Donne nuove: cultura di massa e identità femminile
L' obiettivo di questo lavoro cerca di mettere in luce gli aspetti salienti dell'identità femminile del ventunesimo secolo, che profondamente manipolata e plasmata, attraverso i messaggi e i nuovi valori propagandati dai mezzi di comunicazione di massa, sembra quasi aver perso il suo carattere fondamentale: la sua originalità, la sua unicità rispetto alle altre.Come è emerso da questo lavoro, i blog, la televisione, le chat, le fiction, i diari on-line, sono tutti strumenti che, senza eccezione, spingono le donne a concentrare la loro attenzione in maniera ossessiva unicamente sul proprio aspetto fisico, sulla bellezza, sul corpo..La televisione, che molti definiscono la “maggiore industria culturale”, è in gran parte gioco e divertimento. Non riusciamo a scorgere in essa nessuna sollecitazione che possa spingere le donne a crearsi un' identità nuova, se non una in contrapposizione con quella maschile. La presenza della donna in tv è una presenza di quantità, raramente di qualità.
La donna proposta sembra assecondare i presunti desideri maschili sotto ogni aspetto, abdicando completamente alla possibilità di essere “l' altro”. Diciamo che, fra tanti ostacoli, difficoltà e impedimenti, le donne vanno affermandosi professionalmente in molti campi, occupando posti di responsabilità, competenza e potere.
Ma l ' intelligenza, la professionalità e la volontà di quest' ultime incutono ancora paura, e uno dei sistemi più diffusi per svilirle è ignorare o svalutare queste qualità per divergere l'attenzione sull'aspetto fisico: le gambe, l'acconciatura, l'abbigliamento. Il corpo, come sempre.
Nell’interazione con i nuovi media il nostro « corpo » si fa mutante, ibridato, smaterializzato, artificiale, tecnologico: questo è il punto di arrivo delle mie riflessioni, sulle infinite possibilità di mutamento, rese possibili grazie alle nuove tecnologie.
Le voci delle donne, come è stato dimostrato negli ultimi capitoli, indagano nelle maglie della Rete le possibilità di ri-configurazione del sé, i nuovi scenari lavorativi e le innovazioni che il superamento del divario digitale di genere consentirà loro di acquisire.
E' emerso che la re-genderization, il ritorno ai generi, è già in atto, dalla metà degli anni novanta, nella produzione e diffusione di programmi televisivi, libri, film, siti Internet. Ma si evince chiaramente come la parola ritorno non sancisca semplicemente una differenza, ma determina, ancora una volta e a dispetto delle apparenze, la premessa di una subordinazione.
Ormai in tutti i settori della comunicazione noi donne abbiamo introiettato il modello maschile così a lungo e cosi profondamente che non sappiamo più riconoscere cosa vogliamo veramente. Voglio dire che ci guardiamo l'un l'altra con occhi maschili, per cui neanche il modello corrente di bellezza ci rappresenta. E non appare, quindi, nemmeno poi tanto strano se la pubblicità utilizzi immagini con riferimenti sessuali ai maschi ma che mirano ad attrarre pubblico femminile. Sono sicura che senza questa pressione continua sul “dover essere belle” secondo canoni che noi non abbiamo scelto, ci accetteremmo molto di più per quel che siamo.
Perchè è accaduto? Forse così funziona “il sistema”. Questi sarebbero i nostri modelli di riferimento dall'alta moda alla politica, dallo sport alla musica pop, fino alla medicina. Entrarne a far parte ti rende una donna forte, ti dà potere. Purtroppo anche le donne emancipate devono proporsi pubblicamente e dichiaratamente come oggetto di desiderio sempre e comunque in ogni situazione anche quando vengono interpellate per la loro professionalità.
Nella nostra società i meriti femminili tuttora si fanno strada con grande fatica a causa di una diffusa cultura misogina di vecchissima data, in apparenza definitivamente sconfitta e invece sempre pronta a risorgere intatta dalle sue ceneri.
Ci ricorda Loredana Lipperini, autrice del testo “Ancora dalla parte delle bambine” come “al monte del reggiseno in vista e delle labbra gonfie, che anche l' ospite più intelligente di un dibattito si sente, a differenza dei colleghi maschi, obbligata ad esibire, c'è il malinteso concetto per cui un essere umano che ha raggiunto la presunta liberazione dagli stereotipi, possa usare i medesimi per divertirsi”Concludo il mio lavoro con una famosa citazione di Simone de Beauvoir: “La disputa continuerà finchè gli uomini e le donne non si riconosceranno come simili”
La sensazione è che, a oggi, la disputa continui, e si stia nuovamente acutizzando, perchè quel riconoscimento – di similitudine, non di identificazione – non è ancora avvenuto. Nonostante si sostenga, nei luoghi deputati, l' esatto contrario.
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Informazioni tesi
Autore: | Alessia Raia |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Agata Gambardella Piromallo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 70 |
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