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Vaccinarsi contro la disinformazione ai tempi del COVID-19: una ricerca sull’efficacia di Go Viral! in Italia

Oltre l’emergenza pandemica, la società odierna sta affrontando un’altra emergenza altrettanto dannosa: la sovrabbondanza di informazioni e la relativa diffusione incontrollata di informazioni false e fuorvianti riguardo il COVID-19. Secondo la letteratura di settore riguardante la teoria dell’inoculazione (prebunking), è possibile agire in maniera preventiva per limitare gli effetti dannosi dell’esposizione alla disinformazione attraverso l’apprendimento di alcune tecniche di confutazione. Gli approcci di inoculazione attiva – ovvero quelli che richiedono il coinvolgimento diretto dell’individuo nel prendere decisioni in uno scenario fittizio che simula quello dei social media della vita reale – sembrano in grado di dare luogo ad una maggiore resistenza verso la persuasività della disinformazione rispetto agli approcci di inoculazione che richiedono di leggere passivamente controargomentazioni e confutazioni. Go Viral! è un gioco educativo (serious game) che si configura come un metodo di inoculazione passiva pensato prioritariamente per il contesto della disinformazione sul COVID-19 che, facendo immergere il giocatore in alcuni scenari di social media analoghi a quelli reali, lo incoraggia a guadagnare ‘likes’ e ‘punti credibilità’ attraverso l’utilizzo di tre tecniche manipolatorie: a) l’uso di un linguaggio emotivo, b) l’uso di falsi esperti e c) la diffusione di teorie cospiratorie: (1) In che misura Go Viral! agisce sul discernimento dei contenuti online manipolatori sul COVID-19 e quanto tempo dura tale effetto?, (2) Gli effetti di Go Viral! sono generalizzabili ad un contesto diverso da quello del COVID-19?, (3) Gli effetti di Go Viral! differiscono in base ad alcune caratteristiche individuali come il possesso di credenze cospiratorie?.
Per verificare queste ipotesi, è stato condotto uno studio randomizzato controllato su 455 partecipanti che hanno giocato a Go Viral! o un gioco non educativo (condizione di controllo). Sono stati misurati i giudizi di manipolatorità su alcuni post di social media in tre tempi: prima del gioco, dopo il gioco, e al follow-up di 3 settimane. I post erano di 4 tipi, risultanti dalla combinazione del tema (covid o non covid) e del loro contenuto (neutro o target). Inoltre son ostate misurate caratteristiche individuali dei partecipanti, inclusa la tendenza alla cospirazione generale e sul Covid. I risultati indicano che nei partecipanti con bassa cospirazione si ottengono i risultati attesi: il gioco migliora la capacità di individuare i post target come maggiormente manipolatori, e tale capacità si generalizza al tema non covid, nonostante non fosse stato trattato nel gioco, e si mantiene nel tempo. È emerso invece un quadro opposto per quanto riguarda i partecipanti con alto complottismo: in questo caso il gioco non ha effetto, in quanto non vi è una differenza significativa tra gruppo di controllo e gruppo sperimentale nei giudizi di manipolatorietà. In conclusione, è confermata l’ipotesi sugli effetti positivi di Go Viral! nel contrasto alla disinformazione sul COVID-19, generalizzabili anche a contesti diversi dal Covid, ma soltanto nelle persone che hanno bassi livelli di complottismo. Questo può essere un limite di questo tipo di intervento.

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4 Introduzione La società odierna si è trovata ad affrontare un’altra emergenza dentro l’emergenza sanitaria: la sovrabbondanza di informazioni e la relativa diffusione incontrollata di informazioni false e fuorvianti – definibili come ‘fake news’ – riguardo il COVID-19. Esse, sfruttando le paure e le incertezze delle persone, possono potenzialmente dare luogo a numerosi danni in quanto, come evidenziato da Roozenbeek e colleghi (2020a), potrebbero effettivamente influenzare in modo disfunzionale il comportamento delle persone durante la pandemia di COVID-19, comportando una perdita di fiducia nella medicina e nella scienza ufficiale. Se la maggior parte delle persone crede a queste fake news, vi è il pericolo – soprattutto nelle democrazie – che esse possano avere il potere di costruire la base per le decisioni politiche e sociali che vanno contro il migliore interesse di una società. Fake news, tuttavia, è un termine alquanto inadeguato per rendere conto della complessità e vastità del fenomeno della disinformazione. A tal proposito, è utile distinguere e considerare tre tipi differenti del cosiddetto ‘disturbo dell’informazione’ (Wardle & Derakhshan, 2017): (a) mis-information (in italiano traducibile come ‘disinformazione’), che comprende informazioni false o errate, diffuse a prescindere da intenzioni ingannevoli; (b) dis-information (in italiano traducibile come ‘malainformazione’), che si riferisce alla disinformazione diffusa con l’intenzione deliberata di ingannare; (c) mal-information, cioè informazioni vere diffuse con l’intento di nuocere. Nonostante l’importanza del discernere queste differenti tipologie, nel corso dell’elaborato, useremo il termine ‘disinformazione’ per riferirci alle informazioni false in generale, dal momento che l’intenzione di nuocere è difficile da determinare. Ad ogni modo, limitare gli effetti dannosi dell’esposizione alla disinformazione non è semplice. Infatti, le persone che hanno ricevuto informazioni false attraverso la loro preferenza politica, ad esempio, generalmente non hanno benefici da interventi mirati a correggere la disinformazione, ciò a causa del coinvolgimento di quella che viene chiamata ‘cognizione (politicamente) motivata’ (Flynn et al., 2017) o del cosiddetto ‘effetto di influenza continua’ – che approfondiremo in seguito. In modo particolare, le persone che detengono credenze cospiratorie (false credenze nell’esistenza di un piano segreto malvagio o illegale tenuto nascosto da una cerchia di cospiratori) faticano a distaccarsene per il semplice fatto che, avendoci investito impegno e fiducia, diventano parte della loro identità (Massimo Polidoro, 2020).

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Parole chiave

disinformazione
social networks
social media
complottismo
gamification
covid-19
variabili psicologiche

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