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Risposte fisiologiche allo stress nel paracadutismo: valutazione in un soggetto allenato

Nello scritto seguente sono state prese in considerazione le risposte che l’organismo attua nei confronti dello stress dovuto al paracadutismo.
Per quanto sia d’uso comune considerare lo stress e gli eventi stressanti come degli avvenimenti negativi per la persona, da quando pratico questo sport mi sono reso conto che non è sempre così. Durante la caduta libera, un momento considerato stressante, si è pervasi da una somma di sensazioni ed emozioni molto forti e difficili da descrivere: per circa un minuto si è liberi di muoversi in tutti i piani dello spazio e si sente il flusso d’aria che sorregge il corpo. Si raggiungono altissime velocità senza l’ausilio di motori o attrezzi esterni: è solo il nostro fisico che cade. Il tempo cambia il valore che ha nella vita frenetica di tutti i giorni perché ci si rende conto di quanto sia lungo un minuto, delle emozioni che si possono provare e delle azioni che si possono compiere in un lasso di tempo considerato così breve.
Librarsi nell’aria fa vedere il mondo in una prospettiva diversa: le piccole cose della vita quotidiana acquistano un valore più profondo e contemporaneamente vengono vissute con distacco, in attesa di ritrovare l’emozione della libertà fisica rispetto alla forza di gravità e la libertà psichica sentendo la grandezza dell’Universo.
Lo stato d’animo durante la caduta libera è quindi positivo nonostante la risposta dell’organismo a questo evento sia di uno stress acuto.
Durante la pratica di questo sport si impara anche a trovare le soluzioni alle difficoltà in breve tempo e si comprende come un errore o un ritardo possano essere fatali (se non si apre il paracadute in tempo…); si impara a reagire tempestivamente agli inconvenienti e ad evitare gli sbagli anche nella quotidianità.
Be’, ora è giunto il momento di atterrare e di iniziare la lettura della tesi.

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7 “Una volta che avrete conosciuto il volo, camminerete sulla terra guardando il cielo, perché là siete stati e là desiderate tornare”. Leonardo da Vinci Storia del paracadutismo Nel nostro continente la prima idea di un paracadute, che alcune fonti ci dicono già noto in Cina nel sec. XIV, risale a Leonardo da Vinci che ne disegnò uno nel 1485. Questo prototipo era costituito da una struttura rigida di forma piramidale, rivestita di tela di lino inamidata, per renderla compatta ed impermeabile all’acqua. Le dimensioni erano notevoli: 7,20m di base per 7,20m di altezza (1). Un altro tipo fu progettato nel 1595 da F. Venanzio da Sebenico. Tra le prime applicazioni si citano quelle del francese S. Lenormand che si lanciò (1732) dall'osservatorio di Montpellier e quella dei fratelli Garnerin che nel 1797 compirono un esperimento di discesa controllata da 700m d’altezza: giunti in quota a bordo di una mongolfiera, ne sgonfiarono l’involucro scendendo a terra tramite un paracadute a calotta, come quello comunemente usato oggi dai militari. Perfezionatesi le tecniche si poté giungere, nel 1912, ad un lancio da un aeroplano in volo, per opera del Capitano A. Berry, presso Saint Louis (USA). Finita la Grande Guerra, in tutti i Paesi vennero avviati studi ed esperienze per realizzare paracadute efficaci e sicuri. In queste ricerche si distinse l’italiano Prospero Feri ma non mancarono aviatori più spericolati, come l’americano Clem Sohn che si lanciava usando ali di tela steccate dai polsi fino alle caviglie per poi atterrare con un paracadute tradizionale. Divenne celebre finché cadde vittima di un incidente nel 1937. In quel momento, tutte le aviazioni avevano ormai adottato paracadute dorsali di buona sicurezza. Tanto che durante la Seconda Guerra Mondiale le calotte di seta non vennero usate solo per salvare i piloti costretti ad abbandonare il loro aereo ma anche per il lancio di interi reparti in zona di combattimento.

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Parole chiave

caduta libera
endocrinologia
fisiologia
ormoni
paracadutismo
savogin
stress
stress emotivo
stress fisico

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