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Toccata e fuga dal labirinto. Percorso su strutture matematiche e letteratura attraverso la narrativa combinatoria di Italo Calvino

Lo spunto per questo lavoro mi è venuto dal mio spontaneo astio per la matematica e in generale per le materie scientifiche, e di conseguenza la mia preferenza per quelle umanistiche e per la letteratura in particolare. Ad un certo punto infatti mi sono chiesta se tra questi due campi del sapere umano che per me erano categoricamente dissociati vi potessero essere magari dei legami.
Volendo dunque indagare gli apparentamenti tra matematica e letteratura, era doveroso partire dal linguaggio: nella prima parte della tesi, infatti, grazie alle trattazioni di Tullio De Mauro ho analizzato punti in comune e differenze tra linguaggio matematico e linguaggio verbale. Entrambi sono codici aperti e chiusi allo stesso tempo: aperti perché i valori numerici sono potenzialmente infiniti e lo sono anche le parole di una lingua, e chiusi perché entrambi sfruttano una serie finita di segni, ovvero la serie numerica da 0 a 9 e le lettere dell’alfabeto; in virtù di ciò, entrambi i codici sono delle combinatorie, cioè si basano su combinazioni di una serie finita di elementi di base. Per quanto riguarda le differenze, ciò che distingue precipuamente le lingue storico-naturali è la loro potenza semantica, che è pressoché illimitata: se ci pensiamo, infatti, con la lingua possiamo dire praticamente tutto. Possiamo parlare di operazioni matematiche e teoremi scientifici, ma possiamo anche esprimere sottili sfumature e soprattutto sentimenti, cosa che il linguaggio matematico non ci permette. La vaghezza e variabilità della lingua sono state spesso scambiate per “imperfezione” e intese in maniera negativa, ma io ho voluto abbracciare la posizione di Tullio De Mauro che definisce le lingue delle «strane aritmetiche», cioè linguaggi più o meno esatti e formalizzati che però presentano delle bizzarrie o stravaganze, nelle quali risiede appunto la loro ricchezza.
C’è un particolare genere letterario che realizza una felice convivenza tra matematica e letteratura, ed è quello della narrativa combinatoria, alla quale ho dedicato la parte centrale della tesi. Esso ha dei precedenti illustri e addirittura mistici: nasce infatti con la Cabbala ebraica e ricompare nei sistemi logico-filosofici di Lullo nel 1300 e poi di Leibniz nel 1600. Ma la stagione più fiorente per la narrativa combinatoria coincide col Novecento, quando viene recuperata dall’OULIPO (Ouvroir de Littérature Potentielle), un gruppo francese fondato nel 1960 da Raymond Queneau e François Le Lionnais che riunisce letterati e matematici. Lo spirito che accomuna questi intellettuali può essere riassunto col motto “il piacere della regola”: essi infatti partono dal principio che creare seguendo regole rigide (contraintes) non solo non limita la fantasia ma anzi la stimola, producendo risultati originali.
In questo contesto si inserisce perfettamente la figura di Italo Calvino, per due motivi collegati: 1) l’interesse per la matematica e le scienze è una costante di tutta la sua opera e di cui lui non ha mai fatto mistero; 2) Calvino prese storicamente parte all’OULIPO, al quale fu invitato da Queneau in persona venendo accolto nel 1972 come “membro onorario straniero”. Inoltre, l’adesione di Calvino alla poetica dell’OULIPO è frutto di una naturale convergenza di idee tra le due parti, in quanto Calvino aveva già elaborato autonomamente una poetica simile.
Nella parte finale della mia tesi, dunque, ho analizzato approfonditamente i tre principali frutti della stagione combinatoria di Calvino, cioè i romanzi “Il castello dei destini incrociati” (1973), “Le città invisibili” (1972) e “Se una notte d’inverno un viaggiatore” (1979): essi sono infatti costruiti sulla base di strutture matematiche che fungono da impalcature che contengono e sorreggono la narrazione. In questa analisi ho notato proprio come Calvino sia riuscito magistralmente a coniugare da un lato la rigidità delle strutture matematiche e dall’altro il valore letterario.
Questo discorso va inserito nel contesto più ampio della “poetica del labirinto” elaborata da Calvino: egli infatti assume il labirinto non solo come ideale letterario ma anche come metafora della realtà stessa, che lui vede sempre più caotica e discontinua. In un famosissimo saggio, “La sfida al labirinto” (1962), Calvino afferma che la letteratura non può fornire la chiave per uscire dal labirinto, ma ciò che più conta è l’atteggiamento con cui si fronteggia il labirinto: ci si può arrendere e vivere in gabbia credendo che quella di prigioniero sia la condizione naturale dell’uomo; oppure, come auspica Calvino, si può sfidare il labirinto, e quindi costruire una «letteratura della sfida al labirinto». Questo è proprio ciò che Calvino chiede al Lettore ad ogni opera: egli lo pone di fronte a labirinti letterari sempre più intricati, e lo invita ad armarsi di arguzia e fantasia per sfidarlo e uscirne. Proprio in tale direzione di senso va inteso il titolo della mia tesi: “toccata e fuga dal labirinto”.

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In primis, ai “personaggi fantastici” della mia vita. Non c’è bisogno di fare nomi: chi occupa un posto speciale nel mio cuore, lo sa. In secundis, a tutte le mie insegnanti di letteratura italiana, per essersi fatte amare; e anche a quelle di matematica, per il motivo opposto.

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