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Quando il fare è un dire. La performance artistica nel mondo delle cose.

Lo scopo di questo lavoro è di dimostrare come l’unione di musica e parole sia di per sé una forma di linguaggio e, in quanto tale, possa configurarsi essenzialmente come un modo di agire: punto di partenza nello studio di questo linguaggio sono gli atti che si compiono nel momento in cui viene “parlato”. Ma quali sono le regole caratteristiche di questa forma di comportamento?
Partendo dall’analisi proposta da Austin per gli atti linguistici, che possono essere felici o infelici, anche la performance artistica presenta queste caratteristiche, in quanto enunciato performativo il cui proferimento costituisce l'esecuzione diretta di un'azione. La molteplicità di sensi di cui l’azione artistica, come quella linguistica, è dotata fa si che il dire sia un fare, per cui il “parlare” (artisticamente o linguisticamente) è compiere una serie di atti linguistici che possono essere locutori (l’atto di dire qualcosa); illocutori (l'atto nel dire qualcosa); e perlocutori ( l'atto col dire qualcosa).
L'atto illocutorio è il fulcro di tutta una serie di azioni linguistiche, in riferimento ad alcuni elementi convenzionali e al contesto di una relazione interpersonale, che consentirà di analizzare il modo in cui la musica “dice” ciò che l’artista vuole comunicare, mentre quello perlocutorio getterà le basi per guardare alle conseguenze di questo dire sul mondo. La riflessione sugli atti linguistici chiarisce la loro caratteristica di azione all'interno di un confronto intersoggettivo tra parlante e ricevente, dove la comunicazione risulta essere la produzione intenzionale da parte del parlante-emittente di credenze o azioni su un destinatario-ricevente, attraverso il suo proprio codice costituito da musica e parole che convivono senza limiti. Tale capacità, nell’artista, si tradurrà nella capacità di creare movimenti, stile, culture e modi di pensare, ma per farlo non sarà mai da solo: ogni suo gesto, senza una risposta da parte del suo pubblico, sarà solo un gesto senza significato.
Un fare che diventa dire e si ritrasforma in fare: questo, dunque, il cerchio su cui si muove l’artista.

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3Quando il fare è un dire. La performance artistica nel mondo delle cose. INTRODUZIONE Lo scopo di questo lavoro è di dimostrare come l’unione di musica e parole sia di per sé una forma di linguaggio e, in quanto tale, possa configurarsi essenzialmente come un modo di agire: punto di partenza nello studio di questo linguaggio sono gli atti che si compiono nel momento in cui viene “parlato”. Ma quali sono le regole caratteristiche di questa forma di comportamento? Partendo dall’analisi proposta da Austin per gli atti linguistici, che possono essere felici o infelici, anche la performance artistica presenta queste caratteristiche, in quanto enunciato performativo il cui proferimento costituisce l'esecuzione diretta di un'azione. La molteplicità di sensi di cui l’azione artistica, come quella linguistica, è dotata fa si che il dire sia un fare, per cui il “parlare” (artisticamente o linguisticamente) è compiere una serie di atti linguistici che possono essere locutori (l’atto di dire qualcosa); illocutori ( l'atto nel dire qualcosa); e perlocutori ( l'atto col dire qualcosa). L'atto illocutorio è il fulcro di tutta una serie di azioni linguistiche, in riferimento ad alcuni elementi convenzionali e al contesto di una relazione interpersonale, che consentirà di analizzare il modo in cui la musica “dice” ciò che l’artista vuole comunicare, mentre quello perlocutorio getterà le basi per guardare alle conseguenze di questo dire sul mondo. La riflessione sugli atti linguistici chiarisce la loro caratteristica di azione all'interno di un confronto intersoggettivo tra parlante e ricevente, dove la comunicazione risulta essere la produzione intenzionale da parte del parlante-emittente di credenze o azioni su un destinatario-ricevente, attraverso il suo proprio codice costituito da musica e parole che convivono senza limiti. Tale

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