Il cinema, l' ''inganno supremo''. Illusione, seduzione, incanto nel rapporto immaginario tra schermo e spettatore
La mia tesi ripercorre le teorie psicoanalitiche del cinema per dimostrare un teorema semplice, ma inaspettato: il rapporto fra schermo e spettatore è del tutto simile a quello fra due innamorati. La visione di un film è un'esperienza eccitante: il dispositivo cinematografico appaga i nostri sensi come un amante ideale. La psicoanalisi di Lacan applicata alla settima arte mostra ciò che accomuna il cinema e l'amore: l'inganno e, nello stesso tempo, il piacere di essere ingannati.
Guardare un film è un’esperienza magica, prodigiosa. Non appena il fascio di luce raggiunge lo schermo, quest’ultimo si spalanca, come una finestra, e si affaccia su un mondo meraviglioso, affine al nostro, ma diverso, sconosciuto. Lo spettatore si tuffa ogni volta in questo universo incantato, è rapito dalle enormi immagini che fuoriescono dallo schermo e gli vanno incontro. Le immagini lo catturano, lo afferrano attraverso lo sguardo, quella fune invisibile che resta sospesa fra gli occhi e lo schermo: una volta agganciato dalla trappola del dispositivo, lo spettatore vive dentro il film, perfettamente a suo agio, come nel ventre materno. Quel mondo fittizio sembra fatto su misura per lui.
Il cinema, la più ingannevole tra tutte le arti, regala allo spettatore un’esperienza straordinaria, totalizzante: egli dimentica che sta vedendo il film di qualcun altro, gli sembra di vivere un sogno, il proprio sogno. Sullo schermo proietta se stesso, i propri desideri. Alla proiezione del dispositivo si accompagna così un’altra proiezione: le immagini sullo schermo lasciano spazio anche all’immaginario di chi guarda. Lo spettatore mescola i propri desideri a quelli del regista creando una confusione tale che non è più possibile distinguere gli uni dagli altri. Egli può trovarsi così a provare un desiderio che non era il proprio in origine, ma che il dispositivo lo ha indotto a desiderare.
Lo spettatore scambia se stesso per il regista, si identifica con lui, anzi con un’immagine migliore di lui: egli si identifica con un essere onnipotente in grado di guardare e dominare ogni cosa. Lo spettatore scambia l’altro, il regista, con il Grande Altro lacaniano, da qui nasce il rispetto, il timore reverenziale, ma anche l’amore: amare qualcuno significa investirlo di autorità.
Il regista si identifica con lo spettatore, con colui che guarda il proprio film, nel momento stesso in cui lo realizza, anzi è proprio per lui che lo realizza. Egli pensa continuamente allo spettatore, presenza ingombrante, anche quando non c’è, Grande Altro anche lui, da rispettare e riverire.
Il film è un incontro tra due innamorati, ciascuno finge di ignorare l’altro, ma la finzione fa parte del gioco. La partita che si disputa nella sala buia è quella della seduzione. Il regista ci affascina con quel tripudio di immagini, colori, suoni che invade la sala e sfonda le pareti, trasportandoci lontano, negli sconfinati territori della fantasia; noi lo seduciamo con la nostra disponibilità: abbiamo occhi e orecchi solo per lui, il che vuol dire controllo, ma anche ammirazione.
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Informazioni tesi
Autore: | Eliana Grimaldi |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi Roma Tre |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Cinema, televisione e produzione multimediale |
Relatore: | Lucilla Albano |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 225 |
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