal 2009, anche l'originalità della tesi attraverso il software antiplagio Compilatio.net.
  • L'utilizzo della consultazione integrale della tesi da parte dell'Utente che ne acquista il diritto è da considerarsi esclusivamente privato.
  • Nel caso in cui l’utente che consulta la tesi volesse citarne alcune parti, dovrà inserire correttamente la fonte, come si cita un qualsiasi altro testo di riferimento bibliografico.
  • L'Utente è l'unico ed esclusivo responsabile del materiale di cui acquista il diritto alla consultazione. Si impegna a non divulgare a mezzo stampa, editoria in genere, televisione, radio, Internet e/o qualsiasi altro mezzo divulgativo esistente o che venisse inventato, il contenuto della tesi che consulta o stralci della medesima. Verrà perseguito legalmente nel caso di riproduzione totale e/o parziale su qualsiasi mezzo e/o su qualsiasi supporto, nel caso di divulgazione nonché nel caso di ricavo economico derivante dallo sfruttamento del diritto acquisito.
L'obiettivo di Tesionline è quello di rendere accessibile a una platea il più possibile vasta il patrimonio di cultura e conoscenza contenuto nelle tesi.
Per raggiungerlo, è fondamentale superare la barriera rappresentata dalla lingua. Ecco perché cerchiamo persone disponibili ad effettuare la traduzione delle tesi pubblicate nel nostro sito.

Scopri come funziona »

DUBBI? Contattaci

Contatta la redazione a
[email protected]

Ci trovi su Skype (redazione_tesi)
dalle 9:00 alle 13:00

Oppure vieni a trovarci su

Parole chiave

capitalizzazione
riforma
fondi
pensioni
sistema
complementare
riforme
decreto
previdenza
integrativo
trattamenti
ripartizione
evoluzione
pensionistico
252/2005
amato
pilastro
maroni
pip
negoziali
aperti
fondinps
124/1993
dini

Tesi correlate


Non hai trovato quello che cercavi?


Abbiamo più di 45.000 Tesi di Laurea: cerca nel nostro database

Oppure consulta la sezione dedicata ad appunti universitari selezionati e pubblicati dalla nostra redazione

Ottimizza la tua ricerca:

  • individua con precisione le parole chiave specifiche della tua ricerca
  • elimina i termini non significativi (aggettivi, articoli, avverbi...)
  • se non hai risultati amplia la ricerca con termini via via più generici (ad esempio da "anziano oncologico" a "paziente oncologico")
  • utilizza la ricerca avanzata
  • utilizza gli operatori booleani (and, or, "")

Idee per la tesi?

Scopri le migliori tesi scelte da noi sugli argomenti recenti


Come si scrive una tesi di laurea?


A quale cattedra chiedere la tesi? Quale sarà il docente più disponibile? Quale l'argomento più interessante per me? ...e quale quello più interessante per il mondo del lavoro?

Scarica gratuitamente la nostra guida "Come si scrive una tesi di laurea" e iscriviti alla newsletter per ricevere consigli e materiale utile.


La tesi l'ho già scritta,
ora cosa ne faccio?


La tua tesi ti ha aiutato ad ottenere quel sudato titolo di studio, ma può darti molto di più: ti differenzia dai tuoi colleghi universitari, mostra i tuoi interessi ed è un lavoro di ricerca unico, che può essere utile anche ad altri.

Il nostro consiglio è di non sprecare tutto questo lavoro:

È ora di pubblicare la tesi