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La psicopatia e la PCL-R. Da Hervey Cleckley a Robert Hare: definizione e valutazione di un antico costrutto.

Con l'etichetta di psicopatia si definisce un costrutto la cui validità è stata accertata e supportata da una varietà di studi clinici ed empirici, ma al quale, tuttavia, non è stato dato spazio nei manuali diagnostici sino ad oggi pubblicati. Infatti sia il DSM-IV-TR, sia l’ICD-10, continuano ad equiparare il costrutto della psicopatia a quello della personalità antisociale o dissociale, lasciando, quindi, in ombra gli aspetti salienti e distintivi del disturbo da me preso in esame.
La mia tesi è, essenzialmente, una meta-analisi della letteratura recente, che cerca di mettere a fuoco, appunto, le caratteristiche peculiari della psicopatia, partendo dal lavoro clinico di Hervey Cleckley e arrivando alle teorizzazioni, maggiormente supportate empiricamente, di Robert Hare e coll., i quali hanno costruito lo strumento che, ad oggi, si può definire come il più valido ed utile nell’assessment della psicopatia, per discriminare tra questo disturbo e la sociopatia. La nascita della PCL, ha segnato infatti un punto di svolta: esistono ormai, infatti, numerose evidenze empiriche che la PCL-R e gli strumenti derivati da essa siano, attualmente, i più validi a nostra disposizione per discriminare soggetti psicopatici da quelli che non lo sono e per questa ragione vengono inclusi in molte procedure di assessment e di valutazione del rischio per i pazienti forensi. Nonostante, infatti, la PCL-R non sia stata costruita per la valutazione del rischio, molte ricerche hanno dimostrato la sua validità predittiva e hanno contribuito all’estensione del suo utilizzo clinico, sia da sola sia in aggiunta ad altre strategie di valutazione.
Il trattamento della psicopatia appare tuttora difficoltoso e costoso, ma alcune iniziative recenti che si basano sulle ultime ricerche e teorie e le più efficaci metodologie correzionali potrebbero aiutare a ridurre l’impatto sociale negativo del comportamento degli psicopatici.

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5 INTRODUZIONE La motivazione per la quale questa tesi Ł nata Ł da ricercare nell acuto interesse stimolato in me dalle personalit , per se mplicit , definite devianti. In realt questa definizione Ł tutt altro che esaustiva, giacchØ sono molte le tipologie convogliate in essa, che si differenziano tra loro per la genesi, le motivazioni e i conseguenti comportamenti. In particolare, quella che piø ha stimolato il mio interesse Ł la personalit psicopatica. Con questa etichetta si definisce un costrutto la cui validit Ł stata accertata e supportata da una variet di studi clinici ed empirici, ma al quale, tuttavia, non Ł stato dato spazio nei manuali diagnostici sino ad oggi pubblicati. Infatti, sia il DSM-IV-TR, sia l ICD-10, continuano ad equiparare il costrutto della psicopatia a quello della personalit antisociale o dissociale, lasciando, quindi, in ombra gli aspetti salienti e distintivi del disturbo da me preso in esame. La mia tesi Ł, essenzialmente, una meta-analisi della letteratura recente, che cerca di mettere a fuoco, appunto, le caratteristiche peculiari della psicopatia, partendo dal lavoro clinico di Hervey Cleckley e arrivando alle teorizzazioni, maggiormente supportate empiricamente, di Robert Hare e coll., i quali hanno costruito lo strumento che, ad oggi, si pu definir e come il piø valido ed utile nell assessment della psicopatia, per discriminare tra questo disturbo e la sociopatia. Nonostante non compaia come disturbo a sØ stante nei manuali diagnostici, il concetto di psicopatia vanta una lunga tradizione clinica e un ampio supporto empirico. Il primo capitolo di questa tesi, La psi copatia: evoluzione del costrutto , cerca di tracciare il percorso che, a p artire dalle prime teorizzazioni di Pinel del 1745, ha portato, attraverso i secoli, passando dalle formulazioni teoriche di Prichard, Koch, Partridge, Karpman, McCord e McCord, Cleckley e Hare -per citarne alcuni-, all odierna formulazione e validazione empirica del costrutto.

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