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Wilhelm Münzenberg (1889-1940). Comunicazione, propaganda, disinformazione: la storia del ''Murdoch di Stalin''

L’importanza della figura di Wilhelm Münzenberg è paragonabile soltanto alla totale dimenticanza in cui essa è caduta nella storiografia italiana. Münzenberg, nato ad Erfurt, in Germania, il 14 agosto 1889, è uno dei più stretti collaboratori di Lenin fin dai tempi di Zurigo, come documenta Solzenycin; sale sul treno blindato che attraversa la consenziente Germania portando Vladimir Il’ic Ul’janov alla stazione Finlandia di Pietroburgo il 16 aprile 1917; è uno dei membri più influenti del Comintern fino alla prima metà degli anni ’30, ma soprattutto diventa il leader occulto quando decisivo della propaganda comunista “indiretta” in Europa occidentale.
La tesi (o meglio, prova finale, dato che si tratta di un lavoro eseguito al termine di una laurea triennale in Scienze e Tecnologie della Comunicazione), dopo un rapidissimo sommario dei principali eventi della storia del comunismo tra le due guerre mondiali e dei suoi rapporti con l’opinione pubblica occidentale, svolto in massima parte sulla scorta della lettura di François Furet (primo capitolo), presenta una forte componente storico-biografica, incentrata sulla ricostruzione della vicenda umana, politica e professionale di “Willy” Münzenberg (secondo capitolo). Particolare spazio è dato alla ricostruzione dell’incredibile apparato mediatico approntato al servizio del Comintern, comprendente case editrici, decine di giornali, riviste e altre pubblicazioni, case di distribuzione cinematografica, sale di proiezione in Europa, Asia, Sud America e Australia. Münzenberg è a cavallo degli anni ’30 l’eminenza grigia e il maestro dei “compagni di strada”, l’immenso gruppo di intellettuali, artisti, uomini di cultura, disposti, come scrive Richard Pipes, “a sostenere il governo sovietico senza entrare nel Partito comunista, rendendo all’Unione sovietica dei servigi inestimabili in un periodo in cui era al bando e isolata” (Il regime bolscevico, Mondadori, 1999, pag.232). Per dare un'idea del suo raggio d'azione, Münzenberg è l'uomo che importa in Germania "La corazzata Potemkin" di Eizenstein, organizza la prima esposizione dei surrealisti a Berlino nel '24, è amico personale di Thomas Mann, Albert Einstein, Andre Gide, Romain Rolland e altri personaggi di spicco dell'elite culturale europea.
Con la guerra di Spagna arriva la rottura, lenta ed inesorabile, con il KPD prima e con lo stesso Stalin poi: dopo un drammatico scambio di lettere raccolto da Courtois, per Münzenberg si prospetta la fuga come condizione di sopravvivenza. Nel 1940 ripiega in Francia, dove la Gestapo e la Gpu – ora alleate – gli danno la caccia per motivi opposti. Nell’ottobre dello stesso anno viene trovato da un cacciatore ai piedi di una quercia, con un cavo attorno al collo. La moglie, cognata del filosofo Martin Buber e del dirigente comunista Heinz Neumann, si dirà certa di un’azione dei sicari di Stalin. Concordi con lei Furet, Arthur Koestler e François Fejtö.
Il terzo e più ampio capitolo è un tentativo di analisi delle tecniche di propaganda e comunicazione politica ideate e realizzate su scala europea e mondiale da quello che a buon diritto può essere considerato l’alter ego di Joseph Göbbels: marce per la pace, raccolte di firme, club degli intellettuali in difesa della cultura… Questo semplice elenco fornisce una prova della straordinaria modernità di Münzenberg, sottolineata dallo straordinario seguito che queste tecniche hanno avuto anche al di fuori dell’ambito totalitario. Il capitolo comprende una riflessione sui motivi della rimozione pressoché totale della figura di Münzenberg dai libri di storia, di politica e di comunicazione, e una serie di spunti utili per rintracciare l’influenza dei suoi metodi attraverso una ricognizione molto rapida su alcuni episodi di disinformazione e di propaganda particolarmente interessanti da questo punto di vista. Inoltre, la vicenda di Münzenberg è decisiva nell’affronto, che evidentemente esula dai compiti e dalle possibilità stesse della tesi, del drammatico tema del rapporto tra intellettuali e comunismo, che ha avuto nella declinazione italiana uno dei casi più emblematici, imponenti e controversi. Conoscere la sua vicenda, il suo uso dei mezzi di comunicazione, la sua “svolta” che gli è costata la vita, sollecita uno spunto di riflessione sulla natura, gli scopi e l’essenza della comunicazione.

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4 INTRODUZIONE “Se fosse stato americano avrebbe fatto una carriera alla Hearst”: lo storico francese François Furet 1 riserva questo pittoresco inciso a Wilhelm Münzenberg (1889- 1940), facendo riferimento al magnate della stampa e dell’informazione cui si ispirò Orson Welles per il suo celebrato Quarto potere (1941). Quella di Münzenberg è una figura di estremo interesse e rilievo nella storia della comunicazione e della propaganda culturale e politica del Novecento; la sua importanza è però pari, se non addirittura inferiore, alla mancanza di informazioni, bibliografia e ricerca a lui dedicata. Nato in Germania da una famiglia umile, Münzenberg è fin da giovane impegnato politicamente sul fronte operaista e rivoluzionario: conosce Lenin in Svizzera, ne diventa amico e collaboratore; sarà proprio il leader bolscevico, una volta salito al potere, ad affidargli un compito strategicamente cruciale: coordinatore (si potrebbe quasi dire manager) dell’attività propagandistica del regime sovietico nell’Europa occidentale. Münzenberg costruisce una rete di “uffici di comunicazione” sparsi in mezza Europa (le sedi principali saranno a Zurigo, Berlino, Londra, Parigi e Amsterdam), da cui, servendosi di pochi attivissimi fedeli (tra cui Arthur Koestler, Otto Katz e Louis Gibarti) imbastisce una macchina propagandistica senza precedenti né paragoni nella storia occidentale. La scelta di approfondire la storia e l’attività di questo personaggio che con un eufemismo può definirsi poco conosciuto ha una duplice motivazione: oltre alla appassionante vicenda biografica, da un lato merita interesse lo studio dell’attività propagandistico-mediatica – di influenza e dimensioni geografiche insospettabili per l’epoca (anni ’20 e soprattutto ’30) – approntata con fortissime peculiarità per conto del Comintern; dall’altro, è particolarmente stimolante esaminare come alcune delle strategie ideate da Münzenberg siano state applicate con incredibili similitudini tanto dal regime nazista quanto da molta strategia di comunicazione politica moderna, a prescindere dall’orientamento ideologico, ovviamente con finalità ed esiti non paragonabili a quelli delle tirannie totalitarie. Un giudizio storico di carattere morale esula evidentemente dagli scopi e dalle possibilità di questa ricerca, che vorrebbe piuttosto evidenziare le caratteristiche “tecniche” della propaganda giornalistica e mediatica messa a punto da quello che Arthur Koestler 2 chiama il “trust Münzenberg”, 1 F.Furet, Il passato di un’illusione, Mondadori, 1995, pag.248 2 A.Koestler, La scrittura invisibile, Il Mulino, 1991, pag.238

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