Rischi operativi in ambito assicurativo: implementazione e applicazione di un modello quantitativo
Il concetto di rischio operativo è intrinseco allo svolgimento di qualsiasi attività umana e per questo correlato a qualsiasi attività aziendale. Negli ultimi anni il concetto di rischio operativo definito come “il rischio di perdite derivanti dalla inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e sistemi interni, oppure da eventi esogeni” nel contesto aziendale sta acquisendo sempre maggiore importanza, in parte anche come conseguenza del fatto che alcune delle più grosse truffe in ambito finanziario degli ultimi anni sono derivate dal mancato presidio di alcuni rischi operativi.
All’interno del mondo economico il settore che maggiormente ha prestato attenzione ai rischi operativi è sicuramente il comparto bancario, dove l’emanazione della normativa comunitaria denominata “Basile” ha fatto in modo che il rischio operativo fosse opportunamente identificato, misurato e monitorato a presidio della solvibilità dell’azienda con modelli di misurazione del rischio sempre più “customizzati” alle specificità/rischiosità della stessa.
Si è passati, infatti, dai modelli standard, il cui calcolo non era altro che una semplice moltiplicazione tra percentuale fissa e l’importo di alcune voci del risultato di esercizio, allo sviluppo di modelli interni (AMA – Advanced Measurement Approach) che, tenendo in considerazione un sempre maggior numero di variabili, cercano di determinare la reale rischiosità dell’azienda.
Se la disciplina del rischio operativo risulta soddisfacente a livello bancario, non possiamo di certo dire la stessa cosa nel comparto assicurativo. Le conoscenze del settore, soprattutto in termini di peculiarità del rischio operativo in ambito assicurativo, sono molto scarse come anche la sensibilità del management nei confronti dell’argomento. Solo negli ultimi 5 anni sia a livello mondiale, ma poi a livello nazionale con l’emanazione del regolamento ISVAP 557/2005, ma anche a livello europeo con l’entrata in vigore della normativa “Solvency”, il comparto assicurativo si è avviato a seguire le orme del bancario.
Ecco che, nella direttiva “Solvency 2”, all’articolo 101, par.4, tra i rischi che il SCR (Solvency Capital Requirement) deve essere in grado di coprire vi è anche il rischio operativo, il cui importo rappresenta una delle tre componenti, insieme al BSCR (Basic Solvency Capital Requirement, che tiene conto dei rischi più tecnici come il rischio di sottoscrizione e il rischio di credito) ed a quella legata alla capacità di assorbimento delle perdite da parte delle riserve e delle imposte differite.
Sempre la stessa normativa Solvency 2, attraverso l’ultimo studio di impatto quantitativo (QIS 4) ha provveduto a definire, tramite l’utilizzo di una formula più raffinata e che tiene conto dei diversi business in cui una compagnia di assicurazione può agire, una modalità di calcolo del capitale a rischio relativo al rischio operativo. Al momento attuale, però, gli approcci AMA, pur essendo consentiti dalla normativa, non sono assolutamente di facile applicazione e l’utilizzo di una metodologia standard si trascina il tipico errore di non tener conto dell’effettivo grado di rischiosità dell’azienda.
Ma perché l’applicazione di un modello avanzato in ambito assicurativo è attualmente così difficile? La tesi si propone di rispondere proprio a questa domanda.
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Informazioni tesi
Autore: | Barbara Boi |
Tipo: | Tesi di Master |
Master in | Financial Risk Management|
Anno: | 2009 |
Docente/Relatore: | Giancarlo Giudici |
Istituito da: | Politecnico di Milano |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 48 |
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