Percorso attraverso la complessità dei disturbi del comportamento alimentare e risposta in un modello d'intervento innovativo: la comunità d'accoglienza
Nella mia esperienza di tirocinio presso la Comunità d’accoglienza per la cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare, struttura organizzata e gestita dalla Cooperativa “Alimente” O.n.l.u.s. di Cividale del Friuli, ho avuto modo di constatare in che misura i Disturbi del Comportamento Alimentare abbiano effetti invalidanti e pervasivi sulla vita delle persone che ne sono affette.
I soggetti coinvolti da questo problema vedono compromesse le loro condizioni fisiche, le loro risorse ed abilità comportamentali, cognitive, di relazione, sociali, e la loro capacità di sperimentare e di esprimere le emozioni. Un Disturbo del Comportamento Alimentare grave riduce altresì drasticamente la qualità di vita di una persona, restringendo la sua sfera di interessi al cibo, al peso ed ai rituali ad essi collegati.
Pensare al percorso di cura focalizzandosi sul sintomo strettamente alimentare può essere una pratica estremamente fuorviante: può nascondere il quadro più ampio legato alla struttura di personalità, orientando il protocollo di intervento in modo superficiale verso obiettivi non significativi, rischiando di non tener presente il contesto famigliare, sociale, relazionale che lo ha generato. Tutto ciò significherebbe dedicare poca attenzione alla persona che porta il sintomo, quando spesso è proprio la mancanza di attenzione da parte del contesto che è significativo per lei e che l’ha spinta a generarlo.
È per questo che il lavoro dell’équipe della Cooperativa “Alimente” O.n.l.u.s. mira ad eliminare o ridurre gli effetti del Disturbo Alimentare attraverso un intervento di ampio respiro, multifattoriale e multidisciplinare. L’intervento integrato si articola su più livelli e si pone obiettivi di diverso grado di complessità: la sostituzione di schemi di comportamento, di pensiero e di relazione disfunzionali con altri funzionali, la modifica in senso adattivo di aspetti specifici del Sé quali ad esempio i meccanismi che
definiscono i livelli di autostima o la capacità di condurre una autovalutazione realistica delle proprie capacità o bisogni, la modificazione della struttura di personalità nella sua globalità.
L’analisi degli aspetti legati all’evoluzione, alla prognosi e alle complicazioni mediche a cui, a lungo termine, possono condurre queste patologie, mette in evidenza come molti pazienti che soffrono di un DCA passano, nel corso della loro esistenza, da una categoria diagnostica all’altra, così da rivelare un’unica malattia che, a seconda delle situazioni, si manifesta con sintomi diversi.
Per tali ragioni, la considerazione relativa non solo alle caratteristiche descrittive del disturbo ma anche a quelle inerenti allo spettro di funzionamento di questi individui, può consentirci di comprendere maggiormente gli aspetti psicologici implicati nella genesi di questi disturbi.
Una diagnosi che parte dai sintomi, ci segnala – chiaramente – che “qualcosa non va”; i sintomi tuttavia, di per sé, non ci danno alcuna indicazione sul perché quel qualcosa che non va sia stato espresso, né ci dicono perché esso sia stato espresso in questo modo.
Pertanto alla diagnosi “nosografico - descrittiva” è utile affiancare quella “interpretativo - esplicativa” in quanto, i diversi orientamenti teorici forniscono interessanti contributi che spiegano la psicologia di questi soggetti facendo comprendere il problema che si rivela in tutta la sua complessità.
La Comunità d’accoglienza è nata per dare risposta alla complessità di cui il DCA è espressione. In questo contesto vanno collocati gli interventi su aspetti specifici come le distorsioni dell’immagine corporea e le dispercezioni, e l’obiettivo della cura delle patologie nutrizionali complesse, cronicizzate e resistenti al trattamento.
La valutazione dello stato di malattia del paziente, che si presenta in Comunità, avviene all’interno di un’équipe. Ogni specialista mette in risalto la specificità del caso, per quanto concerne il suo campo d’azione, per definire un progetto riabilitativo personalizzato e condiviso.
Mi è quindi sembrato opportuno presentare questo nuovo modello di cura “…che vuol essere soprattutto una casa dove si cresce attraverso tentativi ed errori, confronto relazionale, rispecchiamenti ed assunzione di responsabilità, cercando infine di recuperare un rapporto normale con il cibo e di ricostruire l’integrità psico-fisica smarrita” .
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Informazioni tesi
Autore: | Alessia Zoppè |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Padova |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Cesare Cornoldi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 99 |
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