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L'Atelier del Lupo nel Parco nazionale dell'Appennino tosco-emiliano

Il Lupo in Italia era specie diffusa fino agli anni ’20-’30; per via di un processo iniziato già dal secolo precedente, la popolazione italiana di Lupo ha subito una drastica riduzione numerica, fino a raggiungere negli anni ’70 il “minimo critico” di circa 100 individui su tutto il territorio italiano (Boitani, 1982). I motivi principali della rarefazione numerica sono strettamente legati all’attività dell’uomo: persecuzione diretta del Lupo in difesa del bestiame, rarefazione numerica delle prede selvatiche, frammentazione dell’habitat ottimale. A partire dagli anni ’70, il problema della conservazione del Lupo diventa elemento fondamentale all’interno del più generico tentativo di conservare la natura italiana, strettamente collegata a quella internazionale. Conservare il Lupo vuol dire proteggere non solo un importante elemento del patrimonio faunistico italiano, ma anche un elemento ecologico indispensabile per il mantenimento dell’equilibrio del sistema in cui è inserito. Il primo passo per la tutela della specie è legislativo: il Decreto “Natali” del 23 luglio 1971, che impone un divieto temporaneo alla caccia del Lupo, apre le porte a un percorso normativo nazionale che porterà alla protezione definitiva della specie con la Legge Nazionale 11 Febbraio 1992, n. 157.
Le attività mirate alla protezione del predatore cominciano a partire dall’anno 1971; nel Parco Nazionale d’Abruzzo viene avviato il Progetto “Operazione San Francesco”, che pone le basi per successivi progetti e sottolinea i punti critici nell’ambito della protezione del Lupo: ridurre il conflitto nel campo zootecnico tramite la pratica degli indennizzi e la progettazione di tecniche di protezione efficienti del bestiame; svolgere studi approfonditi su status, ecologia, etologia e biologia del Lupo; incentivare l’educazione ambientale; creare dei centri di recupero per esemplari di Lupo non in grado di sopravvivere in natura e aumentare il controllo dei cani rinselvatichiti. Nell’ambito della conservazione del Lupo un ruolo fondamentale è ricoperto dall’Educazione Ambientale (E.A.), settore di studi pedagogici e di pratiche di intervento nato tra gli anni ’60 e ’70 conseguentemente al fenomeno dell’estinzione di diverse specie selvatiche, che in quegli anni diventava sempre più evidente e repentino.

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Il Lupo in Italia era specie diffusa fino agli anni ’20-’30; per via di un processo iniziato già dal secolo precedente, la popolazione italiana di Lupo ha subito una drastica riduzione numerica, fino a raggiungere negli anni ’70 il “minimo critico” di circa 100 individui su tutto il territorio italiano (Boitani, 1982). I motivi principali della rarefazione numerica sono strettamente legati all’attività dell’uomo: persecuzione diretta del Lupo in difesa del bestiame, rarefazione numerica delle prede selvatiche, frammentazione dell’habitat ottimale. A partire dagli anni ’70, il problema della conservazione del Lupo diventa elemento fondamentale all’interno del più generico tentativo di conservare la natura italiana, strettamente collegata a quella internazionale. Conservare il Lupo vuol dire proteggere non solo un importante elemento del patrimonio faunistico italiano, ma anche un elemento ecologico indispensabile per il mantenimento dell’equilibrio del sistema in cui è inserito. Il primo passo per la tutela della specie è legislativo: il Decreto “Natali” del 23 luglio 1971, che impone un divieto temporaneo alla caccia del Lupo, apre le porte a un percorso normativo nazionale che porterà alla protezione definitiva della specie con la Legge Nazionale 11 Febbraio 1992, n. 157. Le attività mirate alla protezione del predatore cominciano a partire dall’anno 1971; nel Parco Nazionale d’Abruzzo viene avviato il Progetto “Operazione San Francesco”, che pone le basi per successivi progetti e sottolinea i punti critici nell’ambito della protezione del Lupo: ridurre il conflitto nel campo zootecnico tramite la pratica degli indennizzi e la progettazione di tecniche di protezione efficienti del bestiame; svolgere studi approfonditi su status, ecologia, etologia e biologia del Lupo; incentivare l’educazione ambientale; creare dei 5 centri di recupero per esemplari di Lupo non in grado di sopravvivere in natura e aumentare il controllo dei cani rinselvatichiti.

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Informazioni tesi

  Autore: Paola Della Vecchia
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi dell'Aquila
  Facoltà: Scienze Ambientali
  Corso: Scienze e tecnologie per l'ambiente e il territorio
  Relatore: Pierantonio, Willy Tetè, Reggioni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 215

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Parole chiave

area faunistica
educazione ambientale
lupo
parco nazionale dell'appennino tosco-emiliano

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