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I figli della razza: il caso italiano. Educazione e discrimine dalle leggi razziali del 1938 alla paura dell'immigrato

1919, Versailles. Il Congresso firmò il Trattato di Versailles che sancì, di fatto, un periodo di profonda crisi e incertezza per la Germania, durato ben ventisei anni. Esaminando la Storia del Secondo conflitto mondiale, in particolare soffermandosi sulle Leggi Razziali emanate nel 1938, in tre capitoli si creano parallelismi tra la figura stereotipata dell'Ebreo negli anni della Seconda guerra mondiale e i pregiudizi che accompagnano oggi la figura dell'Immigrato, testimoniando come, in dittatura così in democrazia, i messaggi di odio e discrimine vengono veicolati dai leader politici.

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INTRODUZIONE Giulio Cesare diceva che «gli uomini credono volentieri ciò che desiderano sia vero.» Joseph Göbbels, svariati secoli dopo, diceva: «ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà realtà.» Gli uomini credono in ciò che vogliono sia vero. Le loro paure sono sempre paura di qualcos'altro. Finiscono per dare un nome a ciò di cui hanno paura, per illudersi di poterlo combattere. Anche quando una battaglia non serve. Ieri l'ebreo, oggi lo straniero. E' per questo che ho scelto di trattare il tema delle leggi razziali, in particolare su quanto l'educazione, sia scolastica sia del cittadino, abbia influito nel modo di combattere questa inutile guerra tra esseri della stessa specie. A scuola agli studenti ripetono sempre che “si studia la storia per conoscere gli errori del passato e non ripeterli.” Ma questi errori si ripetono ogni giorno, sotto i nostri occhi. 1919. Francia, Versailles. Stavolta, il Congresso non danzò; non si persero le nazioni dietro futili balli, ma sottoscrissero, forse senza averne piena coscienza, il futuro prossimo dell'Europa. Con sguardo giudicante, i vittoriosi porsero la penna ai perdenti; e tra essi, la Germania appose la firma di Ulrich von Brockdorff-Rantzau, 4

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