La dipendenza affettiva nella relazione di coppia
Nella mia tesi ho affrontato il tema della dipendenza affettiva, una delle sofferenze psichiche di gran parte di soggetti che “apparentemente” non manifestano eccessi di comportamenti patologici, perché ben celati soprattutto da stereotipi.La dipendenza affettiva è annoverata tra le dipendenze patologiche definite senza sostanza o new addictions, i cui limiti si evidenziano attraverso l’incapacità di espressione e manifestazione di emozione e sentimenti in atti d’affetto.La dipendenza affettiva, love addiction o affective addiction, come molte delle nuove dipendenze, è una condizione psicologica caratteristica dei nostri tempi. Questa epoca caratterizzata da impotenza e incertezza, fa scaturire nell’uomo il bisogno di vivere una relazione simbiotica, con l’illusione che l’altro sia in grado di proteggerci dal resto del mondo e di prendersi cura di noi. Apparentemente uno è dipendente, l’altro no, ma in realtà non è così. Chiameremo per convenzione la persona che vuole salvare l’altro il co-dipendente. Il co-dipendente è colui che controlla, che vuole cambiare l’altro a suo piacimento. È convinto che l’altro abbia qualcosa da aggiustare. Ma non solo, è anche convinto di risolvere i problemi che affliggono l’umanità e quelli del partner in nome dell’”amore”. Prendendo alla lettera questa parola, co- dipendenza significa condivisione della dipendenza. Con questo termine si vuole intendere un tipo di problematica che tipicamente colpisce una persona la cui esistenza è fortemente condizionata da un rapporto stretto con una personalità dipendente, e che provoca in essa squilibri devastanti tanto quanto la malattia del dipendente. L’unica via d’uscita è l’acquisizione dell’autonomia. Per comprendere meglio attraverso quali processi l’uomo arriva a conquistare l’autonomia ma anche attraverso quali processi l’uomo, purtroppo, diventa vulnerabile a tale dipendenza, è indispensabile introdurre il concetto di attaccamento che ho approfondito nel secondo capitolo. La teoria dell’attaccamento è stata inizialmente formulata da Bowlby e successivamente, è stata ampliata da Mary Airsworth. Precisamente la teoria dell’attaccamento afferma che gli esseri umani hanno una predisposizione biologica innata, frutto dell’evoluzione, a rivolgere comportamenti di attaccamento alle persone che fungono da caregiver primari. L’attaccamento, dunque, è alla base di ogni legame affettivo. Secondo Bowlby le interazioni tra madre e bambino strutturano ciò che viene definito sistema di attaccamento, il sistema che guida, anche nella vita adulta, le interazioni e gli scambi affettivi. Come Bowlby, la Airsworth definisce il legame di attaccamento come la relazione stabile che si instaura tra il bambino e il suo cargiver primario. Nel 1969, la Airsworth, mette a punto una procedura di osservazione in laboratorio definita “strange situation” per studiare l’interazione dei sistemi comportamentali di attaccamento e di esplorazione in condizioni di stress. Per rilevare l’attaccamento in età adulta Main e Goldwyn hanno messo a punto la “Adult Attachment Interview” che è un’intervista semistrutturata, semiclinica,composta da 15 domande, che si propone di mettere a fuoco le prime esperienze della persona e i suoi affetti. La spesso citata affermazione di Bowlby, che l’attaccamento è parte integrante del comportamento umano “dalla culla alla tomba”, si è rivelata così più che una ipotesi, un fatto realmente documentato e sperimentato. Il principale problema nella risoluzione delle dipendenze affettive è certamente l’ammissione di avere un problema. Il momento più significativo che spesso porta a chiedere aiuto è rappresentato proprio dalla percezione del vuoto, dalla perdita dell’identità, dalla frustrazione e a tale scopo la psicoterapia è risultata molto utile ed efficiente. Ci riferiamo in maggior modo alla psicoterapia individuale la quale ha il fondamentale compito di portare il soggetto a prendere coscienza di sé, per esempio, puntando alla riscoperta, alla conoscenza di sé, lavorando sui livelli affettivi e sul proprio vissuto; ma particolarmente utile per questo scopo si è rivelato il confronto in gruppo; discutere tra persone che vivono lo stesso problema aiuta a capire e il confronto offre buoni risultati terapeutici.La terapia gruppo analitica sembra infatti poter consentire la costruzione di una base sicura condivisa e alimentata dal gruppo, mostrando una possibile integrazione con la moderna teoria dell’attaccamento e con le sue basi relazionali e intersoggettive.
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Informazioni tesi
Autore: | Nadia Zinna |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2014-15 |
Università: | Università degli Studi di Palermo |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Giorgio Falgares |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 78 |
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