Messa a punto di metodi di conservazione del suolo rizosferico per l’analisi del metagenoma
Le problematiche affrontate riguardano:
La metagenomica: I genomi di gran parte dei microrganismi esistenti perché la maggior parte dei phila batteri è costituita da rappresentanti non coltivabili (gli archea non sono coltivabili). In questo lavoro l’ habitat preso in considerazione è il suolo rizosferico Un protocollo di estrazione di acidi nucleici da una matrice ambientale è suddivisibile in 3 fasi: Lisi (vari metodi fisici, chimici, enzimatici in presenza di un tampone. Estrazione per rimuovere i residui (proteine, polisaccaridi, sali in eccesso) del lisato cellulare e isolare e concentrare il DNA ed una fase di purificazione (clic) per rimuovere componenti coestratti come acidi umici che potrebbero contaminare ed inibire le analisi molecolari come in questo contesto la PCR (clic). Analizzare il metagenoma richiede la realizzazione di procedure shot-gun in grado di processare una grande quantità di campioni. Non potendo effettuare tali analisi simultaneamente. Da qui la necessità di poter disporre di campioni che siano rappresentativi delle comunità microbiche, non degradati e che diano risultati affidabili, anche se vengono sottoposti alle procedure sopra indicati in periodi diversi, visto l’impossibilità di effettuare analisi simultanee da un’enorme quantità di campioni. Nella parte sperimentale di questa tesi si è cercato di curare proprio l’aspetto della conservazione, cercando di evincere, tra le metodologie attualmente applicate, quale fosse quella in grado di ottenere campioni ben conservati. (Clic). Un campionamento rappresentativo di suoli dipende in maniera rilevante da come viene effettuato. Il suolo analizzato in questo lavoro proviene dai terreni dell’azienda sperimentale di agraria sita in Cadriano. Le parcelle sperimentali di questo suolo presentano una tessitura di tipo medio. Il modello rizosferico preso in considerazione è quello del mais (Zea mais L.) il cui apparato radicale (clic) è costituito da una radice primaria atrofizzata e da radici culinarie secondarie che si dipartono dal fusto. Si sono scelti alcuni metodi di conservazione tra quelli tradizionalmente più usati è si è testata la loro efficacia, estraendo il DNA con un semplice protocollo (click) comprendente solo lisi (3 cicli di shock termico) ed estrazione (fenolo/cloroformio, con successivi lavaggi in isopropanolo ed etanolo) dai campioni conservati in modi diversi, e valutando la qualità dei prodotti ottenuti del DNA totale e dei frammenti amplificati, tramite visualizzazione agli UV (click) delle rispettive corse elettroforetiche su gel. I semi sono stati impiantati in vasi contenenti il suolo già descritto, è fatti crescere all’interno di una cella fitoclimatica. A circa 1 mese di distanza dalla semina le radici sono prelevate (circa 6 radici alla volta), vengono scrollate per rimuovere i grossi aggregati e lasciando rimanere solo il suolo aderente ad esse, sminuzzate e mescolate tra loro (Shuffling) avere un campione omogeneo e rappresentativo, è quindi indirizzate ai vari tipi di conservazione (click). Durante le prove di conservazione i campioni tenuti in tampone e in glicerolo non hanno dato buone risposte, limitando il nostro raggio d’azione alla liofilizzazione e alla disidratazione in etanolo. Ogni risultato viene confrontato con una prova 0, costituita dai risultati delle corse elettroforetiche dei DNA estratti, immediatamente dal campione. Da tali risultati emerge come la liofilizzazione sia un metodo molto efficace, capace inoltre di facilitare il processo di lisi cellulare e il rilascio del DNA. Per questo si è cercato di vedere in dettaglio quale fosse il tempo di liofilizzazione da utilizzare per poter abbreviare la fase di conservazione (click). Confrontando i vari tempi di liofilizzazione applicati, si può arrivare ad un periodo minimo di 15 h. Il vantaggio che offre invece l’uso di etanolo è rappresentato dall’immediatezza del tipo di conservazione e dalla sua applicabilità direttamente in situ. La qualità del DNA estratto inoltre, dopo circa 2 mesi dalla loro conservazione sembra oltremodo favorire la conservazione in alcol rispetto alla liofilizzazione. Il lavoro di messa a punto della fase di conservazione dei campioni di suolo rizosferico, destinati ad analisi molecolari del metagenoma, ci porta a concludere che, in caso sia necessario lavorare in situ o in ambienti privi di energia elettrica, l’uso di etanolo sostituisce egregiamente l’azione conservante del processo di liofilizzazione. Infatti, il protocollo basato sull’etanolo è stato subito applicato ad un grande progetto di campo, che prevede l’analisi del metagenoma in campioni di suolo rizosferico. Grazie all’impiego del metodo di conservazione in etanolo, 600 campioni sono stati processati in solo 0,25 mesi/uomo, mentre la liofilizzazione avrebbe comportato un lavoro pari a 3 mesi /uomo.
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Informazioni tesi
Autore: | Marco Giovane |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Scienze Biotecnologiche |
Corso: | Biotecnologie Agro-Industriali |
Relatore: | Marco Bosco |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 160 |
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